DIAMANTI PER DAGOSPIA - TRA GOSSIP POLITICANTE E BERLUSCONI "STRISCIANTE", IL POLITOLOGO ILVO DIAMANTI BENEDICE DAGOSPIA: "SERVE PIU' DI TANTE ANALISI A TRATTEGGIARE LA RETE DEL POTERE."
Ilvo Diamanti per La Repubblica
La politica come gossip; il potere, i potenti veri e presunti sbirciati dal buco della serratura. O meglio, ripresi con la videocamera amatoriale, le immagini "rubate" (spesso con la complicità delle vittime presunte) con il teleobiettivo. Dilaga. Trionfa. Tanto che è difficile distinguere la stampa (cosiddetta) seria da quella (cosiddetta) leggera (o, per complemento, "poco seria"). Anche perché è difficile, nella stessa misura, discernere il serio e il leggero nella materia esaminata. La politica.
Prendiamo l´esibizione del Berlusconi cantautore, accompagnato da Mariano Apicella (già posteggiatore; oggi chitarrista di fiducia del premier), le cui riprese (tecnicamente eccellenti) sono state "intercettate" e trasmesse da "Striscia la notizia", con grande audience, superiore a quella, peraltro altissima, mediamente ottenuta dal notiziario satirico di Canale5.
E la visita di Putin, sempre in Sardegna, sempre in una villa privata di Berlusconi, illustrata in un servizio fotografico sontuoso dall´Espresso: il presidente russo a torso nudo, quello italiano scamiciato e in bermuda, con tanto di adipe in evidenza. Senza imbarazzo. Come valutare gli eventi e, ancor più, l´evidenza mediatica e l´attenzione che hanno registrato? Esempi di voyeurismo verso il potere e i potenti (versione aggiornata della cronaca quotidiana sulla vita dei regnanti e degli aristocratici, che peraltro non declinano mai)? Oppure esplorazioni ai confini della new politics?
Chiacchiere di fine estate? Banalità? O politica? Non è facile dirlo. Perché non è facile discernere. La contaminazione fra generi è divenuta regola. Nella comunicazione e nella realtà sociale. Nelle pagine di Novella 2000 ed Eva Express, i più noti fra i rotocalchi di gossip, compaiono, sempre più numerose, le immagini di imprenditori e di uomini politici, oltre che di stelle, stelline della tv e del cinema. D´altra parte, stelle e stelline del cine e della tv si recano, insieme a imprenditori e politici, presso gli stessi telesalotti. Da Bruno Vespa piuttosto che da Maurizio Costanzo.
La critica (giustificata) a questo genere di riflessioni è che si tratta di una storia antica; di vicende ampiamente sperimentate nella prima Repubblica e puntualmente testimoniate dai media, all´epoca. Basta pensare alle nottate in discoteca di De Michelis o ai viaggi di Martelli, sempre in eccellente compagnia. Per non parlare delle polemiche sulla canottiera di Craxi, messa in evidenza dalla camicia madida di sudore, mentre il leader socialista teneva la relazione a un congresso di partito. Il vizio estetico riempì le cronache assai più dei contenuti del discorso.
Non è una novità, il gossip, per la politica. La novità, rispetto ad allora, è che il gossip ha smesso di essere tale, per la politica. Un genere. Trattato in sedi distinte. Come un ambito distinto. Percepito come un aspetto distinto dalle persone. Fra gossip e politica i confini sono divenuti invisibili, gli scambi continui.
Oggi, ne è prova Dagospia, il sito web concepito e diretto da Roberto D´Agostino, dove, in mezzo a un florilegio di immagini erotiche e trash, si passa dalla chiacchiera sui vip della mondanità alle indiscrezioni sugli assetti del potere economico e finanziario alle anticipazioni sulle manovre nei luoghi della politica e delle istituzioni. E nessuno, nessuno se ne stupisce. Visto, che peraltro, si tratta spesso di informazioni fondatissime. Utili e utilizzate da molti altri giornali ("seri"). Visto che, infine, la semplice cronaca delle feste nei salotti buoni di Roma (e qualche volta Milano), dove Dagospia non manca mai, serve, più di tante analisi, a tratteggiare i network che collegano e attraversano gli ambienti politici, finanziari, mediatici. Le reti del potere, che si tessono, si compongono, si sfilano, in modo fluido.
In ciò la distanza rispetto al passato, anche recente. Il pubblico e il privato, la ribalta e il retroscena: non c´è differenza. Anzi: il privato, il personale, il retroscena assumono, sempre più, significato pubblico, rilievo politico, luci da ribalta.
Così non sorprende che il premier, Silvio Berlusconi, non si curi troppo delle gaffe, che continua a proporre, generosamente. Le corna fatte al vicino di foto, in coda a un vertice di ministri degli esteri. Gli accenni al confino ai tempi del fascismo, trattato come una gita premio destinata ai marioli, a quei rompiscatole di oppositori. E le battutacce, continue, contro i magistrati («folli»); l´esortazione a insidiarne le mogli. Non se ne preoccupa granché, Berlusconi, perché si rivolge direttamente all´io-informale e maleducato, alla "pancia" più che alla "testa" della gente, ai tavoli delle osterie più che ai circoli culturali.
Mira a entrare in contatto con la sfera della vita quotidiana; a suscitare il clima di complicità che si genera quando si è fra amici; dopo aver bevuto, magari, un "bicchiere di più". Berlusconi mira, cioè, a spostare la politica nelle case, in cucina, nelle spiagge. Volgarizzandola. Affinché la "gente" possa riconoscersi in lui. Che è (diventato) ricco e potente, ma ha tanti difetti. Come tutti noi. Così la pancia, i capelli radi, il cerone sul viso, la bassa statura e i tacchi altissimi: i dieci, cento particolari della sua maschera, su cui si sofferma e insiste Striscia, alla fine contribuiscono a umanizzarne e a familiarizzarne l´immagine. E se presso il "pubblico serio" e gli "esteti di sinistra" suscitano ironia e scandalo, al pubblico medio non dispiacciono; anche perché, un giorno dopo l´altro, il cattivo gusto perde sapore. Resta solo il gusto, a cui ci si assuefa.
D´altronde, non c´è (quasi) leader politico, non c´è intellettuale à la page che, invitato, rifiuti di comparire a notte fonda, ben oltre "Mezzanotte e dintorni", nello spazio curato, da tempo immemorabile, da Marzullo; dove, tra una foto dell´infanzia e una canzone scolpita nel ricordo, è esortato a "farsi una domanda e a darsi una risposta". E li trovi, i leader politici e gli intellettuali à la page, dietro ai fornelli, o accanto ai dietologi, a parlare di fitness o di emicrania, al popolo delle casalinghe. Alla "gente comune".
Siamo in tempi di populismo mediatico, di identificazione diretta, immediata, fra leader politici e società. Ma anche di indistinzione, progressiva, di contaminazione crescente, fra i linguaggi, i luoghi, gli attori della politica e quelli degli altri campi. È un processo che si è affermato in modo rapido e profondo, negli ultimi anni. Parallelo al disfarsi dei partiti e all´affermarsi dei media, come canali di rapporto del sistema politico con la società. Ma si è imposto, nel passaggio fra gli anni Ottanta e Novanta, anche grazie al clima antipolitico del tempo. Quando non solo i soggetti e gli attori politici, ma l´idea stessa di politica veniva delegittimata. E per fare politica, per entrare in politica, per avere successo in politica, era necessario dirsi impolitici; esterni alla politica; prestati alla politica; imprenditori, volontari, finanzieri, intellettuali, calciatori, artigiani, cantastorie, casalinghe.
I media si sono adeguati. Anzi, hanno moltiplicato questa tendenza. L´hanno riprodotta all´infinito. Inghiottendo la politica e chi fa politica. Riducendo tutto a una materia informe, che, peraltro, in pochi - forse uno solo - controllano e sanno maneggiare in modo efficace.
Per descrivere questo paesaggio brumoso, Edmondo Berselli, in un recente, acuminato ritratto del nostro tempo ("Post Italiani", edizioni Mondadori), parla, suggestivamente, di una "Post-Italia", immersa "in quello sconfinato presente che è l´orizzonte televisivo".
La Post-Italia, patria dei post-italiani, che abitano la terra della post-politica, animata da post-partiti post-ideologici e da leader post-politici. Non oso pensare cosa possa avvenire post(ea).
Dagospia.com 29 Settembre 2003
La politica come gossip; il potere, i potenti veri e presunti sbirciati dal buco della serratura. O meglio, ripresi con la videocamera amatoriale, le immagini "rubate" (spesso con la complicità delle vittime presunte) con il teleobiettivo. Dilaga. Trionfa. Tanto che è difficile distinguere la stampa (cosiddetta) seria da quella (cosiddetta) leggera (o, per complemento, "poco seria"). Anche perché è difficile, nella stessa misura, discernere il serio e il leggero nella materia esaminata. La politica.
Prendiamo l´esibizione del Berlusconi cantautore, accompagnato da Mariano Apicella (già posteggiatore; oggi chitarrista di fiducia del premier), le cui riprese (tecnicamente eccellenti) sono state "intercettate" e trasmesse da "Striscia la notizia", con grande audience, superiore a quella, peraltro altissima, mediamente ottenuta dal notiziario satirico di Canale5.
E la visita di Putin, sempre in Sardegna, sempre in una villa privata di Berlusconi, illustrata in un servizio fotografico sontuoso dall´Espresso: il presidente russo a torso nudo, quello italiano scamiciato e in bermuda, con tanto di adipe in evidenza. Senza imbarazzo. Come valutare gli eventi e, ancor più, l´evidenza mediatica e l´attenzione che hanno registrato? Esempi di voyeurismo verso il potere e i potenti (versione aggiornata della cronaca quotidiana sulla vita dei regnanti e degli aristocratici, che peraltro non declinano mai)? Oppure esplorazioni ai confini della new politics?
Chiacchiere di fine estate? Banalità? O politica? Non è facile dirlo. Perché non è facile discernere. La contaminazione fra generi è divenuta regola. Nella comunicazione e nella realtà sociale. Nelle pagine di Novella 2000 ed Eva Express, i più noti fra i rotocalchi di gossip, compaiono, sempre più numerose, le immagini di imprenditori e di uomini politici, oltre che di stelle, stelline della tv e del cinema. D´altra parte, stelle e stelline del cine e della tv si recano, insieme a imprenditori e politici, presso gli stessi telesalotti. Da Bruno Vespa piuttosto che da Maurizio Costanzo.
La critica (giustificata) a questo genere di riflessioni è che si tratta di una storia antica; di vicende ampiamente sperimentate nella prima Repubblica e puntualmente testimoniate dai media, all´epoca. Basta pensare alle nottate in discoteca di De Michelis o ai viaggi di Martelli, sempre in eccellente compagnia. Per non parlare delle polemiche sulla canottiera di Craxi, messa in evidenza dalla camicia madida di sudore, mentre il leader socialista teneva la relazione a un congresso di partito. Il vizio estetico riempì le cronache assai più dei contenuti del discorso.
Non è una novità, il gossip, per la politica. La novità, rispetto ad allora, è che il gossip ha smesso di essere tale, per la politica. Un genere. Trattato in sedi distinte. Come un ambito distinto. Percepito come un aspetto distinto dalle persone. Fra gossip e politica i confini sono divenuti invisibili, gli scambi continui.
Oggi, ne è prova Dagospia, il sito web concepito e diretto da Roberto D´Agostino, dove, in mezzo a un florilegio di immagini erotiche e trash, si passa dalla chiacchiera sui vip della mondanità alle indiscrezioni sugli assetti del potere economico e finanziario alle anticipazioni sulle manovre nei luoghi della politica e delle istituzioni. E nessuno, nessuno se ne stupisce. Visto, che peraltro, si tratta spesso di informazioni fondatissime. Utili e utilizzate da molti altri giornali ("seri"). Visto che, infine, la semplice cronaca delle feste nei salotti buoni di Roma (e qualche volta Milano), dove Dagospia non manca mai, serve, più di tante analisi, a tratteggiare i network che collegano e attraversano gli ambienti politici, finanziari, mediatici. Le reti del potere, che si tessono, si compongono, si sfilano, in modo fluido.
In ciò la distanza rispetto al passato, anche recente. Il pubblico e il privato, la ribalta e il retroscena: non c´è differenza. Anzi: il privato, il personale, il retroscena assumono, sempre più, significato pubblico, rilievo politico, luci da ribalta.
Così non sorprende che il premier, Silvio Berlusconi, non si curi troppo delle gaffe, che continua a proporre, generosamente. Le corna fatte al vicino di foto, in coda a un vertice di ministri degli esteri. Gli accenni al confino ai tempi del fascismo, trattato come una gita premio destinata ai marioli, a quei rompiscatole di oppositori. E le battutacce, continue, contro i magistrati («folli»); l´esortazione a insidiarne le mogli. Non se ne preoccupa granché, Berlusconi, perché si rivolge direttamente all´io-informale e maleducato, alla "pancia" più che alla "testa" della gente, ai tavoli delle osterie più che ai circoli culturali.
Mira a entrare in contatto con la sfera della vita quotidiana; a suscitare il clima di complicità che si genera quando si è fra amici; dopo aver bevuto, magari, un "bicchiere di più". Berlusconi mira, cioè, a spostare la politica nelle case, in cucina, nelle spiagge. Volgarizzandola. Affinché la "gente" possa riconoscersi in lui. Che è (diventato) ricco e potente, ma ha tanti difetti. Come tutti noi. Così la pancia, i capelli radi, il cerone sul viso, la bassa statura e i tacchi altissimi: i dieci, cento particolari della sua maschera, su cui si sofferma e insiste Striscia, alla fine contribuiscono a umanizzarne e a familiarizzarne l´immagine. E se presso il "pubblico serio" e gli "esteti di sinistra" suscitano ironia e scandalo, al pubblico medio non dispiacciono; anche perché, un giorno dopo l´altro, il cattivo gusto perde sapore. Resta solo il gusto, a cui ci si assuefa.
D´altronde, non c´è (quasi) leader politico, non c´è intellettuale à la page che, invitato, rifiuti di comparire a notte fonda, ben oltre "Mezzanotte e dintorni", nello spazio curato, da tempo immemorabile, da Marzullo; dove, tra una foto dell´infanzia e una canzone scolpita nel ricordo, è esortato a "farsi una domanda e a darsi una risposta". E li trovi, i leader politici e gli intellettuali à la page, dietro ai fornelli, o accanto ai dietologi, a parlare di fitness o di emicrania, al popolo delle casalinghe. Alla "gente comune".
Siamo in tempi di populismo mediatico, di identificazione diretta, immediata, fra leader politici e società. Ma anche di indistinzione, progressiva, di contaminazione crescente, fra i linguaggi, i luoghi, gli attori della politica e quelli degli altri campi. È un processo che si è affermato in modo rapido e profondo, negli ultimi anni. Parallelo al disfarsi dei partiti e all´affermarsi dei media, come canali di rapporto del sistema politico con la società. Ma si è imposto, nel passaggio fra gli anni Ottanta e Novanta, anche grazie al clima antipolitico del tempo. Quando non solo i soggetti e gli attori politici, ma l´idea stessa di politica veniva delegittimata. E per fare politica, per entrare in politica, per avere successo in politica, era necessario dirsi impolitici; esterni alla politica; prestati alla politica; imprenditori, volontari, finanzieri, intellettuali, calciatori, artigiani, cantastorie, casalinghe.
I media si sono adeguati. Anzi, hanno moltiplicato questa tendenza. L´hanno riprodotta all´infinito. Inghiottendo la politica e chi fa politica. Riducendo tutto a una materia informe, che, peraltro, in pochi - forse uno solo - controllano e sanno maneggiare in modo efficace.
Per descrivere questo paesaggio brumoso, Edmondo Berselli, in un recente, acuminato ritratto del nostro tempo ("Post Italiani", edizioni Mondadori), parla, suggestivamente, di una "Post-Italia", immersa "in quello sconfinato presente che è l´orizzonte televisivo".
La Post-Italia, patria dei post-italiani, che abitano la terra della post-politica, animata da post-partiti post-ideologici e da leader post-politici. Non oso pensare cosa possa avvenire post(ea).
Dagospia.com 29 Settembre 2003