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    ARCURI E QUEL “CORRIDOIO SEGRETO” NEI RAPPORTI CON BENOTTI - NEL PROVVEDIMENTO DI SEQUESTRO DEI BENI DEI MEDIATORI D'ORO, I PM METTONO NEL MIRINO IL RAPPORTO CON DOMENICO ARCURI: “SOLTANTO UNA PERSONALE ENTRATURA VERSO IL COMMISSARIO STRAORDINARIO PUO’ CONSENTIRE QUESTE MEDIAZIONI, A PREFERENZA DI OGNI ALTRO INTERESSATO” - IL “COMITATO D'AFFARI” SI SAREBBE MOSSO IN MANIERA SPREGIUDICATA ED È CHIARO, PER I PM, CHE GLI INDAGATI AVESSERO “UN CERTO ASCENDENTE SULLA STRUTTURA COMMISSARIALE”


     
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    Fabio Amendolara per “la Verità”

     

    domenico arcuri domenico arcuri

    La parola «commissario» compare per ben 12 volte nel decreto di sequestro d'urgenza emesso dalla Procura di Roma. Nove volte, invece, si ripete il nome di Domenico Arcuri. Le citazioni dei magistrati di Piazzale Clodio non sono casuali. Dalle loro valutazioni, nonostante sia stata esclusa l'ipotesi di corruzione, emergono tutte le falle di una struttura commissariale per l'emergenza Covid che sembra proprio non essere all'altezza. Falle nelle quali il «comitato d'affari», come viene indicato dai pm il gruppo dei mediatori delle mascherine cinesi, sarebbe riuscito a inserirsi senza troppe difficoltà.

     

    MARIO BENOTTI MARIO BENOTTI

    Lo schema, secondo l'accusa, era questo: «Gli affaristi cercano mediatori che abbiano credito da spendere verso il Commissario Arcuri, quale modalità per entrare in affari con il governo italiano». La relazione con la struttura commissariale, insomma, agli occhi di chi indaga appare una condizione necessaria, tanto da piazzare la questione al primo posto nella narrazione investigativa. Subito dopo i magistrati affrontano il ruolo degli altri personaggi che hanno permesso la riuscita dell'operazione: c'è chi aveva i contatti in Cina e chi ha organizzato il trasporto.

     

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    Ma «risalta», sottolineano i pm, «la comune convinzione che soltanto una personale entratura verso il Commissario straordinario possa consentire queste mediazioni, a preferenza di ogni altro possibile interessato». Parole pesantissime, che sembrano stigmatizzare una circostanza non di poco conto: senza il contatto giusto con la struttura commissariale non c'è trippa per gatti.

     

    «Nel caso in esame», valutano le toghe, «si impatta certamente in una solida associazione di imprese commerciali [...] per la migliore riuscita di illecite mediazioni, distribuzione e occultamento del prezzo del reato (il pagamento di provvigioni per la spendita di credito personale verso pubblici ufficiali) e dei relativi profitti (l'incameramento di laute provvigioni dalle unità che, grazie al traffico di influenze, si accreditano, in via preferenziale, verso l'ufficio del Commissario straordinario)».

    produzione di mascherine in cina 8 produzione di mascherine in cina 8

     

    Una struttura, il «comitato d'affari», tutt' altro che volatile e che «ha messo in campo», si legge nel documento giudiziario, «un evidente coordinamento di mezzi e competenze (contatti all'estero, capacità di predisporre voli aerei, credito commerciale verso società cinesi, credito verso il Commissario straordinario) per la conclusione dell'affare e ha mantenuto la joint venture anche per il futuro».

     

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    È chiaro, quindi, che gli indagati abbiano «un certo ascendente», è scritto negli atti, «sulla struttura commissariale, la quale non appare interessata a costituire un proprio rapporto con i fornitori cinesi, né a validare un autonomo percorso organizzativo per certificazioni e trasporti, preferendo affidarsi a freelance improvvisati, desiderosi di speculare sull'epidemia». La struttura del Commissario, insomma, non è stata capace di mettere su una relazione diretta con le imprese da cui importare i dispositivi di protezione, delegando totalmente questo delicato compito a un gruppo di affaristi improvvisati.

     

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    Al centro c'è il ruolo di Mario Benotti, giornalista Rai in aspettativa, che avrebbe assunto il ruolo «dell'intermediario», il quale, valutano i magistrati, «forte del suo credito verso un pubblico ufficiale, ottiene, per sé e per i suoi soci, un compenso per una mediazione andata a buon fine». Un compenso milionario.

     

    «Questa attività di interposizione», viene sottolineato nel decreto di sequestro, «è stata svolta da Benotti ed è fondata sul rapporto personale con il Commissario straordinario e, certamente, non su un istituzionale ruolo di rappresentanza di interessi di categoria, o su un ostensibile professionale rapporto di agenzia».

     

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    Ed è su questo perno che i magistrati fissano l'accusa nei confronti di Benotti, senza risparmiare dure critiche alla struttura del commissario: «Tale rapporto, che non è stato possibile formalizzare in un esplicito contratto avente forma scritta, come si impone ad una pubblica amministrazione, ha, conseguentemente, causa illecita».

     

    E ancora: «L'accesso preferenziale al gradimento di un funzionario pubblico vulnera la sua imparzialità [...]. La retribuzione del credito personale speso dal mediatore verso il pubblico ufficiale si connota di illecito, poiché tale retribuzione compra, sia pure attraverso incentivo offerto al privato, anziché al funzionario, un privilegio di accesso [] attraverso il corridoio segreto del rapporto speciale».

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    Testimoniato peraltro dai 1.282 contatti telefonici tra Benotti e Arcuri nel lasso di tempo che va dal 2 gennaio 2020 al 6 maggio 2020. Si interrompono di colpo il 7 maggio. A quel punto Benotti lamenta «la sua frustrazione per essersi Arcuri sottratto all'interlocuzione». Ma un incontro con Mauro Bonaretti della struttura commissariale «ha certamente riaperto un canale».

     

    domenico arcuri domenico arcuri

    E riparte una corrispondenza via email, questa volta con Antonio Fabbrocini, addetto agli acquisti, per una fornitura di guanti, «con il previo consenso di Domenico». L'altra situazione sospetta è legata ai contratti: il commissario straordinario è stato istituito il 17 marzo 2020 (Cura Italia) e, una volta designato (dal Dpcm del 18 marzo), ha formato la propria struttura organizzativa con una ordinanza che risulta emessa l'1 aprile 2020.

     

    «È agevole notare», sostengono i pm, «alcuni evidenti difetti di consequenzialità cronologica tra le date: il primo contratto di fornitura è stato stipulato il 25 marzo, quando la struttura commissariale ancora non esisteva, almeno ufficialmente ed è sottoscritto dal fornitore cinese il 26 marzo (mentre, la lettera di incarico per mediazione alla Sunsky è del 25 marzo e la fattura pro forma, addirittura, del 23 marzo)».

     

    mario benotti (ri)costruzione mario benotti (ri)costruzione

    Passaggi che «offrono immediatamente», annotano le toghe, «l'idea della informalità con la quale si è proceduto, rispetto ad accordi che devono essere intercorsi tra le parti in gioco prima del 10 marzo 2020». È quella la data della prima proposta di Whenzou Moon-Ray, che fa risalire i rapporti a ben prima del lockdown nazionale (dichiarato il 9 marzo 2020). In quel momento nessuna norma consentiva, prima del Cura Italia, deroghe al codice dei contratti. Ma i mediatori stavano già tessendo le relazioni che avrebbero consentito il grande affare.

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