Antonio Barillà per “La Stampa”
ARGENTINA CROAZIA
Da una parte la tradizione argentina, il luccichio di quindici Coppe America e due Coppe del Mondo, il pronostico alleato in un Mondiale che doveva consacrare il collettivo e ha esaltato invece, ancora una volta, la classe senza età di Leo Messi. Dall'altra la ribellione croata alle gerarchie e alle superficialità del pallone, l'ingresso nella top four del Qatar dopo l'argento di Russia 2018, il sogno di disarcionare un'altra Regina e dare continuità a un capolavoro: nessun miracolo, nessuna casualità, il remake riflette una solidità tattica che non ingabbia il talento misterioso di un Paese con meno di quattro milioni di abitanti, senza un club capace di lasciare il segno in Europa, e tuttavia unico nell'export di campioni.
olanda argentina
Il simbolo è Luka Modric, 37 anni, capitano con un'infanzia segnata dalla guerra, numero 10 tecnico e veloce che sa conquistare ogni volta la vetrina iridata, miglior calciatore quattro anni fa e determinante oggi, pazienza se i coni di luce alla vigilia l'ignoravano, posandosi roteando su Messi, Ronaldo, Mbappé e Neymar. Il brasiliano l'ha battuto in un quarto di finale da batticuore, pari arpionato in pieno recupero e rigori felici, stesso pass di Messi che però, all'ultimo respiro, il pari l'aveva subito.
C'è una differenza profonda, che aspettando il match orienta simpatie e tifo in tutto il mondo: la reazione al successo dal dischetto e il rispetto per i vinti, stridono le immagini di Modric che consola O Ney e di Messi che cerca il faccia a faccia con Van Gaal e insulta Weghorst, dei croati che abbracciano i brasiliani in lacrime e degli argentini che irridono gli oranje in ginocchio. «L'immagine che è passata ci infastidisce - reagisce il ct argentino, Lionel Scaloni -, noi sappiamo perdere e vincere. Dopo la sconfitta nella gara inaugurale con l'Arabia Saudita siamo rientrati tranquilli in hotel e dopo aver alzato la Coppa America in Brasile abbiamo dato la più bella immagine di sportività possibile con Neymar, Messi, Paredes e altri calciatori insieme sui gradini del Maracanà. Non credo che non sappiamo vincere: rispettiamo profondamente Olanda, Croazia e tutte le rivali».
MESSI MODRIC
Selezionatore per caso - doveva solo traghettare l'Argentina, l'ha meritata con i risultati ed eccolo ai confini del sogno -, Scaloni ha in fondo replicato il percorso di Zlatko Dalic: anche lui senza un grande passato, anche lui accolto con scetticismo eppure capace, senza proclami, di allestire una squadra che ha scritto la storia e che può ancora aggiungere capitoli bellissimi. «Siamo tra le quattro migliori al mondo, ma vogliamo di più - dice -, una nuova finale sancirebbe il miglior periodo di sempre per il calcio croato. Messi guida un'Argentina forte e di carattere, ma loro hanno anche più pressioni e io sono ottimista per natura».
«Siamo un Paese piccolo e per questo all'inizio nessuno ci considera - la riflessione di Modric - , ma ci sta bene così: può essere un vantaggio. L'Argentina non è solo Messi, vogliamo fare la partita della vita».
MESSI
La sfida tra numeri 10 - fuoriclasse, simboli, Palloni d'Oro -, accende la fantasia («Sono due leader naturali. Per chi ama il calcio è un piacere», sintetizza Scaloni) e l'anagrafe amplifica le motivazioni: si giocheranno l'ultima opportunità per scolpire il nome nell'albo d'oro di una manifestazione mai vinta, coronamento di carriere straordinarie. Modric è arrivato qui lavorando mille palloni, ispirando, verticalizzando, Leo segnando quattro gol e ricamando due assist. «Rendimento alla Maradona? È sempre stato così», spiega Scaloni.
Il manifesto di Argentina-Croazia è la loro sfida, ma ci sono altri duelli meno abbaglianti eppure decisivi. Su tutti quello tra i portieri Emiliano Martinez e Dominik Livakovic: senza le loro prodezze ai rigori, racconteremmo un'altra partita, non questa affidata all'arbitro Orsato per un tocco d'azzurro tra strisce biancocelesti e scacchi biancorossi. Ma anche qui, a ben pensarci, un po' di merito è dei numeri dieci: dietro la rinascita del portiere croato della Dinamo Zagabria, in particolare, ci sono le parole di Modric che l'hanno scosso e motivato in un momento di grande sfiducia.
messi van gaal