DAGOREPORT
Domenico Quirico per "la Stampa" -Estratti
hollande macron
Qual è la eredità di un uomo politico come Francois Hollande? Le roventi polemiche, forse, o il ricordo di una forte intelligenza a cui purtroppo non si accompagnava un sufficiente coraggio morale, dettaglio che sfortunatamente azzoppa molti presunti talenti? No. La sua eredità politica è un motorino, anzi un Piaggio a tre ruote, anno di costruzione 2009, oltre centomila onesti chilometri sul groppone.
Il socialista Hollande si è installato nella Storia di Francia issato su questa specie di motocarro, strumento di presidenziali viaggi adulterini alla maison di tal charmante Julie Gayet, se ben ricordo di professione attrice.
E anche qui affoghiamo in un copione squallidamente banale: un altro socialista, ma di ben altro metallo, Mitterrand era allegramente bigamo ma l'adultera almeno dirigeva gli affari del Louvre. Suvvia: anche nell'adulterio ci vuole un po' di grandeur...
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julie gayet hollande
Come ha fatto un tipo così ovvio grigio inutile superfluo, ectoplasma privo di qualsiasi qualità, a diventare presidente della quinta, sesta, ottava potenza del mondo o giù di lì? Tanta gente in Francia se lo chiede ancora oggi tutti i giorni.
Come ha fatto partendo da quella irrilevanza, dalle promesse campate in aria, dal tran tran del dire una cosa per farne un'altra, ma non per astuzia per incapacità e ignavia, a scalare, dalla sua dimensione politica che è il congresso dipartimentale del Ps, la vetta del potere?
Cerchi di definirlo Hollande: un tattico astuto... uno statista… un ideologo? Sempre qualcosa di meno… un po' più sotto... rami secondari... sottomarche... dintorni... più o meno... non del tutto… quasi... all'incirca. Hollande è fatto così. Un pressapoco.
Per quale magia, dopo aver annientato in appena cinque anni di presidenza il Partito socialista, si riparla di lui come possibile candidato di mediazione alla carica di primo ministro per tenere in piedi le frattaglie di un altro mediocre, Macron? A guardare le rare fotografie di questi anni di retraite sentivi perfino a distanza un odore di stantio, di casa vecchia, di polvere antica che pizzicava la gola.
HOLLANDE GAYET
Non si è ricandidato nel 2017 ma non per discrezione del potere, semplicemente perché non lo avrebbero votato, con un partito glorioso e venerabile che aveva ridotto a una cripta dalle ombre fitte, con dentro nessuno.
Chi l'avrebbe detto? Il miracolo delle desistenze e dei ritiri lo ha riportato all'Assemblea nazionale dal suo vecchio feudo, si fa per dire, della Corrèze. Avete visto come gli fanno festa i neo eletti della resurrezione gauchista, affascinati dal moto delle sue mani grassocce che, se non fosse laicissimo, diresti allenate al rosario? La memoria umana soprattutto in tema di spiacevolezze è davvero labile e ritrosa. La resurrezione gli ha dato coraggio, ascoltate come stronca le pretese di Mélenchon di avere il premierato: stai zitto! Olà!
Non lo riconosciamo più. Le frasi lapidarie da mettere dopo un'ora sotto il tappeto erano una sua caratteristica.
FRANC?OIS HOLLANDE IN SCOOTER
Nel 2012 fu eletto senza molta gloria, pur di togliersi dal tiggì serale Sarkozy, Carlà, la suocera e compagnia, i francesi avrebbero votato il cavallo di Caligola. C'era lui sulla scheda, allonsanfàn! Comizio a Bourget.
Scandisce tra il delirio popolare una frase da lapide: «Il mio vero avversario è il mondo della finanza!». Parole grosse. I druidi socialisti strabuzzano gli occhi, si spellano le mani: abbiamo trovato un capo, un altro Jaurès.
Adesso Ségolène Royal, che ne fu compagna e non solo di partito, sostiene che l'aveva copiata da qualcun altro. Ma no ma no... Erano soltanto quelle che lui chiamava formulette elettorali. Come lo slogan che aveva scelto per la campagna: cambiare, è ora. Icastico, efficace. Ma privo di contenuti.
SEGOLENE ROYAL FRANCOIS HOLLANDE ENA
Come la promessa di una tassa del settantacinque per cento sui grandi patrimoni o di invertire nel giro di un anno il corso della disoccupazione... Piccoli calcoli per tirare avanti neghittosamente giorno per giorno, la politica come deposito di bric-à-brac, di astuzie, bugie anche con i ministri più vicini, alcuni di qualità ma sciupati con minuzioso accanimento catastale.
Dalle transazioni permanenti, dalle indifferenze cercarono di tirarlo fuori nel 2015 i jihadisti confezionando un Undici Settembre in pieno centro della capitale. Era un momento eroico addirittura, suo malgrado. La foto ricordo di quei giorni tremendi lo inquadra mentre cammina nella marcia contro il terrorismo avvinghiato ad alcune delle peggiori canaglie della FrançAfrique.
jack lang hollande hollande