Chiara Maffioletti per il ''Corriere della Sera''
ARISA
Non prova rancore Arisa. E non si sente una vittima. Ma dietro la sua recente scelta di smettere di inseguire modelli estetici insensati, c'è una storia iniziata, in realtà, molti anni prima. «Vengo da un piccolo paesino della Basilicata e sono sempre stata una persona semplice... per me era naturale pensare che gli altri avessero ragione». Gli altri erano tutti quelli che, allora, commentavano il suo aspetto. Cosa le dicevano? «Alle medie non ero certo tra le ragazzine più carine. I compagni mi prendevano in giro per il naso o perché non avevo tanti vestiti. Per gli altri erano battute ma io le prendevo sul serio, mi pesavano».
C'è da crederlo. Non sono colpi facili da assorbire. «Ce ne sono stati parecchi. Abitavo in campagna, mio padre ha sempre avuto gli animali e capitava che portasse a pascolare le pecore vicino alla strada dove passava l'autobus con i miei "amici". Che hanno iniziato a chiamarmi pecora, a dirmi che puzzavo...». Questo è bullismo puro. «È tremendo, ma da noi è normale. Specie noi donne siamo abituate a farci dire di tutto, siamo messe in discussione già in famiglia».
ARISA BAMBINA
Ha sofferto anche lì? «Non ho bisogno del supporto degli altri e non tutti i mali vengono per nuocere. Ringrazio tutte le persone che per tanto tempo mi hanno messo in difficoltà perché ora so che tutto è relativo. Mio padre però è fondamentale per me: mi ha sempre incoraggiata, sostenuta. Quando sono andata via di casa piangeva». Cosa la faceva soffrire di più degli anni della scuola? «Non ho mai voluto essere la reginetta della classe, ma almeno sentirmi integrata. Questa cosa non mi è riuscita: una volta hanno imbrattato il bagno dell'istituto con insulti alla maestra, firmandoli con il mio nome. Mi hanno sospesa per tre giorni: tutti sapevano che non ero stata io».
Un continuo di botte a livello umano ed emotivo. «Il cielo dà le cose a chi le può sopportare, dicono. Mia mamma e le zie fanno di tutto con dei malanni pazzeschi. Io più che rattristarmi ho cercato di farmi forza con le mie passioni, mi rifugiavo in quello che mi faceva stare bene». La musica. L'abbiamo conosciuta a Sanremo: aveva 26 anni, una voce angelica, occhialoni neri e caschetto. «Un look studiato da me e per questo mi faceva sentire bene. Dopo però ho vissuto nella nebbia per anni. Solo ora sono riuscita a fare uno switch e superare quel senso di inadeguatezza che non mi faceva essere mai felice».
ARISA QUANDO ESAGERAVA COI RITOCCHI
Come ci è riuscita? «Ho interrotto delle situazioni che mi facevano male. Ero alla ricerca di un modello di perfezione che mi stava mettendo in difficoltà. La società tende a farci sentire in difetto ponendo l'accento sull'estetica. Dietro c'è il desiderio di sentirci accettati». Cosa le succedeva? «Passavo il tempo a guardarmi allo specchio. Vedermi più bella pensavo fosse il modo per riempire dei vuoti, così ci sono cascata: ho iniziato a fare delle punturine, mi sono lasciata prendere. Vedevo un sacco di chirurghi che mi dicevano: è proprio sicura?». Poi, questa estate, ha pubblicato su Instagram una sua foto in costume al naturale...
«Ero al mare e continuavo solo a guardarmi la pancia, le cosce.... mi demoralizzavo. Poi mi sono detta: basta preoccuparmi, faccio una foto e la metto su Instagram. Ma con tutto quello che siamo in grado di fare noi donne, possiamo sempre perderci dietro queste preoccupazioni? Le mie giornate possono rabbuiarsi perché non ho il fisico di una velina?». Lei oggi si sente se stessa? «Sì, finalmente. Mi sento me stessa quando mangio quello che mi piace, anche se ho dei chili in più: non vengo dalla Norvegia, ma da una famiglia di donne che mangiano, cucinano. Ho capito che il nostro corpo dovrebbe essere l'espressione di chi siamo: non ha senso fingere. Ti piace mangiare? E mangia! Prima pensavo che avendo labbra più turgide sarei stata amata di più. Ma in quel tentativo non mi riconoscevo ed ero la prima ad amarmi meno».
arisa 1
Cosa consiglierebbe a chi è vittima di commenti come quelli che ha subito lei? «Di avere fiducia nei libri e nella musica per acuire l'immaginazione e estraniarsi. Ogni cosa è passeggera e studiando si può scegliere prima la propria strada». Il suo singolo si chiama «Ricominciare ancora». «Racconta come tutto sarebbe diverso realizzando che siamo qui per un certo tempo: dovremmo concentrare le nostre energie sulle cose utili». Il papà le dice che è bella? «Lui da anni mi ripete: fatti crescere i capelli. Ora stanno crescendo».
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