Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
BONACCINI NARDELLA
Non si candida, ma è corteggiatissimo, il sindaco Dario Nardella. Controlla gli iscritti dem della sua Firenze, granaio di consensi della ditta Pci/Ds/Pd. Voti che peseranno al congresso di febbraio, soprattutto nella fase iniziale: quella dove si esprimono solo i militanti muniti di tessera, chiamati a decidere chi andrà al ballottaggio nelle primarie aperte a tutti.
E dunque gli aspiranti segretari lo cercano, Nardella. Lo blandisce Stefano Bonaccini, che ieri gli ha detto: incontriamoci. Lo lusinga Matteo Ricci, il primo cittadino di Pesaro, con i suoi sponsor che sognano un "ticket dei sindaci" che possa scalzare Elly Schlein dal turno finale delle assise democrat. Lui, per ora, sta in mezzo. L'ex renziano, ormai in rotta con Renzi che lo contesta bollando Palazzo Vecchio con sprezzo, «è un multificio », ieri ha lanciato a Roma, al cinema Quattro Fontane, una mini Leopolda. Non per candidarsi, premessa d'obbligo per chi vuole dribblare in questa fase le beghe congressuali, ma per «parlare di idee».
dario nardella stefano bonaccini
E difatti il parterre è trasversale: il lettiano Marco Meloni, l'ala sinistra con Peppe Provenzano e Marco Furfaro, i franceschiniani Michela De Biase e Alberto Losacco, il capodelegazione all'Ue, Brando Benifei. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, in video- call . Oltre all'archistar Massimiliano Fuksas, piuttosto scoraggiato: «Questo Pd ormai i consensi li ha persi, troppe correnti che eleggono i parlamentari con le liste bloccate. Come il cavallo di Caligola».
Nei corridoi del cinema si proiettano le future cordate. I fan di Ricci, come detto, sognano l'abbinata: il sindaco di Pesaro candidato segretario, quello di Firenze candidato presidente del partito. «Sono amici, ma è difficile », replicano da Palazzo Vecchio. Ricci è attivissimo. Ha dalla sua un blocco di sindaci dem (guarda con simpatia all'operazione anche quello di Roma, Roberto Gualtieri) e spera nell'investitura di Andrea Orlando. Oggi incontrerà Goffredo Bettini, che presenterà il suo nuovo libro proprio a Pesaro. «Basta con le pacche sulle spalle ai sindaci - ha detto ieri Ricci, alla convention nardelliana - questa volta ci pensiamo noi». Nel suo entourage circola anche una data: il 16 dicembre.
stefano bonaccini dario nardella
Dovrebbe essere quella buona per ufficializzare la corsa. Sempre che Orlando non cali la carta Enzo Amendola: fosse in campo l'ex ministro delle Politiche Ue, sarebbe costretto a ripiegare. Bonaccini non sta a guardare. Può contare su Base Riformista, la corrente dell'ex ministro Lorenzo Guerini, e su quella di Matteo Orfini, che formalizzerà a breve l'appoggio. Più il robusto partito emiliano e un blocco di sindaci, soprattutto al Nord, vedi Giorgio Gori a Bergamo.
A Nardella, il governatore dell'Emilia Romagna riserva parole al miele: «Sono assolutamente interessato ai contenuti usciti a Roma - ha dichiarato ieri - e ho chiesto a Dario di vederci nei prossimi giorni. Vedo una sintonia che può essere utile al Pd, a prescindere dalle candidature». Anche con Schlein ci sono contatti. Perché nella prima fase del congresso, come detto, peseranno gli iscritti. Dunque la cordata Elly, forte soprattutto nel voto d'opinione, dovrà cercare di fare incetta di tessere, per approdare al ballottaggio. L'ex vice-governatrice dell'Emilia dovrebbe incassare, con qualche riluttanza dei fedelissimi, l'appoggio di Dario Franceschini e di un pezzo dei lettiani.
stefano bonaccini dario nardella 1
Basterà? Ricci, se arrivasse il sostegno di Orlando e di un sindaco come Nardella, potrebbe forse sperare nel sorpasso, con la volata tirata da un pezzo di apparato. Nardella per ora non si espone. Sogna un Pd che faccia «come il terzo porcellino della favola, quello saggio: non dobbiamo fare una casa di paglia, non una casa di legno tipo Ikea, dobbiamo fare una casa solida, di mattoni ». Altrimenti, ammette, «se questo congresso sarà l'ennesima resa conti per cui chi vince prende tutto, se vinceranno i signori delle tessere, il rischio scissione c'è».
ORLANDO LA SINISTRA DEM E I DUBBI SUL SÌ A ELLY SCHLEIN
L.De Cic. per “la Repubblica”
Più che furioso, come quello dell'Ariosto, l'Orlando in questione - Andrea, 53 anni, tre volte ministro, capo dell'ala sinistra del Pd - oggi appare turbato.
schlein bonaccini
Le sue truppe di iscritti e i luogotenenti fidati, nel marasma del Pd post-sconfitta elettorale, si muovono in ordine sparso. In parte l'hanno già abbandonato. Altri sono pronti a giocarsi la partita congressuale in autonomia. Altri ancora aspettano una mossa, un cenno. Lui per ora si affida a comunicati stampa e dichiarazioni tutti dello stesso tenore. «Da bastian contrario», lamenta qualcuno al Nazareno. Frasi così: «La strada è sbagliata», «la costituente stenta », «rischiamo il cortocircuito» e via contestando. Avrebbe voluto un congresso più lungo (l'opposto di quel che chiedeva Bonaccini).
ELLY SCHLEIN
Spiegando che al Pd serve una fase rifondativa vera e non un congresso ordinario, perché «il partito non sta vivendo una crisi di leadership, ma una crisi di identità». I nemici interni la raccontano all'opposto: vuole prendere tempo per evitare che la corsa per la segreteria sia un derby Bonaccini- Schlein. Che vedrebbe lui e la sua area tagliati fuori.
E dire che al congresso del 2019, quello che incoronò Nicola Zingaretti segretario, la corrente Orlando spadroneggiava: fornì al governatore del Lazio un contributo determinante per la vittoria alle primarie. E strappò centinaia di delegati all'assemblea nazionale del partito. Da maggioranza della maggioranza, ora la sinistra rischia di ritrovarsi marginale. E soprattutto slabbrata.
ELLY SCHLEIN
Solo la vecchia guardia è rimasta attorno all'ex ministro: parlamentari di lungo corso, da Anna Rossomando ad Andrea Martella. I giovani no. Sono da tempo in fase di sganciamento: Peppe Provenzano, ancora oggi vice-segretario Pd in quota Orlando, tratta per sé. Brando Benifei, europarlamentare da 50mila preferenze e capodelegazione Ue, ha lanciato un suo progetto autonomo, "Coraggio Pd", deciso a giocarsi le sue carte: candidandosi a segretario, per capitalizzare il consenso e strutturare una corrente nuova di zecca, oppure appoggiando uno dei due contendenti con più chance, Bonaccini o Schlein. Entrambi l'hanno cercato.
Schlein in teoria avrebbe ricette in linea con la sinistra Pd, ma Orlando è convinto che non serva un papa straniero per guarire i mali del Nazareno. Dunque difficilmente la sosterrà. Nessun jolly alternativo - Amendola o Ricci - sembra in grado di ricompattare le truppe degli orlandiani. Che rischiano di ritrovarsi minoranza della minoranza, nel giro di un congresso.
bettini orlando