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    ARMELLINI: UN COGNOME, UNA GARANZIA (DI INCHIESTE) - PRIMA DI ANGIOLA, CHE POSSIEDE 1243 IMMOBILI E NON PAGA UN EURO DI TASSE, IL CAPOSTIPITE RENATO HA AVUTO GUAI CON LA GIUSTIZIA


     
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    Gianni Barbacetto per ‘Il Fatto Quotidiano'

    ANGIOLA ARMELLINIANGIOLA ARMELLINI

    Le colpe dei padri ricadono sui figli, dice il profeta Geremia. Ma la figlia di Renato Armellini ha fatto di tutto per avere colpe proprie. Angiola Armellini, primogenita del costruttore che negli anni Settanta era considerato uno dei "re di Roma", è stata pizzicata dalla Guardia di finanza come grande evasore fiscale.

    Non ha pagato tasse allo Stato per 190 milioni di euro, non ha dichiarato al fisco la bellezza di 1.243 immobili, di cui tre alberghi, 1.239 case a Roma, le altre a Sezze e Pomezia, in provincia di Latina. Per lei il venerdì nero dell'Imu non esiste: non ha mai pagato un euro né di Ici, né di Imu, così ora risulta doverne parecchi milioni al Comune di Roma. Il suo grande patrimonio immobiliare semplicemente non esiste, per il fisco e per il Comune.

    È da sempre ben nascosto dietro una girandola di società intestate a teste di legno con sede in Lussemburgo, Svizzera , Nuova Zelanda, Jersey, Bahamas... Lei, Angiola, abita a Roma, si divide tra una grande villa all'Eur e un lussuoso appartamento, attico e superattico, in centro. Ma è solo ospite: la proprietà risulta essere di società lussemburghesi, mentre la sua residenza ufficiale è stata a lungo nel Principato di Monaco.

    Eppure Angiola non rischia comunque di oscurare la fama del padre. Il re dei palazzinari, nato a Roma nel 1930, crea la sua fortuna durante il boom immobiliare degli anni Sessanta e Settanta. Geometra, ras dei cantieri, tira su zitto zitto palazzoni di cemento (di pessima qualità) alla Magliana, all'Eur, al Laurentino, all'Ostiense, al Tuscolano.

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    Esce dall'ombra nel 1974, quando inciampa nel suo primo scandalo: i nove piani costruiti in via Mantegna, tra l'Eur e i Mercati generali, sono abusivi e il Comune decide di abbatterli. I suoi avvocati riescono a bloccare la demolizione, anche perché Armellini ha tanti buoni amici tra i magistrati del "porto delle nebbie".

    Nel luglio 1996, finirà in carcere il giudice Antonio Pelaggi, presidente dell'ottava sezione del Tribunale di Roma, insieme all'avvocato Giovanni Acampora e al commercialista Sergio Melpignano, grandi amici dell'avvocato Cesare Previti, per aver intascato tangenti proprio per "aggiustare" un processo a carico di Armellini.

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    La vicenda di via Mantegna si era intanto conclusa nel 1983, con il palazzinaro obbligato a pagare 7 miliardi di multa. Ma nel frattempo era stato condannato per la morte di un operaio in un suo cantiere e più volte arrestato. Nel 1977 è indagato per bancarotta fraudolenta, nel 1978 per truffa aggravata, nel 1979 per lottizzazioni abusive a Pomezia. La sua storia giudiziaria è un gioco dell'oca di inchieste, rinvii a giudizio, proscioglimenti, demolizioni, sentenze. Il suo impero immobiliare, 3.600 appartamenti, 90 mila metri cubi, 130 società, viene valutato 1.500 miliardi di lire. Gli ronza attorno anche la 'ndrangheta.

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    Nel 1974 è proprio la figlia Angiola a rischiare un sequestro di persona. Sei anni dopo, nel febbraio 1980, tocca al padre: rapito, viene tenuto prigioniero in Calabria per 263 giorni. La famiglia denuncia la scomparsa soltanto un mese dopo. I suoi ultimi guai giudiziari li ha insieme alle figlie, Angiola e Nazarena Armellini. È rinviato a giudizio ancora nel 1991 per falso in bilancio e una frode fiscale da oltre 500 miliardi. Nell'agosto 1993 muore, colto da un malore nel mare di Porto Santo Stefano. Proseguono l'attività le figlie. Ieri, l'ultima puntata della saga: Angiola viene denunciata dalla Guardia di finanza per aver nascosto un impero immobiliare.

     

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