VIDEO - IL PUGILE CHE PREPARAVA UN ATTENTATO A ROMA
Volevano partire per la jihad nei territori di guerra siro-iracheni portando con sè i due figli di 2 e 4 anni: una coppia di presunti estremisti islamici, residenti nella provincia di Lecco, è stata arrestata in una operazione congiunta Ros-Digos, nell'ambito della quale sono state emesse sei ordinanze di custodia cautelare.
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Dalle intercettazioni dell'inchiesta che ha portato all'operazione anti terrorismo congiunta Ros-Digos, emerge che il marocchino scomparso da Bulciago (Lecco), Mohamed Koraichi, tra i sei destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito del blitz di Digos e Ros di stamani con la moglie, parlava con uno degli arrestati di attentati da compiere in Italia.
In particolare è emerso che per quanto riguarda possibili attentati c'era «un'attenzione particolare alla città di Roma», hanno detto gli inquirenti nel corso della conferenza stampa alla procura di Milano. Roma perché, da come ritengono gli arrestati, la città per il Giubileo è sede di pellegrinaggio e dove i pellegrini trovano la forza di combattere gli islamici.
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Ha parlato anche della «politica del "lupo solitario" per creare terrore» da parte del sedicente Stato islamico il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli durante la conferenza stampa dell'inchiesta antiterrorismo che stamani ha portato all'emissione di una misura cautelare nei confronti di sei persone. Durante le indagini sono emerse richieste «di effettuare attentati sul territorio italiano» e in particolare l'obiettivo delle azioni di cui si parlava «era Roma in quanto luogo di pellegrinaggio dei cristiani».
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Destinatario della misura restrittiva, emessa dal gip di Milano per il reato di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale, anche un marocchino di 23 anni, residente in provincia di Varese: il giovane, fratello di un foreign fighter espulso dall'Italia nel gennaio 2015 con un provvedimento emesso dal Ministro dell'Interno per motivi di terrorismo, si sarebbe dovuto unire alla coppia.
Il fratello dell'arrestato, Oussama Khachia, sarebbe morto in Siria dopo essersi unito al Califfato. Khachia era cresciuto a Brunello, in provincia di Varese, e fu espulso dall'Italia il 28 gennaio 2015 per alcuni post su Facebook a favore dell'Isis. In seguito fu allontanato anche dalla Svizzera e infine avrebbe raggiunto la Siria dove sarebbe morto.
L'operazione, coordinata dalla Procura distrettuale di Milano d'intesa con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è cominciata all'alba in diverse province della Lombardia e del Piemonte, ed è stata condotta congiuntamente dalle Digos di Lecco, Varese, Milano - supportate dal Servizio Centrale Antiterrorismo della Dcpp/Ucigos - e dal Ros dei Carabinieri, coadiuvato dai Comandi dell'Arma territoriali.
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La coppia e il marocchino 23enne arrestati erano in contatto con altri due coniugi già residenti in provincia di Lecco, partiti verso la regione siro-irachena nel febbraio 2015, anch'essi raggiunti dal provvedimento cautelare così come una loro parente, che si è adoperata per mettere in contatto questi ultimi con gli aspiranti combattenti.
I coniugi residenti in provincia di Lecco sono anche Alice Brignoli, italiana di 39 anni, che ha cambiato il nome in Aisha dopo la conversione all'Islam, e il marito 31enne Mohamed Koraichi, nato in Marocco. Il caso della coppia, che risiedeva a Bulciago (Lecco), sparita dal febbraio 2015 assieme ai figli e che si sospetta abbia raggiunto i territori siriano-iracheni per unirsi alle milizie dell'Isis, era già emerso nelle scorse settimane.
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I due sono tuttora latitanti, mentre tra gli arrestati nell'operazione, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, oltre all'altra coppia di presunti estremisti islamici che voleva partire da Lecco per unirsi alla jihad, figura anche la sorella di Koraichi.
La vicenda di Alice Aisha Brignoli e Mohamed Koraichi - i cui nomi sono finiti nell'elenco dei foreign fighters italiani - è emersa a maggio del 2015 quando la madre della donna ne ha denunciato la scomparsa portando con se i tre figli, il più grande di sette anni e il più piccolo di solo un anno e mezzo. Aisha e suo marito Mohamed, secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori, hanno iniziato il percorso di radicalizzazione nel 2009, in concomitanza con la nascita del primo figlio: lei ha iniziato ad indossare il velo e a studiare l'arabo, lui si è fatto crescere la barba e sempre più spesso si faceva vedere in giro con una tunica bianca.
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Con il passare del tempo i due hanno tagliato i ponti con le famiglie e a maggio dell'anno scorso sono partiti. Prima tappa la Turchia, da dove poi hanno raggiunto la Siria. Quando è entrata nell'appartamento della figlia a Bulciago, la madre di Aicha ha trovato solo un messaggio: «sono partita, non mi cercate, non torno». Da allora gli investigatori hanno intercettato due telefonate, per dire che stava bene e di non preoccuparsi, e un ultimo messaggio verso la fine dell'anno.
Il pugile arrestato.
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Si chiama Moutharrik, ed è un giovane pugile di fama, il ragazzo arrestato oggi per terrorismo internazionale che aveva ricevuto l'ordine di eseguire un attentato a Roma. È quanto emerge dall'indagine condotta tra Milano-Varese e Lecco che ha portato in manette quattro persone, tra cui la giovane promessa del pugilato, e ad un mandato per altre due persone che hanno già raggiunto lo Stato islamico.
Le registrazioni
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«Caro fratello Abderrahim, ti mando (...) il poema bomba (...) ascolta lo sceicco e colpisci». È questo il contenuto di una registrazione mandata via WhatsApp a Abderrahim Moutaharrik, l'italiano di origini marocchine arrestato stamani a Lecco nell'ambito dell'operazione antiterrorismo coordinata dalla Procura di Milano. Il messaggio incita al martirio e a compiere attentatati nei Paesi in cui il destinatario si trova, quindi l'Italia.
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