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    UN OMO TUTTO DI UN PEZZO - ARRESTATO IL 46ENNE FABIO MACIOCI CON L’ACCUSA DI ESSERE UNO STUPRATORE SERIALE DI OMOSESSUALI - L’UOMO È STATO DENUNCIATO DA UNA VITTIMA AGGANCIATA IN CHAT - LO HA PORTATO A CASA E LO HA STORDITO CON LA GHB, LA DROGA DELLO STUPRO: “MI HA DROGATO, LEGATO E VIOLENTATO. MI SONO RISVEGLIATO IN BAGNO CHIUSO DENTRO A CHIAVE CON IL…”


     
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    Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”

     

    Al momento di chiedere la convalida del fermo, il pm Andrea Cusani già sottolineava il concreto rischio che Fabio Macioci colpisse ancora. Un pericolo riconosciuto dal gip con la misura del carcere e un' intuizione confermata poi dalle indagini che attribuiscono al 46enne di Tor Vergata almeno quattro analoghi episodi di violenza sessuale con rapina. Tutti commessi a danno di omosessuali avvalendosi anche del Ghb, la cosiddetta droga dello stupro.

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    La storia ha un inizio rocambolesco lo scorso maggio, quando un uomo seminudo si sporge sul cornicione di un palazzo al Prenestino e chiede ai vicini di farlo rientrare dalla finestra. In commissariato a Porta Maggiore denuncia di aver subito una rapina dall' uomo accolto in casa la sera prima. Un appuntamento nato in chat, finito a letto ma poi degenerato.

     

    «Mi ha drogato, legato e violentato. Mi sono risvegliato in bagno chiuso dentro a chiave. Quando l' ho visto allontanarsi con la mia auto ho dato l' allarme». Sulla vittima vengono riscontrate lesioni guaribili in 15 giorni, ma la caccia al colpevole dura poco. Il rapinatore in fuga va a sbattere con la Panda rubata e viene notato da diversi testimoni. Quindi, la sera stessa, accende il pc sottratto nell'appartamento e la polizia ne individua la posizione con il sistema di geolocalizzazione.

     

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    A casa dei genitori di Macioci vengono trovati altri oggetti (uno zaino in pelle, la tessera del bancomat, monili in argento) appartenenti alla vittima. Ma lui, il ricercato, non c'è. Viene rintracciato una settimana dopo in un b&b dove si è registrato con documenti di una terza persona. Portato in commissariato, il 46enne salta da una finestra alta quattro metri e mezzo, scavalca il muro di cinta e si dilegua. Viene fermato di nuovo il 13 maggio e portato in carcere, dove ora attende la prima udienza già fissata davanti al gup.

     

    E se la vittima riconosce il suo profilo in foto (capelli rasati, fisico atletico), sui computer degli inquirenti appare una condanna (rapine aggravate) finita di scontare da Macioci un anno esatto prima. Qui comincia la seconda parte delle indagini sull' ipotesi che, nei mesi di ritrovata libertà, l'uomo abbia colpito più di una volta. Si intrecciano vecchie denunce, refurtiva trovatagli in casa, numeri di telefono della sua rubrica.

     

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    In commissariato vengono convocate le potenziali vittime: altri gay che dopo una notte di sesso si sono ritrovati «narcotizzati e ridotti in stato di incoscienza», abusati e rapinati di contanti, documenti, telefoni, pc, auto (in un paio di casi) e altri oggetti. Più di uno, però, preferisce tutelare la propria privacy (e negare l' assunzione di stupefacenti) piuttosto che denunciare.

     

    «Abbiamo assunto droga e fatto sesso. Ma al risveglio - dice ancora agli agenti la vittima del Prenestino - lui mi ha accusato di avergli fatto delle foto, mi ha picchiato e costretto ad avere altri rapporti. Mi diceva "Così impari, ti ho fatto un filmino e ora ti sputtano". Mi ha costretto a dargli 200 euro e i codici del bancomat». Macioci ammette di aver schiaffeggiato la vittima, ma sostiene di aver portato con sé il suo pc solo per cancellare le foto. Nessuna spiegazione per i prelievi col bancomat né per gli altri documenti di cui era in possesso. Da una consultazione anagrafica, il rapinatore/stupratore seriale risulta cancellato dai registri del Comune per irreperibilità.

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