1 – Lega popolare, la svolta di Giorgetti per contare in Ue
Francesco Bechis per www.formiche.net
salvini giorgetti
Allora non sono solo rumors. Giancarlo Giorgetti vuole davvero una Lega che parla con il Partito popolare europeo (Ppe). Lo dice da un po’: il Carroccio deve uscire dall’angolino sovranista in cui si è infilato nel maggio dell’anno scorso. Adesso però non usa più veli. Dal palco di Catania, durante la kermesse al porto che ha radunato tutto lo stato maggiore del centrodestra e migliaia di sostenitori per dare supporto a Matteo Salvini in vista del processo sul caso Gregoretti questo sabato, Giorgetti va dritto al punto.
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“Penso che un partito come la Lega che governa, direttamente e indirettamente, 15 Regioni italiane abbia non soltanto il diritto, ma il dovere di dialogare con si candida a guidare la Cdu, il Ppe e l’Europa” ha detto il vice durante l’incontro. Non sono parole casuali, ma una road map disegnata dal primo consigliere del leader e dal responsabile Esteri del partito, volto di punta della vecchia e nuova guardia.
borghi salvini bagnai
“Dico come la penso io. Che ci piaccia o no, l’Europa esiste. L’Europa va dove va il Ppe, e il Ppe va dove va la Cdu tedesca”. La rivoluzione della Lega passa anche da Bruxelles. Lì inizia il re-styling che può accreditarla di fronte alle cancellerie (non solo) europee non più come partito di opposizione, “anti”, ma come forza di governo. Inutile bussare alla porta di Palazzo Chigi se in Europa non si tocca palla.
Dice Giorgetti: “Premesso che i matrimoni si fanno in due, se io dicessi che non me ne frega niente della Cdu e del Ppe direi una cretinata. Noi siamo un partito che governa bene e ha governato bene, quindi siamo uno dei protagonisti della politica europea”.
matteo salvini giancarlo giorgetti lorenzo fontana
Non è certo una boutade quella del numero due della Lega. Già nelle scorse settimane, all’indomani dello stop inferto dai risultati delle regionali, Giorgetti aveva fatto capire che un cambio di passo era necessario.
Come quando ha avvertito i suoi del rischio di finire etichettati come eterni filorussi agli occhi degli alleati, dopo quel voto della truppa leghista all’Europarlamento contro la risoluzione che condannava l’avvelenamento di Alexei Navalny. E non è l’unico ad avvertire il rischio “stigma”.
angela merkel e giuseppe conte by osho
Perfino l’ex ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, che certo non è tacciabile di appartenere alla schiera dei “moderati”, ha ammesso a Formiche.net che quel voto in solitaria “forse si poteva evitare”.
L’idea di aprire un canale con il Ppe comincia a fare proseliti fra i generali del Carroccio. In una recente intervista alla Fondazione De Gasperi (fondazione che, tra l’altro, fa riferimento proprio al Ppe), il presidente del Copasir Raffaele Volpi ha confessato che “forse bisogna nuovamente considerare quali sono gli spazi comuni”.
matteo salvini claudio borghi
Salvini per ora tira il freno. “Ho chiesto il voto degli italiani per cambiare l’Europa e la cambio con la Merkel?”, ha sbottato da Barbara D’Urso pochi giorni fa. Fra i suoi però cresce l’apprensione per la cavalcata europea di Giorgia Meloni, appena eletta presidente dei Conservatori europei, forte di un balzo nei sondaggi che un po’ deve anche alla svolta moderata di questi mesi.
2 – «In Europa comanda il Ppe ora dialogo con la Merkel»
Mario Ajello per “il Messaggero”
salvini giorgetti
dal nostro inviato La Lega di prima era un Carroccio schiacciasassi. Questa di adesso, nonostante l'ostentazione della forza qui a Catania con tutti a sostegno di Salvini in tribunale, è attraversata da dubbi. Perché la fase è diversa, perché è cambiata l'Europa, perché le Regionali non sono andate bene, perché la logica delle spallate continue non ha portato risultati finora, perché nel centrodestra l'astro di Giorgia Meloni cresce e la sua strategia di allargamento in Italia e di riposizionamento moderato in Europa è un'insidia che Salvini non può non vedere. E infatti, la vede eccome.
GIORGIA MELONI - PARTITO CONSERVATORI E RIFORMISTI EUROPEI
Il cambio di fase è assolutamente chiaro a Giancarlo Giorgetti il quale, dal palco della kermesse catanese della Lega, s' interroga su come il suo partito debba affrontare la fase nuova. Poi eccolo nel backstage il politico meno contundete tra i lumbard, si siede su una poltroncina, non parla del processo sulla Gregoretti ma disegna una road map che potrebbe portare a un cambiamento cruciale dell'identità del suo partito. «Vede, l'Europa ora dice quello che noi dicevamo da tempo. E' sparita l'austerità, parla di investimenti e di bisogni dei popoli».
LA ROAD MAP
MATTEO SALVINI CON MARINE LE PEN A PARIGI
Dunque siete pronti ad uscire dal vostro isolamento, a superare il ghetto di Identità e democrazia che condividete con la Le Pen, mentre la Meloni presiede i Conservatori e riformisti e s' è piazzata al centro della scena? «Io non dico - osserva Giorgetti - che dobbiamo entrare nel Ppe.
Ma dico che dobbiamo porci delle domande. La Lega non è un partito come quello della Le Pen, che ha guidato al massimo qualche città francese. Siamo il primo partito italiano, amministriamo con i nostri alleati 15 regioni, siamo una forza di governo nazionale da molto tempo e lo eravamo fino allo scorso anno. Il mio discorso è questo. L'Europa va dove va il Ppe e il Ppe va dove va la Cdu.
GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN
Il partito merkeliano farà il suo congresso, e io voglio vedere che tipo di trasformazione avrà perché può andare verso un dialogo con i Verdi, o prendere altri indirizzi per noi più interessanti. Ecco, va capito dove si rivolge quel partito che fa l'Europa e dialogarci». Sembra che Giorgetti stia dicendo che la Lega è pronta a entrare nel Ppe, anche se Salvini ha detto che così non è.
matteo salvini giancarlo giorgetti
Ma il responsabile Esteri del partito, e uomo di relazioni ad ampio raggio, non ha nessuna intenzione di mettersi a bisticciare con Matteo: non è il suo stile. Si limita, ma non è poco, e anzi questo può segnare una discontinuità profonda e rappresentare una mossa per rispondere all'Opa sulla coalizione del centrodestra e sulla leadership salvinista lanciata dalla Meloni, a ragionare così nel retropalco: «Dobbiamo farci conoscere dal Ppe. Quello è un partitone dove c'è di tutto. C'è Orban che la pensa come noi. Ci sono i bavaresi della Csu che parlano come Zaia.
SALVINI LE PEN
Io penso, per dirla con semplicità, che dobbiamo entrare a curiosare nella discoteca Ppe, dobbiamo capire e poi magari, chissà, col tempo finiremo pure per fidanzarci». Ma Giorgetti, lei sa che Salvini è di altro avviso? «Matteo non può non essere d'accordo, ha solo smentito che la Lega entra nel Ppe».
IL PARTITO
Di fatto esistono ormai due Leghe: una che vorrebbe continuare a testa bassa nel non moderatismo che non sta portando frutti, e un'altra che cerca di adottare uno sguardo più lungimirante. Giorgetti è della seconda scuola.
viktor orban e giorgia meloni atreju 2019
E comunque, per condividerli o meno anche gli altri big del Carroccio - da Lorenzo Fontana a Gian Marco Centinaio, in queste ore di prova di forza ma anche di intima fragilità - fanno gli stessi ragionamenti di Giorgetti, ossia cercano un nuovo senso alla Lega. Sennò «la Meloni ci sbrana», come dicono in molti qui a Catania. Giorgetti manifesta un timore: «Con la legge proporzionale finiamo tagliati fuori. O ci spostiamo un po' al centro oppure ci annientano».
Ma Salvini lo farà? «La linea politica la decide lui». Matteo, però, è sotto attacco giudiziario su tutti i campi, soldi alla Lega e inchieste varie. La sua leadership non rischia di indebolirsi pesantemente? «Una cosa è certa, le inchieste sulla Lega non porteranno a nulla di nulla, abbiamo la coscienza a posto. Quanto all'accanimento su Salvini, purtroppo quando ti picchiano, ti picchiano e ti picchiano, ti fanno male...».
Giorgetti Salvini