violenza su anziani
Anziani maltrattati ed umiliati, omissione di soccorso, esercizio abusivo della professione sanitaria: sono pesantissime le accuse nei confronti di quattro donne, arrestate ieri nell'ambito dell'inchiesta 'Inferno' del Nas di Bologna, coordinata dal procuratore Giuseppe Amato e dal Pm Manuela Cavallo. Nelle intercettazioni dei Carabinieri emergono anziani che implorano «aiuto, aiutatemi» o piangono lamentandosi del dolore, e la titolare della casa famiglia che risponde «arriva la morte, i tuoi parenti non arrivano più». Ad un'altra ospite che chiede acqua e che sarebbe morta qualche ora dopo, una collaboratrice replica: «Ma che c... dici acqua, acqua, acqua? Sei matta? Fai la brava o ti sparo».
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Le donne arrestate sono la titolare della casa famiglia 'Nino Aurelia' di Monteveglio, Aurelia Dragomir, 56 anni, di origine romena, e tre sue collaboratrici, le sorelle Luana, Antonella e Natascia Marchese, di 59, 63 e 45 anni, tutte residenti nel Modenese e finora incensurate. Il Gip di Bologna Francesca Zavaglia, nell'ordinanza con cui ha disposto per tutte la custodia cautelare agli arresti domiciliari, le definisce socialmente pericolose per la loro «incapacità di reprimere i propri impulsi aggressivi e vessatori», con l'ulteriore pericolo che, se lasciate in libertà, «commettano altri gravi delitti della stessa specie».
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Le indagini hanno fatto emergere vessazioni, violenze, minacce e umiliazioni sistematiche e continuate nei confronti di nove ospiti ultraottantenni, ai quali venivano anche somministrate terapie in assenza di prescrizione medica. La 56enne è una ex badante che nel 2017, prima di aprire la struttura di Monteveglio, si era vista chiudere per irregolarità amministrative un'altra comunità alloggio per anziani.
Le tre sorelle non erano assunte ma erano collaboratrici definite 'amiche volontarie' dalla titolare. Nessuna aveva qualifiche abilitanti alle professioni sanitarie. Per il Gip, intercettazioni ambientali e testimonianze hanno smascherato un «clima di generale sopraffazione e violenza nei confronti degli anziani ricoverati». Minacce e umiliazioni, anche a sfondo sessuale, erano spesso legati alle loro necessità quotidiane, come i bisogni corporali o l'assistenza al momento dei pasti e del bagno.
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Gli accertamenti sono partiti a gennaio dopo la morte, all'ospedale di Bazzano, di un 83enne ospite della casa famiglia. La direzione dell'ospedale aveva avvisato i Carabinieri, segnalando lesioni sospette sul corpo dell'anziano, poi il figlio della vittima ha fatto denuncia ai Nas. «Non avevo sospettato nulla -ha raccontato all'ANSA - mio padre mi diceva che lo trattavano male ma soffriva di demenza senile e non davo peso a quello che diceva, purtroppo.
Solo al pronto soccorso mi hanno detto che era stato legato gambe e braccia per molto tempo». L'uomo ritiene gli arresti domiciliari per le indagate una misura 'troppo soft' visto quello che hanno fatto, e si chiede se la titolare della struttura dorma tranquilla con la sua coscienza dopo essersi comportata così.
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In seguito alla chiusura della casa famiglia di Monteveglio tra febbraio e marzo, gli ospiti erano stati trasferiti in un hotel di Zocca, nel Modenese. Nell'albergo sarebbe stata portata avanti l'attività di assistenza agli anziani, in violazione della disciplina che regola il funzionamento delle strutture socio assistenziali, sia dal punto di vista fiscale che in riferimento alle misure di sicurezza sul lavoro e di prevenzione per il Covid-19.
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A luglio c'era stato un primo intervento di Carabinieri e Asl nell'hotel: tutti gli ospiti erano stati sottoposti a tampone (risultato negativo) e spostati in altre strutture idonee. Per le indagate erano scattate in quella fase sanzioni amministrative. Oggi si è arrivati a chiudere il cerchio anche sotto il profilo penale, con l'esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari.
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