Giuseppe Guastella per corriere.it
matteo salvini vladimir putin gianluca savoini
Tutto lascia prevedere che molto presto, forse prima di quanto si immagini, i magistrati di Milano metteranno mano ad una rogatoria da trasmettere all’autorità giudiziaria russa sulla vicenda che vede al centro la trattativa sulla compravendita, tra la Russia e l’Italia, di una partita di ben 3 milioni di tonnellate di gasolio e kerosene. Quella dalla quale, nelle parole di chi progettava l’affare, sarebbe dovuto derivare un finanziamento di 65 milioni di dollari destinato alla Lega di Matteo Salvini per la campagna elettorale delle ultime Europee.
La rogatoria è indispensabile ai pm milanesi Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, coordinati dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, per individuare se c’è stato un flusso di denaro tra Russia e Italia, ma anche per identificare tutti coloro che hanno partecipato il 18 ottobre scorso alla riunione d’affari nello storico Hotel Metropol di Mosca e chiedere ai colleghi russi di indagare su di loro.
vladimir putin brinda con giuseppe conte e salvini con savoini sullo sfondo
Dalla registrazione segreta del meeting, finita non si sa come sul sito americano BuzzFeed, ma ancora prima nell’inchiesta aperta a febbraio a Milano, emerge che alla riunione partecipavano tre russi e tre italiani. Di due russi non si capiscono i nomi, il terzo si chiama Ilya. Uno degli italiani è identificato come Gianluca Savoini, uomo del vicepremier Salvini e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, degli italiani restanti si sa che sono un avvocato che si chiama Luca e un tale Francesco. È Luca, che sembra molto esperto delle procedure di compravendita dei prodotti petroliferi, a condurre la trattativa dopo un’introduzione «politica» di Savoini il quale, proponendosi come uomo della Lega, con certa dose di solennità assicura che il suo partito vuole un’Italia più vicina alla Russia nello scacchiere internazionale.
matteo salvini vladimir putin luigi di maio
Savoini è, al momento, l’unico indagato dell’inchiesta: è accusato di corruzione internazionale per le promesse di un ritorno di denaro fatte ai tre russi, che la Procura individua come pubblici ufficiali. È l’avvocato «Luca», però, a dire esplicitamente che il denaro (il 4% dell’affare, ricavato da uno sconto applicato dalla compagnia pubblica russa) servirà a sostenere la campagna elettorale. I pm stanno lavorando per identificare Luca e Francesco, che concorrono nella corruzione internazionale che si concretizza anche con la sola promessa di una tangente.
Per identificare tutti i partecipanti, è stata incaricata la GdF di Milano di acquisire i conti correnti bancari intestati a Savoini e i tabulati delle sue utenze telefoniche in modo da accertare con chi ha avuto contatti e con chi si è incontrato, visto che consentono di tracciare gli spostamenti di chi usa il cellulare. Come quelli per andare ad un’altra riunione, di cui si fa cenno nella registrazione, che si sarebbe tenuta a Roma nei giorni precedenti al Metropol.
SOSPETTI, SERVIZI E ADESSO UN TIMORE
Francesco Verderami per il Corriere della Sera
gianluca buonanno, lorenzo fontana, and matteo salvini contro le sanzioni alla russia
«Giancarlo, sono stati i servizi», sussurra il dirigente leghista all' orecchio di Giorgetti.
Il sottosegretario alla Presidenza poggia una mano sulla spalla dell' interlocutore e con un sorriso gli risponde: «Sì, ma quali?».
La conoscenza degli apparati è fondamentale per districarsi in certe situazioni. E magari serve anche il controllo.
Nei giorni della formazione del governo, proprio Giorgetti insistette con Salvini perché il Carroccio ottenesse la delega sugli 007: «Ma se io vado al Viminale non ce la danno. Troppi poteri, dicono». E infatti la delega alla fine se la tenne Conte. Da allora passò del tempo prima che il ministro dell' Interno riuscisse a indicare un vice ai vertici della catena di comando: «E so io quanto ho dovuto faticare». Non è dato sapere se il leader leghista l' abbia consultato per capire, per avere indicazioni e magari chiarimenti su «cosa» e soprattutto «chi» si stia muovendo dietro l'«affaire Metropol».
vladimir putin e gianluca savoini
Orientarsi in questo campo è assai complicato, «non a caso si chiamano servizi e si pronunciano al plurale», spiega l' ex ministro Rotondi: «Anche ai tempi dei governi Berlusconi c' erano quelli che facevano riferimento agli uni e quelli che facevano riferimento agli altri. Ora per di più si usa il trojan... Una volta era diverso. Ricordo quando ci fu la scissione del Ppi, e noi del Cdu facemmo bonificare le stanze a piazza del Gesù. Scoprimmo che al nostro piano c' erano una ventina di microspie, e che al piano dei popolari ce n' erano altrettante.
Chiamai il loro segretario, Castagnetti, gli chiesi se voleva fare pulizia. Mi rispose di no, tanto le avrebbero rimesse. E lui voleva risparmiare».
matteo salvini gianluca savoini a mosca
Non ingannino i toni sarcastici che oggi Salvini usa verso i magistrati e verso i media, per mostrarsi sereno dinnanzi alla faccenda. Lontano dai microfoni i toni sono diversi e gravi: «Un' intercettazione fatta a Mosca...». E il problema non è il fatto contestato, questa storia di petrolio russo e danari americani da destinare alla Lega. Se è vero che non è vero niente, come dice il ministro dell' Interno, restano da chiarire «molti punti oscuri», come l' altro ieri è stato evidenziato in una riunione del Carroccio: va interpretata la tempistica scelta per la pubblicazione del file registrato all' hotel Metropol, va verificato «se si tratta di uno spot o arriverà dell' altro». E va scoperto se c' entrano «gli uni», «gli altri», o «altri ancora» di provenienza straniera.
È giustificato che Salvini si senta «minacciato» da un' entità che percepisce ma non afferra, che lo costringe per la prima volta a cambiare postura e narrazione, che gli impone di spiegare, precisare, puntualizzare. Tutto al momento ruota attorno al ruolo del solo Savoini, scaricato dalla Lega come se fosse uno della Lega a insaputa della Lega, nonostante figurasse in incontri istituzionali e persino tra gli invitati alla cena di gala offerta da Conte a Putin.
salvini a mosca con gianluca savoini e claudio d'amico
Ma c' è qualcosa che non torna: davvero nel Carroccio non sapevano nulla di quanto stava per accadere? Perché di Savoini parlavano da tempo tutti i partiti, ben prima delle inchieste giornalistiche: nel luglio dello scorso anno il Pd presentò un' interrogazione parlamentare; e in ottobre - durante una riunione di Forza Italia - venne riferito a Berlusconi che «Savoini rischia di mettere nei casini Salvini».
Ora che non si parla d' altro nel Palazzo, il Cavaliere preferisce proseguire con un profilo basso. Il motivo è chiaro.
Nella vicenda sono finiti - a vario titolo - l' alleato vice premier, che non sopporta e dal quale però non vuole distaccarsi, e l' amico presidente, che ha visto una settimana fa all' aeroporto di Roma e con il quale si è dato un nuovo appuntamento a Mosca.
Ma se non parla in pubblico, nei colloqui con i dirigenti del partito Berlusconi spiega che «i rapporti della Russia con Salvini non sono così forti»: «Quelli», riferito a entrambi i partiti di governo, «si erano impegnati a lavorare per togliere le sanzioni e alla fine non hanno fatto nulla». In ogni caso, ad uno come lui che ha vissuto (e subìto) certe situazioni, l'«affaire Metropol» appare come «un colpo per indebolire Salvini». Sì, ma chi l' ha sferrato: gli «uni», gli «altri» o gli «altri ancora»?
GIANCARLO GIORGETTI lorenzo fontana, marine le pen, matteo salvini, max ferrari e gianluca savoini