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    ART (SPIA) BASEL - NON C'E' TRIPPA PER VIP. SECONDO IL "NEW YORK TIMES" LA FIERA E' ORMAI UNO SPECCHIETTO PER ALLODOLE. I COLLEZIONISTI DAVVERO POTENTI COMPRANO PRIMA. GRAZIE A MAIL, ALLEGATI E JPEG BOMBING


     
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    un'opera alla fiera di Basilea un'opera alla fiera di Basilea

    Alessandra Mammì per Dagospia

     

    Non ci si può fidare neanche di Art Basel. Tantomeno di quelle tesserine V.I.P che permettono agli happy few di entrare due giorni prima degli altri, sentirsi classe alta- privilegiata e scegliere la miglior merce. Poveri illusi. Anche qui nella più potente fiera del mondo (immaginiamoci le altre) c'è il trucco da mercato levantino. Ed è il “New York Times” che lo scrive e “Art Market Monitor” che lo conferma.

     

    stand della Galleria dello scudo stand della Galleria dello scudo

    “Jpeg bombing” è chiamata quella valanga di e-mail con allegati e foto in alta, che i galleristi mandano ai super ricchi del mondo prima della Prima. Perché possano opzionare o comprare direttamente i lavori che altri poi ( sempre super ricchi ma più sfigati di loro) vedranno in Svizzera.

     

    E dunque quella folla griffata, accalcata ai cancelli per la V.I.P preview destinata come da programna ai “First Choichers”, convinta di essere davvero privilegiata, era invece destinata senza saperlo agli scarti. Quelli che contano davvero avevano già scelto. Seduti in pigiama sul divano col laptop sulle ginocchia.

     

    Art Basel Art Basel

    Judith Selkowitzart adviser di professione si è dichiarata molto irritata : “Ho volato per otto ore, sono arrivata tra inprimi, ho girato per tutta la fiera, e ogni volta che visto qualcosa di interessante mi han detto: “mi dispiace è già venduto”

     

    Immagini da artbasel Immagini da artbasel

    Del resto i mercanti lo confessano. Amy Cappelazzo ( Art Agency Partners) ammette di aver comprato due lavori di cui uno per 1 milione di dollari, prima della Prima. Todd Levin, un consulente di una fondazione, ne comprati sei e opzionati parecchi altri direttamente da casa. Jonathan Binstock per Citi Private Bank ha pre-acquisito un lavoro di circa 5oomila dollari.

     

    A giustificazione di questo malcostume c'è il fatto che Art Basel tra le fiere èf orse la più cara. Il prezzo medio per gli espositori supera i 150mila dollari che comprendono il costo dello stand, del personale, dei trasporti, più rappresentanza e accoglienza clienti a cominciare dallo champagne ( millesimato, lì il minimo). Quindi la prevendita assicura al gallerista almeno un rientro immediato delle spese.

    Artbasel Artbasel

     

    Stand di Thaddeus Ropac Stand di Thaddeus Ropac

    Anche se c'è da chiedersi a questo punto che senso abbia continuare a mantenere in piedi tutto questo rituale, quando al business basterebbe una foto ad alta risoluzione spedita per mail. Tanto che guardando i risultati delle ultime quotazioni e la crescita esponenziale della pittura a tinte forti che ha convertito al genere anche artisti provocatori come Paul McCarthy ( una sua colorata prova astratta “Ws Dior” è stata venduta da Hauser &Wirth per 950mila dollari) o il neo-neo-dada Urs Fischer anche lui da Sodie Coles bello, colorato e piatto su tela (6OOmila dollari) il “New York Times” si chiede se tanto ritorno ai pennelli non sia dovuto alla forza di persuasione del Jpeg e dell'arte ai tempi di Instagram.

     

     

    Haugue Yang Haugue Yang

    Ma per ora secondo l'art dealer new yorkese Marianne Boesky la fiera come istituzione quasi sacra è salva. Nonostante la potenza del digitale per un collezionista è ancora necessario il pellegrinaggio. E l'ideale per lui è dunque poter opzionare l'opera prima degli altri, e sentirsi più potente degli altri ma poi ratificare l'acquisto durante la trasferta in Svizzera. Solo così l' esperienza è completa. E son soddisfazioni!

     

     

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