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    ASCESA E CADUTA DI "MARCELLONE" DE VITO - POTEVA ESSERE SINDACO DI ROMA SE GIANROBERTO CASALEGGIO NON GLI AVESSE PREFERITO LA RAGGI E PER UNA BRUTTA STORIA DI DOSSIER SU POSSIBILI IRREGOLARITÀ IN UNA PRATICA DI SANATORIA - ERA CONSIDERATO IL PIU’ ORTODOSSO, A LUI CHE FACEVA RIFERIMENTO GRILLO NEI GIORNI BUI DELLA GIUNTA RAGGI - IPERGIUSTIZIALISTA, E’ FINITO GIUBILATO…


     
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    1 - ASCESA E CADUTA DI "MARCELLONE", L' ANTI-RAGGI CHE HA IMPARATO A FLIRTARE CON I COSTRUTTORI

    Ilario Lombardo per “la Stampa”

     

    MARCELLO DE VITO A REGINA COELI MARCELLO DE VITO A REGINA COELI

    Un giorno, non molto lontano, basterà semplicemente la frase pronunciata dall' avvocato Camillo Mazzacapo a Marcello De Vito, «Marce', dobbiamo sfruttarla sta cosa», per ripiombare nell' atmosfera di ieri, di oggi, di questa Terza Repubblica già moralmente ammaccata, un po' come avviene quando sentiamo la mitica «A Fra' che ti serve» e subito ritorniamo alla Prima Repubblica, ai suoi mondi di maneggioni e favori, di imprenditori e politici che facevano comunella di potere e di soldi.

     

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    Della biografia politica del presidente del consiglio comunale di Roma Marcello De Vito si può dire in poche righe quello che ora tutti nel M5S tacciono: che oggi poteva essere il sindaco di Roma, se non fosse stato (forse) per una brutta storia di dossier e non ci fosse stato (certamente) lo zampino di Gianroberto Casaleggio che gli preferì Virginia Raggi perché aveva più sicurezza e più presenza in video. Ma De Vito dava garanzia di purezza nel M5S, come dimostra lo choc generalizzato dei colleghi. «Marcellone», per gli amici che gli riconoscevano la stazza fisica e la bontà, era da sempre considerato il più ortodosso a Roma, l' altra metà di Roberta Lombardi a cui è indissolubilmente associato.

    MARCELLO DE VITO A REGINA COELI MARCELLO DE VITO A REGINA COELI

     

    Emerso dalla truce guerra tra bande che erano i meet-up romani e laziali, fu il candidato sindaco perdente contro Ignazio Marino nel 2013. Tre anni di consiliatura, poi la giunta Pd che cade e la speranza questa volta di farcela, ammazzata, confidava lui, dal dossier a uso interno raccolto - disse Lombardi ai pm - dagli altri tre consiglieri grillini Daniele Frongia, Enrico Stèfano e la futura sindaca Raggi.

     

    Non l' ha mai davvero mandato giù quel boccone avvelenato, nonostante il premio di consolazione dell' assemblea capitolina, forte del massimo dei voti presi da un candidato 5 Stelle a Roma. Dissimulava una serenità inesistente, come spesso si fa nel M5S straziato e abituato alle faide: «Sto zitto per il bene del Movimento». Raccontano che era a lui che faceva riferimento Beppe Grillo nei giorni peggiori della tormentata giunta Raggi, già prima degli arresti del braccio destro Raffaele Marra e dell' imprenditore messo a capo di Acea Luca Lanzalone.

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    Ma Roma è sempre Roma, il suo microcosmo asfittico, la sua gola frettolosa di guadagni. «A Fra' che ti serve» fu la frase di rito degli Anni Ottanta, che tutto conteneva, attribuita a Gaetano Caltagirone, re dell' edilizia romana, quando riceveva una telefonata da Franco Evangelisti, uomo ombra di Giulio Andreotti.

     

    Quel saluto un po' annoiato un po' indolente («A Fra'...»), sempre disincantato e sbrigativo come è la romanità nel suo spirito più profondo, è lo slogan del principio di scambio fondativo di un impero politico finanziario finito in briciole con Tangentopoli, per rinnovarsi sotto altre forme e altri nomi. E così oggi in quell' avvertimento fraterno a De Vito - «Noi Marce' dobbiamo sfruttarla sta cosa, ci rimangono due anni» - l'avvocato Mazzacapo sta inconsapevolmente incarnando lo spirito dei tempi nuovi, la precarietà della politica, il mordi e fuggi della tribù che si sa a breve scadenza, perché improvvisata e fortuita.

     

    MARCELLO DE VITO A REGINA COELI MARCELLO DE VITO A REGINA COELI

    Un'altra contrazione dialettale in romanesco che dice meglio di mille analisi: razziare finché si è in tempo, perché quando ti ricapita il governo nazionale e di Roma assieme? E chi lo può sapere se mai il M5S tornerà a guidare il Campidoglio? Il M5S teorizza che siamo tutti passeggeri in politica e il potere svanisce nelle mani di chi lo possiede. Eppure De Vito sembrava essersi affezionato al suo ruolo, in una città dove ci sono sempre due, tre città dentro. Nove giorni fa, il 12 marzo, è arrivato persino a dire sulle Olimpiadi: «Non farle è stata scelta prudenziale, oggi forse sarebbe stato diverso».

     

    Si trovava di fronte a una platea di costruttori romani. Due anni di amministrazione irrobustiscono la fiducia e le relazioni. Basta tornare indietro, però, alle carte del primo filone di inchiesta sullo stadio della Roma, lo scorso giugno, per capire che erano già state lasciate le tracce di questo epilogo. A quando il gip appuntava che De Vito e l' ex capogruppo Paolo Ferrara si erano attivati per chiedere all' imprenditore Luca Parnasi «di promuovere la campagna elettorale» di Lombardi alla Regione Lazio.

    Ferrara, che si era mosso anche per spingere un progetto di restyling della sua Ostia, è ancora indagato. De Vito, invece, ha continuato a rispondere al telefono a chi lo chiamava affettuosamente «Marce'... ».

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    2 - L'EX ROBESPIERRE (CON LE ARANCE) CHE ADDITAVA GLI AVVERSARI «VIA LA CORRUZIONE»

    Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”

     

    Le arance! Chissà se certe anime pure grilline, furenti per l' abietta visita in Campidoglio dei «neri» di CasaPound con le arance per Marcello De Vito, hanno rivissuto ieri il giorno in cui quella visita la fecero loro. Era il 3 dicembre 2014 e a portare beffardi gli agrumi, spiegando che si trattava di un dono simbolico per i carcerati, c' erano Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e lui, il presidente del consiglio comunale ora a Regina Coeli. Venuti a chiedere le istantanee dimissioni di Ignazio Marino. Chi di arance ferisce, di arance perisce.

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    Era proprio il grillino appena ammanettato e inchiodato da quella telefonata sui quattrini («distribuiamoceli, questi»), uno dei più accaniti fustigatori dei cattivi costumi capitolini. Basti risentire il suo spot elettorale: «Le mani libere del Movimento 5 Stelle rappresentano un valore importantissimo per Roma. Per la prima volta possiamo andare a colpire gli sprechi, i privilegi e la corruzione con cui i partiti di destra e di sinistra, indifferentemente, hanno campato per anni sulle spalle dei cittadini romani».

     

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    O rileggere alcuni dei tweet lanciati in questi anni, soprattutto dal 2013 (quando fu il candidato a sindaco del MoVimento) al 2016, quando corse alle nuove «comunali» al fianco, si fa per dire, di Virginia Raggi: «Rapporto choc: corruzione in ogni settore! Ecco perché servono le nostre mani libere!», «Spazzeremo via sprechi privilegi e corruzione», «Mafia capitale, corruzione, conti fuori controllo, disservizi E vogliamo anche organizzare le Olimpiadi?!» «Ecco cosa lasciano il Pd e il Pdl nelle municipalizzate di Roma: sprechi, privilegi, corruzione e Parentopoli!» «Buche a Roma. Tangenti e intercettazioni: tutti corrotti!»

     

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    Tutti meno lui, ovvio. Rigido. Rigidissimo. Un gendarme dell'ortodossia. Anche se, a proposito di Parentopoli, non è mancato chi gli ha rinfacciato la carriera parallela della sorella Francesca De Vito. Eletta consigliera l'anno scorso alla Regione Lazio (indovinate con chi?) facendo immaginare ai più maliziosi una sorta di zuccherino per addolcire la sua grinta combattiva contro Virginia Raggi, vista in famiglia come una specie di usurpatrice.

    Dice tutto uno sfogo pubblicato su Facebook alla fine di agosto 2016. Siamo nel pieno delle risse intestine sulla sindaca e il suo cerchio magico.

     

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    Cui viene attribuito a torto o a ragione, citiamo l'Ansa, un «presunto dossier contro De Vito», su possibili irregolarità in una pratica di sanatoria, «che a fine 2015 avrebbe danneggiato la sua possibile candidatura a sindaco di Roma». Vero? Falso? Certo è che Francesca, sventagliando raffiche di punti esclamativi, attacca: «Adesso basta!!! Dovevamo dimostrare la differenza e la non continuità con il passato e io da attivista lo pretendo!!!

     

    () Che Virginia abbia sentito il bisogno di circondarsi di "persone di fiducia" ci può anche stare... malgrado alcune scelte lascino il boccone amaro in bocca a molti.... che poi però ogni persona di fiducia, compreso Daniele (Frongia, ndr ) debba circondarsi di "amichetti di merende"...questo diventa inaccettabile!!!!»

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    Quindi (punteggiatura e stile sono a carico suo) la consigliera regionale insiste: «Nessuno ha mai pensato di arricchirsi con il movimento né tanto meno di fare "piaceri" a qualcuno. ...non vi permettete di cominciare voi... non ce lo meritiamo e non se lo merita Roma. Ciò che sta avvenendo è inaccettabile!!...e noi saremo il vostro peggior nemico!!» () preferisco perdere e poter continuare a criticare gli altri piuttosto che vincere e dover ingoiare simili bocconi!!!!»

     

    Un capolavoro. Che convince i compagni di partito, un anno e mezzo dopo, a far spazio alla fumantina parente elevandola a Vice Presidente della Commissione Sviluppo economico e attività produttive regionale. Come se la caverà, vedremo. Chi difficilmente riavremo occasione di vedere all' opera, dato l'«infortunio giudiziario», è proprio il fratello, Marcello. Il quale, certo nel 2013 di esser destinato alla vittoria dato il successo grillino alle Politiche nei collegi capitolini, diede al nostro Fabrizio Roncone, per Style, un' intervista traboccante di scenari luminosi.

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    Spiegò d'aver deciso di far politica spinto da Beppe Grillo: «Ognuno deve prendere una parte della propria vita e dedicarla agli altri». D'esser nato a Monte Sacro. Di avere una utilitaria che però non usava: meglio i mezzi pubblici. «Quando sarò sindaco perciò», promise, «è chiaro che arriverò in ufficio con il bus, come un cittadino qualsiasi.

    Anzi, il viaggio sarà occasione per ascoltare richieste, lamentele, suggerimenti». Niente auto blu e «anche allo stadio pagherò il biglietto».

     

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    Respinta la domanda su chi votasse prima («Preferirei che il mio vecchio orientamento politico restasse segreto»), rivelò volentieri il programma, una volta arrivato a comandare in Campidoglio: rivedere tutti i conti in rosso lasciati da Gianni Alemanno e dai sindaci precedenti, cambiare l' Ama (rifiuti), cambiare l' Acea (acqua ed energia), far sì che «quelle società tornino a esser pubbliche» e «rivoluzionare la viabilità» puntando su bus e tram. «Ma non basta», aggiunse, «Abbiamo intenzione di attuare un piano per realizzare 1.000 chilometri di piste ciclabili».

     

    Mille. Su e giù pei colli E poi promise «una raccolta differenziata al 60%» e senza inceneritori e discariche e un «formidabile attacco» all' abusivismo edilizio e «meno vigili dietro le scrivanie e più vigili per strada» «Un programma ambizioso», gli obiettò Roncone. «Noi vogliamo, letteralmente, far svoltare Roma». Già che c' era, precisò anzi che i Fori Imperiali e Trastevere andavano pedonalizzati.

    marcello de vito con la moglie giovanna marcello de vito con la moglie giovanna

     

    Ma tutto, certo, sarebbe stato deciso insieme con i cittadini: «Le sedute del consiglio comunale saranno tutte date in streaming». Trasparenza, trasparenza, trasparenza E come va a finire, tutto questo? Col giustizialista giustiziato, il giorno della copertura in Senato a Matteo Salvini, senza un filo di dubbio garantista.

     

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