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Natalia Aspesi per "la Repubblica" - Estratti
Non ci fosse stato il femminismo, attorno ai diciassette anni mi sarei maritata contenta con un ragioniere del Comune, uno dei tanti che sposavano la bruttina, cioè io, così avrebbero avuto minori spasimi di gelosia, ma si sa che anche le bruttine, soprattutto allora, arano abbastanza furbe da guardarsi attorno. Non ci fosse stato il femminismo, gli eventuali miei figli sarebbero oggi vivaci ottantenni forse un po’ fascisti, proprio per vendicarsi di me.
Nella realtà io ero una giovane giornalista a cui veniva da ridere vedendo, già alla fine degli anni ’50, arrivare da noi dei signori fintamente democristiani, a parlare di una americanata molto americana, cioè dei loro femministici libri incendiari, detti femministi, sostenuti anche da belle magre rosse dall’aria scopona che poi tutti sapevano essere un gran bellezza tipo Germaine Greer.
Solo verso la metà degli anni ’60 arrivarono le universitarie italiane, soprattutto da Padova e dal gruppo Diotima da cui ebbero la più grande idea del secolo ormai passato: inventarono il famoso Salario Domestico da dare alle casalinghe che allora erano milioni. E vedi che tanti anni dopo è sempre il governo a dire No!, chiamandolo Salario Minimo e dandolo non alle casalinghe ma a chi lavora limitandosi a nutrire tutta l’allegra famigliola con, mettiamo, un abbondante tozzo di pane. Noi giovani eravamo lì felici, neppure un nonno che ci aveva molestato, mani sul sedere in abbondanza ma quelle facevano ridere, e in attesa di questo femminismo che tardava ad arrivare ci si arrangiava.
E per esempio ricordo il caro ragionier Chiappe, un cicciotto severo, che mi chiamò dalla redazione della Notte cui collaboravo e mi disse: «Signora, lei faccia quel che vuole, ma qui da noi non assumeremo mai una donna». Peccato! C’erano anche giornali modernissimi, che si diceva assumevano anche donne per parlare di moda, e infatti c’era la voce che non certo Il Corriere ma Il Giorno aveva addirittura una cosa massima, una donna, la sola che si era licenziata per solidarietà col direttore anche lui cacciato (roba di democristiani): mi ci infilai. E conobbi la forza del maschio, di cui non mi ero mai occupata se non innamorandomi.
Un giorno vidi un gruppo di grandi teste che discutevano su un film e io, sciocchina, passando accanto dissi il nome del regista: subito severamente e sprezzantemente il cicciotto (in questa storia ce ne sono parecchi) mi disse: «Non fare la saccente!».
Qui mancava ancora il femminismo e da quel momento giurai che li avrei sedotti con la mia debolezza e fragilità. Uno dei primi servizi fu il matrimonio di Anna Maria Mussolini con il Negri, di cui mi ricordo solo una scalata di giornalisti, uno sull’altro, e solo alla fine sulla mia gonna dovevano essere passate molte manate. Feci una cosa sottofemminista. Mi ricordai che quello di lasciar perdere certe avventure senza conseguenze (mano sul sedere, so che adesso si tratta di molestie crudeli) mi avrebbe di molto aiutata nel nuovo mestiere. Ma intanto io andavo da una parte e le mie brave colleghe dall’altra.
Il femminismo ormai era obbligatorio e io, mentre con la testa li seguivo contenta e ne intervistavo a iosa, per il resto mantenevo una certa distanza innamorandomi in continuazione di tipi coi begli occhi, che si sa non portano a molto se poi li tengono chiusi. La mia vita poi se ne andò da una parte bella, e su quella non ho nulla da dire. Se non che è stato bello. Ma del pensiero, il femminismo che ormai per me ha quasi ottant’anni, e forse è stufo anche lui. Dove va? Come si comporta? Che fa? Cosa gli è rimasto di cui occuparsi? Ne ha passate di ogni tipo, per fortuna ha accontentato anche lesbiche, gay. Ha dei pensieri con le fluttuanti? E i non scopanti? E non so? E poi perché tutte a nome del femminismo?
Io ci ho i miei novantenni (eccomi!) che mi seguiranno a iosa. Il fatto è che in un certo senso l’uomo-uomo, l’uomo che noi diremmo uomo, è quasi scomparso, come se l’8 marzo lo avesse divorato.
Guardiamo attentamente i giornali — giornali (su Instagram e Facebook c’è troppo casino) — e vedo: maschi completamente armati con armi in testa che guardano per aria. Maschi della moda neri, solo neri, ormai. Maschi orribili della politica che non vorresti per nessuna ragione soprattutto con quella camiciola. E per esempio, Donzelli lo vorresti? E il Tajani? Cui dovresti dare un cordiale? Non so, per dire, Bonaccini con la barba bianca? Meloni o Schlein? Anche in politica non c’è scelta.
giorgia meloni stefano bonaccini
Non si vuole dare consigli alle giovani femministe che cominciano a non saper che fare. Pazienza ragazze, sempre che non abbiate dei bei giovanotti che sanno come si può spingere una signora a spogliarsi, avendo ritrovato su un vecchio libro “come farle fremere” (molto più soddisfacente del vile, odioso stupro).
natalia aspesi 15elly schlein foto di bacconatalia aspesi 11natalia aspesi 14
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