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    ASTALDI DIMEZZATA – IERI HA PERSO IN BORSA IL 34%, IL GIORNO PRIMA UN ALTRO 17%. OGGI IL TITOLO RIMBALZA E SEGNA +5 – A SCATENARE LE VENDITE UN AUMENTO DI CAPITALE DA 200 MILIONI, E LA CONSOB INDAGA PER INSIDER TRADING – MALE GLI AFFARI IN VENEZUELA E TURCHIA


     
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    Luigi Grassia per ‘La Stampa’

     

    Stefano Cerri, ad Astaldi Stefano Cerri, ad Astaldi

    C' è stato un altro bagno di sangue in Borsa per le azioni di Astaldi, che nella sola giornata di ieri hanno perso più di un terzo del valore (-34,56% a 3,09 euro dopo varie sospensioni per eccesso di ribasso). A scatenare le vendite è stata la prospettiva di un aumento di capitale da 200 milioni, che costringerà i soci a mettere mano al portafoglio, oppure a subire una perdita sul capitale.

     

    Lunedì il gruppo di costruzioni aveva rinviato il consiglio di amministrazione sulla trimestrale dall' 8 al 14 novembre «per intervenute esigenze organizzative» non meglio precisate, e mercoledì il titolo Astaldi aveva perso il 17%, con scambi moltiplicati per quattro rispetto al volume abituale, senza ragione apparente.

     

     

    Su questo ribasso e la Consob sta già indagando, perché la dinamica dei fatti suscita il sospetto di una fuga di notizie, e che qualcuno abbia commesso il reato di insider trading (abuso di informazioni privilegiate). Proprio il -17% di mercoledì ha spinto la società, di comune accordo con la Consob, a rendere noto ieri, prima della riapertura dei mercati, di avere allo studio un aumento di capitale da 200 milioni. Adesso l' autorità di vigilanza della Borsa sta cercando di ricostruire con gli intermediari che cosa è successo mercoledì, chi ha avuto accesso alle informazioni privilegiate, e chi le ha (in ipotesi) utilizzate in modo fraudolento.

     

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    Ma come mai Astaldi è costretta ad aumentare il capitale? Il gruppo romano, attivo nel settore delle costruzioni in circa settanta Paesi, è indebitato per 2,1 miliardi di euro e sta cercando di rendere più solida la sua struttura finanziaria, con una manovra su più fronti: si tratta di trovare soldi freschi, rinegoziare una parte del debito allungandone la scadenza, ma anche di cedere alcune attività legate a debitori poco solvibili, perché colpiti dalla crisi economica, oppure dalle turbolenze politiche, o da tutte e due le calamità.

     

    Il piano industriale di Astaldi al 2021 prevede cessioni di attività per circa 750 milioni di euro, di cui 250 milioni già realizzate, e l' uscita da Paesi con i quali il gruppo ha fatto affari in passato ma che adesso appaiono a rischio, ad esempio la Turchia e il Venezuela. Tuttavia queste misure non sembrano bastare al mercato, che si interroga sul reale valore delle attività messe in vendita.

    ASTALDI E RENZI ASTALDI E RENZI

     

    Secondo Banca Akros uno dei fattori di debolezza riguarda «il prezzo di vendita delle concessioni in Turchia». Invece Fidentiis teme soprattutto svalutazioni in Venezuela, Paese che ha avviato la ristrutturazione del debito e verso il quale Astaldi è esposta per 418 milioni, di cui 270 rappresentati da crediti e 148 milioni legati a lavori in corso. Secondo gli analisti di Equita, «senza una decisa riduzione dell' esposizione alle concessioni la dimensione dell' aumento di capitale è insufficiente a risolvere il problema del debito».

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