Maria Egizia Fiaschetti per il Corriere della Sera
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Ancora un giorno per provare a convincere gli indecisi, prima del silenzio che scatterà domani a 24 ore dall' apertura dei seggi (per votare, domenica dalle 8 alle 20, servono documento e tessera elettorale). Sono le battute finali del confronto sul referendum consultivo per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico di Roma, sul quale sono chiamati a esprimersi 2,4 milioni di cittadini.
Ieri anche Sabrina Ferilli ha invitato i romani a andare a votare.
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Nell' ultima settimana i Radicali, promotori della campagna, hanno moltiplicato i banchetti per diffondere il tam-tam sul territorio. Ma un militante di lungo corso ammette: «Sarà difficile raggiungere il quorum, quasi 800 mila Sì. Potremmo dirci soddisfatti se arrivassimo a 300 mila». Sul tetto minimo di votanti, un terzo degli aventi diritto, si è aperta una diatriba che rischia di finire davanti al Tar: «Il Comune ha indetto il referendum su Atac lo stesso giorno in cui ha approvato la modifica dello Statuto, che per quello consultivo non prevede il quorum - protesta Alessandro Capriccioli, segretario dei Radicali Roma - . Non si capisce perché sia rimasto, ma se centinaia di migliaia di cittadini fossero a favore sarebbe un dato politico del quale si dovrà tenere conto».
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Nel Pd la maggioranza ha sposato la battaglia - dal «turborenziano» Luciano Nobili a Roberto Giachetti fino all' ex vicesindaco Walter Tocci - ma alcuni, alla spicciolata, potrebbero non allinearsi. «Nel partito ha prevalso il "Sì" - ribadisce il capogruppo dem in assemblea capitolina, Giulio Pelonzi - . Speriamo che si raggiunga il quorum, la gestione scellerata di questa giunta rischia di segnare il destino dell' azienda». Favorevole all' apertura al libero mercato anche Forza Italia: «Atac deve essere valorizzata con una governance mista pubblico-privata che affianchi alle competenze specialistiche presenti in azienda l' approccio privatistico alla gestione delle commesse, mantenendo all' interno di Roma Capitale le funzioni di indirizzo e controllo», sottolinea Davide Bordoni, portavoce azzurro in aula Giulio Cesare.
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Sul fronte opposto la Lega, che ha già lanciato l' opa sul Campidoglio se la sindaca dovesse dimettersi in caso di condanna: «Il referendum è uno spreco di soldi che non risolve nulla - osserva Maurizio Politi, l' unico consigliere comunale del Carroccio -. L' azienda va riformata, ma la strada da seguire non è la messa a gara».
Indicazione di voto contraria anche da FdI: «La liberalizzazione c' è già con il 20% affidato a Roma Tpl e non mi sembra che la qualità sia migliore - ribadisce il capogruppo, Andrea De Priamo -. E poi se Atac diventasse una bad company salterebbe il concordato...». Scontata la linea del M5S, convinto che l' azienda debba rimanere pubblica. Posizione sulla quale converge anche la consigliera dissidente Cristina Grancio, passata al gruppo Misto: «Non ci si può arrendere all' idea che il privato sia la soluzione».
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