Francesco Bei per "la Repubblica"
mario draghi in conferenza stampa
Quanto possano cambiare in fretta regole che sembravano scolpite nella pietra, come quelle alla base del Patto di Stabilità citato da Paolo Gentiloni, lo dimostra un retroscena gustoso raccontato ieri dal ministro dell'economia francese, Bruno Le Maire, parlando a porte chiuse agli imprenditori radunati a Cernobbio. «Ricordo quando andai a Berlino la prima volta a incontrare il mio collega Schauble. Prima della conferenza stampa mi disse: "puoi usare tutte le parole che vuoi, ma dimenticati la parola eurobond". Per i rigoristi tedeschi era un tabù.
PAOLO GENTILONI E MARIO DRAGHI
Quattro anni dopo abbiamo varato il debito comune!». L'aneddoto che ha deliziato la platea blindatissima di Villa d'Este rende bene quale potente acceleratore di novità sia stata la crisi del Covid sulle regole europee. Specie quelle fiscali. Il totem del Patto di Stabilità è stato abbattuto nel 2020, ma c'è chi prova a rialzarlo nel 2023 tale e quale. Gentiloni lavora perché non accada. Mario Draghi è convinto che ci riuscirà. «Il Patto - ha assicurato il premier prima dell'ultimo Consiglio Ue di giugno - non si ripresenterà nella stessa forma di prima».
draghi merkel
L'uscita di Gentiloni di ieri in realtà non portava una notizia, piuttosto offriva un ragionamento sul percorso teorico alla base del cambiamento. Visto che le regole sono state scritte nel 2012, in un altro mondo, è inutile escogitare sotterfugi per non applicarle. Meglio cambiarle, ha spiegato il commissario Ue, per adeguarle alla realtà. Visto il clamore suscitato, dagli uffici di Bruxelles si sono affrettati a ridimensionare la portate delle parole dell'ex premier, ma la sostanza non cambia.
Quello che cambia è invece l'oggetto del negoziato che è appena iniziato: non il Trattato Ue, ma tutte le regole di contorno. Ovvero, l'obiettivo del fronte del cambiamento - oltre all'Italia, include la Francia e i Paesi del Mediterraneo ad alto debito - non è toccare la regola che impone un tetto del 60% di debito sul Pil, quanto modulare diversamente le norme sul rientro sotto quella tagliola. Come spiega chi sta lavorando sul dossier, «pensare di modificare il Trattato è un'utopia, servirebbe l'unanimità. Per intervenire invece sul "six pack" basta una maggioranza qualificata ed è politicamente più agevole».
DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI
Al di là dei tecnicismi, il fine della trattativa sarebbe quello di lasciare formalmente in piedi il totem del 60% per far contenti i rigoristi del Nord Europa e rassicurare le opinioni pubbliche nei Paesi cosiddetti frugali. Ma sarebbe un totem svuotato dall'interno, perché di fatto verrebbe abolita l'imposizione draconiana di un rientro di un ventesimo del debito pubblico in eccesso ogni anno, tagliola che ucciderebbe qualsiasi ripresa economica. Dopo aver individuato la meta finale, si tratta ora di iniziare il vero negoziato.
mario draghi emmanuel macron a marsiglia
All'inizio gettando i semi di un'alleanza con altri Paesi interessati. Anche se la cena con Macron a Marsiglia è stata largamente centrata sull'Afghanistan e sull'immigrazione, Draghi con il presidente francese ha accennato anche a questo tema. Tuttavia la prima fase di "scouting" diplomatico è stata affidata al ministro Daniele Franco. E già all'Ecofin di Lubiana del prossimo venerdì la questione delle "Eu fiscal rules", ovvero della riforma del Patto di Stabilità, entrerà nei bilaterali a margine del summit. I tempi però non saranno brevi. Tra qualche settimana anche la commissione Ue inizierà a muoversi con delle prime bozze di proposta, ma le carte non usciranno fuori prima dell'inizio del 2022.
MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO
Il motivo di tanta cautela è semplice: le elezioni in Germania. «Capire chi governerà a Berlino è fondamentale - spiega una fonte di palazzo Chigi - perché la Germania è l'interlocutore imprescindibile in questa discussione. Anche se dovesse vincere il candidato della Spd si dovrà comunque capire che tipo di coalizione faranno». E soprattutto chi andrà al ministero dell'Economia. Si prevedono tempi lunghi per la formazione del governo, anche fino a dicembre. Nel frattempo al ministero dell'Economia italiano si lavora su quello che c'è.
mario draghi a cena al ristorante petit nice di marsiglia con emmanuel macron 2
Bisogna scrivere la Nota di aggiornamento al Def e presentarla entro il 20 settembre. Poi naturalmente c'è la legge di Bilancio da approvare e mandare a Bruxelles il 15 ottobre. Due documenti per dettagliare il percorso di rientro dal debito pubblico monstre creato dal governo Conte II per far fronte alla pandemia: 2.696 miliardi, nuovo record. Intanto l'ostilità dei "frugali" non è diminuita, anzi. Ieri è stato Geert Wilders, il "Salvini" olandese, a suonare a Cernobbio lo spartito del rigore nordico. «Il governo italiano è povero ma i cittadini italiani sono ricchi, mediamente il triplo più ricchi dei miei concittadini olandesi. Prima di chiedere soldi agli altri dovreste cominciare a far pagare le tasse in Italia». Come dice un proverbio italiano, il convento è povero ma i frati sono ricchi.
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