DAGOESCLUSIVO
IL SONDAGGIO
renzi zingaretti
Matteo Renzi, Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Giovanni Toti. Se "i partiti forti nascono nelle piazze per poi arrivare in parlamento", come accaduto al "M5s, tanto per fare un esempio recente, o agli stessi Berlusconi o Bossi se ci riferiamo al passato", "la storia ci racconta che i partiti nati da scissioni parlamentari hanno avuto sempre poco successo nelle urne". Antonio Noto, nel suo sondaggio per il Giorno, si chiede quanto valgono questi nuovi - o eventuali - soggetti politici. La risposta, a vedere i risultati, è: poco.
"Tra le new entry quella con più probabilità di successo è l'ipotetico partito di Conte", scrive Noto. "Oggi viene accreditato al 10%, anche se bisogna notare che questo valore è rimasto praticamente costante nel corso degli ultimi tre mesi, cioè anche nel passaggio tra il Conte 1 e il Conte 2".
Zinga Renzi
Per un eventuale partito di Renzi "il consenso al momento è del 5%, ma in questo caso bisogna dire che il trend è in decremento da quando si iniziò a parlare di questa eventualità, cioè subito dopo le sue dimissioni da presidente del Consiglio. A quei tempi questo nuovo soggetto politico attraeva circa il 10% dell'elettorato, oggi invece raccoglierebbe appena la metà di quei voti".
Le percentuali scendo per un ipotetico partito di Calenda "che comunque partirebbe con il 2,5% dei consensi e che gli provengono per la metà da elettori democratici e per la rimanente parte da quelli che non sono fidelizzati ad alcun partito". Il partito di Toti Cambiamo! che "sarà presente nelle prossime elezioni regionali" raccoglie l'1,5 per cento dei consensi.
luigi di maio dario franceschini
SCISSIONE DEI RENZIANI VICINA
Giovanna Vitale per la Repubblica
L' accelerazione impressa da Matteo Renzi non ha sorpreso più di tanto il Nazareno. Da mesi l' inner circle del segretario Nicola Zingaretti lavora per sminare il terreno, sottrarre al senatore di Firenze ogni pretesto di scissione. Ma adesso che il momento sembra arrivato (anche se non tutti nel Pd sono d' accordo: «Matteo è bravissimo ad alzare la tensione, da qui a uscire davvero ce ne corre») si preparano le contromisure. Obiettivo: provare a sterilizzare gli effetti dell' addio, se proprio non si dovesse riuscire a trattenerlo.
zingaretti renzi
Opzione, quest' ultima, di gran lunga preferita. «La nascita di un nuovo gruppo fuori dal Pd ma in appoggio al governo creerebbe tali e tante fibrillazioni all' interno della maggioranza che il Conte 2 non durerebbe più di sei mesi», è il vaticinio di un ministro dem.
Con tanti saluti al pericolo Salvini e alla messa in sicurezza del Paese: ovvero le motivazioni addotte da Renzi per giustificare il cambio di linea sull' accordo coi grillini. Che lui però giura continuerà a sostenere: «Noi non staremo all' opposizione » va ripetendo ai suoi. Pronto a fare un passaggio con il premier e con Di Maio, per rassicurarli entrambi, quando i gruppi si faranno. Luigi Marattin potrebbe guidare quello della Camera, Teresa Bellanova diventare la capodelegazione dentro l' esecutivo.
RENZI ZINGARETTI
Nel frattempo, il Nazareno non resterà a guardare. Già delineata la strategia: rendere meno persuasiva l' iniziativa separatista del Giglio Magico. Agli occhi del suo capo, innanzitutto. Cercando di convincerlo che è più conveniente rimanere nel Pd anziché gettarsi in un' impresa che a molti - in quel di Cortona dove è riunita Areadem, la corrente di Dario Franceschini - ricorda l' avventura di Rutelli nel 2009.
«Anche allora», dice un esponente della ex Margherita, «Francesco era convinto di portarsi via una quarantina di parlamentari e un pezzo di Forza Italia, ma quando l' Api vide la luce non erano più di dieci». E Renzi ora rischia il bis. «Una rottura adesso rischia di risultare incomprensibile », argomenta infatti Roberta Pinotti: «Visto che il Pd ha seguito la sua linea e il governo è partito, Matteo dovrebbe spiegare perché lo fa.
dario franceschini
Perché non ha avuto abbastanza sottosegretari? Non è sostenibile. Perché secondo lui l' alleanza con il M5s doveva durare per un tempo limitato, giusto per sterilizzare l' Iva e cambiare la legge elettorale, invece di darsi l' intera legislatura come orizzonte?
Mi sembra un argomento debole».
Per questo Zingaretti & Co. nutrono dubbi che alla fine il fiorentino leverà l' ancora. Una manovra che comunque si tenterà di ostacolare in tutti i modi. Pubblicamente con un serie di appelli a ripensarci. «Tornare a Ds e Margherita? No grazie", taglia corto Maurizio Martina, «così si finisce solo per aiutare la destra». Di più: «Sarebbe la fine del Pd», twitta il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. «Dovremmo discutere di come affrontare i problemi del Paese, non di come e se dividerci», avverte il vicesegretario Orlando. Anche lui fra i pontieri già all' opera, insieme a Dario Franceschini e Lorenzo Guerini, per tentare di sventare lo scisma. Offrendo la riforma del partito.
IL MEME DI OSHO SU RENZI DOPO LA VITTORIA DI ZINGARETTI ALLE PRIMARIE
Entrato in una nuova fase rispetto al congresso il Pd può ora rivedere i propri assetti, cambiare (subito la presidenza) e allargare (la segreteria), dove il senatore di Firenze e i suoi potranno tornare protagonisti, se lo vorranno. «Anche se non sono sicuro che basterà», riflette amaro uno degli uomini più vicini a Zingaretti: «Renzi ha avuto tre ministri e cinque sottosegretari; Gualtieri ha liberato il seggio in Europa per un fedelissimo, la Bonafé è vicepresidente del gruppo Socialista a Strasburgo La verità è che lui fa sempre più uno, alza il prezzo perché vuole una scusa per andarsene», sbuffa un esponente zingarettiano. Perciò il piano B è già pronto: prosciugare il terreno della diaspora. Convincere i renziani che è meglio scegliere un approdo sicuro che correre verso l' ignoto.
giuseppe conte dario franceschini Armata PD - Renzi Zingaretti DARIO FRANCESCHINI PAOLA DE MICHELI