Da ansa.it
charles aznavour
E' morto Charles Aznavour. Il cantante francese di origini armene, monumento della canzone francese, aveva 94 anni.
Nato a Parigi nel 1924 da immigrati di origine armena, Shahnour Vaghinagh Aznavourian, in arte Charles Aznavour, debuttò a teatro come attore di prosa. Nel dopoguerra, grazie a Edith Piaf che lo portò in tournée in Francia e negli Stati Uniti, si mise in luce come cantautore. Ma il riconoscimento mondiale arrivò nel 1956 all'Olympia di Parigi con la canzone Sur ma vie: uno strepitoso successo che gli permise di entrare nella storia degli chansonnier francesi. Il fatto che Aznavour cantasse in sette lingue gli consentì di esibirsi in tutto il mondo divenendo ovunque famosissimo.
Si esibì alla Carnegie Hall e nei maggiori teatri del mondo, duettando con star internazionali come Nana Mouskouri, Liza Minnelli, Sumiva Moreno, Compay Segundo, Céline Dion e, in Italia, con Mia Martini e Laura Pausini. In Italia per quasi tutte le versioni italiane delle sue canzoni collaborò con il paroliere Giorgio Calabrese. Il suo ultimo concerto nel nostro Paese risale a giugno scorso. All'estero le sue canzoni sono state spesso reinterpretate da numerosi artisti come Elton John, Bob Dylan, Sting, Placido Domingo, Céline Dion, Julio Iglesias, Edith Piaf, Liza Minnelli, Sammy Davis Jr, Ray Charles, Elvis Costello e moltissimi altri. Il suo impegno come cantautore non impedì di battersi da sempre per la causa armena, con un'intensa attività diplomatica che gli è valsa la nomina di Ambasciatore d'Armenia in Svizzera.
CHARLES AZNAVOUR
Aznavour è morto nella notte nella sua casa delle Alpilles, nel sud della Francia, e ora l'intero Paese piange il suo ultimo immenso chansonnier, la cui carriera è stata così lunga da sembrare quasi eterna o immortale. Un record, quello del cantante francese legatissimo alle sue origini armene, che salì per la prima volta su un palco all'età di 9 anni fino all'ultimo concerto, il 19 settembre scorso, a Osaka, In Giappone. Anche se lui avrebbe voluto cantare fino ai 100 anni. Era previsto per il 26 ottobre a Bruxelles il suo prossimo concerto.
Massimo Ranieri all'ANSA commenta a caldo la scomparsa del maestro Aznavour: "Era l'ultimo grande vecchio, il nostro papà, il più grande. Non esiste un altro gigante così".
LA BIOGRAFIA DI CHARLES AZNAVOUR
Da www.cinquantamila.it - a cura di Giorgio Dell’Arti
CHARLES AZNAVOUR
Charles Aznavour (Shahnourh Varinag Aznavourian), nato a Parigi il 22 maggio 1924 (94 anni). Cantautore. Attore. Diplomatico. Autore e interprete di oltre 1.200 canzoni, con cui ha venduto oltre 180 milioni di dischi in tutto il mondo. «Ho cominciato a scrivere canzoni a 20 anni. All’improvviso ho avuto un’intuizione: avrei trasformato in canzoni i racconti delle vite degli altri. Così ho imparato ad “ascoltare”. Come le poesie, le canzoni sono nell’aria. Bisogna solo capire come catturarle» • «Figlio di Knar Bagdassarian, attrice, armena di Turchia (con tutta la famiglia sterminata durante il genocidio del suo popolo), e di Mischa Aznavourian, baritono, armeno di Georgia. Emigrarono in Francia nel ‘24, lei era incinta di Charles» (Laura Putti).
CHARLES AZNAVOUR
«Per i coniugi Aznavourian, […] la sosta in Francia doveva essere solo una breve tappa del lungo viaggio verso la terra promessa degli Stati Uniti. La burocrazia e l’attesa di un visto li bloccò però a Parigi, città dove il 22 maggio 1924 nacque appunto il piccolo Charles. […] Nel frattempo, la coppia era riuscita ad inserirsi nel mondo variopinto dell’immigrazione che animava i quartieri popolari della capitale. […] Così, quando alla fine arrivò il tanto agognato visto per gli Stati Uniti, rinunciarono al viaggio oltre Atlantico per rimanere in Francia. Fu quindi sulle rive della Senna che il piccolo Charles si esibì per la prima volta in pubblico all’età di tre anni, cantando una canzone in armeno durante l’intervallo di uno spettacolo a cui partecipavano i suoi genitori: “Fu la sola rappresentazione in armeno di tutta la mia vita di artista; fu anche la prima volta che provai piacere ad essere applaudito”, commenta oggi il cantante. Il vero debutto in scena avverrà però nel 1933, quando, all’età di nove anni, il bambino viene ingaggiato come ballerino dal Théâtre du Petit Monde per eseguire una danza caucasica. Più tardi interpreterà il ruolo di un piccolo africano in una commedia che però non ebbe successo.
CHARLES AZNAVOUR
Negli anni successivi, frequentando più o meno assiduamente una scuola per giovani artisti, egli continuerà a danzare e recitare in spettacoli per piccoli e grandi. […] Durante gli anni della guerra il giovane Charles si dà al mercato nero, ma intanto con un gruppo della resistenza armena cerca di mettere in salvo ebrei e disertori tedeschi. Non rinuncia tuttavia a inseguire caparbiamente il suo sogno nel mondo dello spettacolo, recitando, cantando e danzando in diverse riviste dell’epoca. In quel periodo conosce il compositore Pierre Roche, con il quale, a causa di un disguido che li riunì durante un concorso canoro, collaborò poi per diversi anni, componendo molte canzoni per cantanti più famosi di loro. Insieme fecero molti spettacoli, in Francia e in Canada, anche se non sempre con grande successo.
AZNAVOUR
L’incontro che però imprimerà una svolta decisiva alla sua vita di artista sarà quello con Édith Piaf: “Unica. Era unica. […] Fino alla fine dei suoi giorni, ho condiviso con lei una sorta di amicizia amorosa, di fratellanza complice, ma senza mai condividere il suo letto”. Grazie alla protezione della celebre cantante, egli entrerà a pieno titolo del mondo della canzone francese» (Fabio Gambaro). «L’anno 1956 segna la sua prima svolta come cantante. Durante un recital a Casablanca la reazione del pubblico è tale che viene immediatamente spinto verso la celebrità. Per il primo spettacolo all’Olympia scrive Sur ma vie (1956), che diventa la sua prima canzone popolare. Riceve sempre più ingaggi, e dopo tre mesi di spettacoli all’Olympia la sua carriera di cantante è saldamente radicata. Una sera in particolare, il 2 dicembre 1960, dopo aver eseguito sette canzoni davanti a un pubblico molto “freddo”, canta la sua canzone Je m’voyais déjà, che racconta la storia di un artista fallito.
Alla fine dello spettacolo, i riflettori sono girati sul pubblico, ma non arriva nessun applauso. Dietro le quinte, Aznavour è pronto a mollare, esce per l’ultimo inchino e sente all’improvviso l’Alhambra viva, con ovazioni, applausi e grida. Finalmente è il trionfo. Gli anni seguenti vedono l’uscita di diverse composizioni di successo: Tu t’laisses aller (1960), Il faut savoir (1961), Les comédiens (1962), La mamma (1963), Et pourtant (1963), Hier encore(1964), For Me Formidable (1964), Que c’est triste Venise (1964), La Bohème (1965), Emmenez-moi (1967), e Désormais (1969). […]
AZNAVOUR
Nel 1972 scrive la canzone Comme ils disent: Aznavour è il primo a occuparsi dell’omosessualità in tutta la sua serietà e senza mancanza di rispetto. […] Il terribile terremoto che colpisce l’Armenia nel 1988 è un punto di svolta nella sua vita. […] L’artista sposta il cielo e la terra, circondato da pochi seguaci, per rispondere ai bisogni immediati della popolazione. Dona tutti i proventi e i diritti della canzone Pour toi Arménie (1989), registrata con la collaborazione di oltre ottanta artisti. Con la fondazione della ong “Aznavour pou l’Arménie” (Apa) continua a sostenere l’Armenia.
Nel 2001, le autorità gli dedicano una piazza nel centro di Yerevan, la capitale armena, ed erigono perfino una sua statua a Gyumri, una delle città più colpite dal sisma. […] Il fatto che Aznavour canti in lingue diverse gli consente di cantare in tutto il mondo divenendo ovunque famosissimo. Si esibisce alla Carnegie Hall e nei maggiori teatri del mondo, duettando con star internazionali come Nana Mouskouri, Liza Minnelli, Compay Segundo, Céline Dion e, in Italia, con Mia Martini e Laura Pausini. In Italia, inoltre, per quasi tutte le versioni italiane delle sue canzoni collabora con il grande autore e paroliere Giorgio Calabrese. […] Il suo impegno come cantautore non gli impedisce di battersi da sempre per la causa armena, con un’intensa attività diplomatica che gli è valsa la nomina di ambasciatore d’Armenia in Svizzera» (Gloria Berloso).
AZNAVOUR
Nel 2014 è uscito il suo ultimo album di inediti, Encores. Ancora oggi continua a scrivere canzoni e a interpretarle senza risparmiarsi in lunghi tour mondiali. «Un giorno mi fermerò. Ma non so quale giorno. Quando farò un secolo smetterò di fare concerti, ma non di scrivere canzoni: sarebbe come morire» • «Negli stessi anni di Brel, Brassens e Bécaud, ha raccontato la vita quotidiana dell’uomo comune con la forza di un cronista di razza. […] È stato […] attore per il cinema [in una sessantina di film – ndr] e anche per il teatro e per la televisione. Ha cantato tutti i generi, dalla chanson al jazz fino all’Ave Maria; ha duettato con Domingo e Pavarotti, con Liza Minnelli e accompagnato da Rostropovich. Ha offerto canzoni al rapper Passi e al cantante algerino Cheb Mami. Tutti in Francia, dai BoBo (borghesi bohémien) ai banlieusard (i giovani delle periferie piene di immigrati), lo considerano un mito» (Laura Putti).
«La voce garrula con quella specie di “rospo in gola” (i francesi lo chiamano grenouille), diventato il suo marchio di fabbrica, gli è venuta a nove anni. “In tempo di guerra consegnavo i giornali nelle edicole lungo la Senna; vivevo in bicicletta tutto l’anno, e d’inverno a Parigi fa un gran freddo. La gola ne ha patito più del fisico, ma alla fine è stata la mia fortuna”» (Fulvia Caprara) • «Tre matrimoni: la prima volta eravamo molto giovani, la seconda troppo scemi e la terza [con la svedese Ulla Thorsell, sposata nel 1967 – ndr] è stata quella buona, infatti siamo ancora insieme». Ha avuto complessivamente sei figli: due dalla prima moglie, uno dalla seconda (Patrick, morto suicida a 25 anni nel 1981), tre dalla terza
laura pausini
«Sono come il caffelatte: una volta mischiati gli ingredienti, non si può più separarli. Sono 100% francese e 100% armeno». «Per me è un trionfo ricordare quei critici che hanno scritto così male di me, che non avrei mai combinato nulla, nella mia giovinezza. Ora mi dico: loro hanno detto tutte queste cose e adesso io sono vivo, e loro sono morti» (a Riccardo De Palo). «Non mi definisco una star, ma non certo per modestia: perché è una definizione americana che non mi piace. Le stelle sono spesso filanti, passano e poi non ci sono più. Io preferisco definirmi artigiano, mi vedo come un ebanista che consegna il suo lavoro di cesello» (a Chiara Ugolini). «Ho amato ogni cosa che sono riuscito a fare, je ne regrette rien, non rimpiango nulla e non ho nulla da rimproverarmi. Sono stato sempre molto onesto, sia col mio mestiere sia col mio pubblico. La nostalgia, la metto solo nelle canzoni. Morirò dicendo “peccato”, ma tranquillo. E non ho fretta».
massimo ranieri
3. IO SONO UN ISTRIONE (COME SILVIO)
Intervista di Milena Gabanelli per ‘Il Corriere della Sera' pubblicata da Dagospia il 7 marzo 2014
Mi era venuta voglia di conoscerlo più di 20 anni fa, e non per curiosità artistica. Era novembre 1992, tornavo dal Nagorno Karabah, un'enclave a maggioranza armena in territorio azero che aveva da poco proclamato la sua indipendenza; l'Azerbaijan, appoggiato dalla Russia, non aveva gradito e i due Paesi erano entrati in guerra.
Chiuse le forniture di gas e petrolio, nella capitale armena le fabbriche erano ferme, le case al freddo, gli alberghi requisiti per ospitare i profughi, la gente in coda per il pane. Il mio viaggio drammatico, fra popoli di cui buona parte del mondo ignorava l'esistenza, si stava concludendo in un livido mattino nella sala d'attesa di un aeroporto ancora buio, mischiata alla lunga fila di donne, bambini, vecchi, con vecchie valigie: destinazione Parigi.
Ero salita per prima su quel malmesso Ilyushin per filmare la silenziosa umanità in fuga. «Sa chi paga questo volo?» mi dice un signore seduto accanto a me «Charles Aznavour», e perché? «Perché è armeno». È passato tanto tempo, i due Paesi non hanno ancora firmato un accordo di pace, Aznavour ha continuato a cantare e ad occuparsi della «sua gente» come ambasciatore presso le Nazioni Unite. Lo incontro un sabato pomeriggio di fine febbraio fra i suoi alberi di ulivo a pochi chilometri da Marsiglia.
edith piaf
«Volevo permettere a persone che non avevano più niente e che volevano rivedere i loro parenti, o provare a costruirsi un'altra vita lontano dalla guerra, di realizzare i propri desideri. Io mi guadagno molto bene la vita. Non ho voglia di essere il più ricco del cimitero. Non ho nemmeno voglia di morire».
Può quantificare quella generosità?
«Quanti voli ho pagato? Mah... Non tutti quelli che partivano. Oggi ho un'organizzazione in Armenia, che si chiama "Aznavour per l'Armenia", sosteniamo le ragazze che escono dagli orfanotrofi... Cosa può diventare una ragazza che è stata in orfanotrofio tutta la vita e d'un tratto esce? Ha due possibilità: o lavora, se trova del lavoro, oppure batte il marciapiede. Questa è la vita, se uno può deve aiutare le persone con queste difficoltà».
Adesso ha un ruolo diplomatico, cosa ha ottenuto di concreto?
«Penso che spesso siano le piccole cose quelle più importanti... Per esempio, dopo la strage degli armeni, quelli che sono riusciti a arrivare in Siria, sono stati islamizzati, ma siccome sono pur sempre armeni non vengono accettati dall'Islam, e nemmeno dall'Armenia perché sono musulmani. Non è giusto! Io ho chiesto per due volte a due presidenti di far entrare gli armeni musulmani in Armenia. Questa è una cosa concreta».
MASSIMO RANIERI
Cosa impedisce a quei due paesi di essere in pace?
«Se avessimo del petrolio non avremmo tanti problemi. L'Azerbaijan ha molto petrolio e può spendere molti soldi. Il petrolio muove le persone, permette a molti di dimenticare il proprio senso morale. Io no, non me ne dimentico».
E quindi?
«Il mio scopo è la riconciliazione, e che si possano riaprire le frontiere fra Armenia e Turchia, chiuse dal ‘92 perché Ankara è filoazera. Per questo, anche se sono molto richiesto, non vado a fare spettacoli in Turchia, perché potrebbero dire "vedete, adesso è d'accordo con noi!". Voglio essere preso sul serio, non diventare la pedina di un gioco, non ho più l'età per questo».
A proposito di età, ha 90 anni e ha ancora l'energia di organizzare concerti... Cosa prende?
«Mangio poco, faccio 10 vasche tutte le mattine, e mi tengo dritto. Si diventa vecchi quando si comincia a curvare le spalle. Ci vuole una disciplina, un'etica dell'esistenza».
Quali sono stati gli incontri cruciali che hanno determinato la sua carriera di artista?
«Intanto quando ho iniziato hanno detto che ero un nano, che gli infermi non bisognava farli salire sul palcoscenico. Ma io ho tirato dritto. Charles Trenet è stato il mio maestro di scrittura, ma chi mi ha insegnato a mettere tutto me stesso in una canzone è stata Edith Piaf. Ho vissuto 8 anni in casa sua, eravamo come due fratelli».
Com'era?
«Divertente, con un grande senso dell'umorismo».
Mi fa un esempio?
MIA MARTINI
«Beh, non sono cose fini... Per esempio, una volta eravamo in un ristorante e lei tira fuori dal bollito un osso, dice alla segretaria di incartarlo e di mandarlo all'attore André Luguet, che girava sempre per casa, con questo biglietto: "Questo è l'osso del mio culo, prepara un brodo". Storie così ce n'erano tutti i giorni. Era spiritosa, e questo lato non è mai emerso nella biografia».
Ha duettato con mezzo mondo, com'è stato con Sinatra?
«Sinatra aveva un grande fascino, ma dal punto di vista della scena è Piaf che mi ha dato qualcosa. O Chevalier. O Trenet. Sinatra è un crooner, un signore che arriva, canta, punto».
Ricorda il concerto in piazza del Duomo nel 2009? Berlusconi ha detto che non ha voluto duettare con lui per non fare brutta figura
«Se gli fa piacere, fa piacere anche a me. Silvio mi piace perché è matto e io ho sempre amato i matti».
Oggi è condannato per frode fiscale
«Oggi è una cosa banale».
Silvio Berlusconi chiude la convention di Forza Italia
Anche molti italiani lo pensano, tutti quelli che preferiscono non pagare le tasse, e sono in tanti. Tornando invece alle sue canzoni, sono piene di amori complicati, crudeli...
«La gente felice non ha storia, lo sa? Gli infelici hanno una storia, ma siccome sono infelici pensano di non avere niente da dire, che la vita è questa e basta».
In questo momento quale sarebbe la canzone adatta per Hollande?
«Dunque... Potrebbe essere Tout s'en va, tout se meurt, dove cambio i nomi di donna quattro volte. Ma la questione del Presidente Hollande... Insomma non bisogna venirci a rompere le scatole, vive la sua vita e ne ha il diritto, no? Bisogna piuttosto guardare a quello che fa come presidente».
Sembra che la gente dimentichi o perdoni più facilmente i tradimenti elettorali..
«Invece sono queste altre le storie che io perdono. Tutti gli uomini sono forse fedeli? Non hanno mai tradito la moglie? Andiamo! E quante donne tradiscono i loro mariti? È un'ipocrisia mondiale!»
silvio berlusconi forza italia
Da ragazzina pensavo che le sue storie fossero tragiche perché le donne non potevano innamorarsi di un uomo così brutto, e che di lei si innamoravano solo donne «senza nessuna femminilità», e che detestava, mi viene in mente «Ti lasci andare». Più tardi invece ho visto in lei un seduttore.
«Questo mestiere permette delle amicizie femminili, e io ne ho molte, e mi trovo veramente bene con le donne, ma non sono mai stato un seduttore. Il mio mestiere mi prendeva molto di più. Vede i seduttori si preparano alla seduzione... Lei è fortunata che oggi non mi sono ancora fatto la barba».
Cos'è per lei la seduzione?
«È qualcosa che sta qua dentro, da qualche parte nella la testa. L'intelligenza è bella, il potere è seducente, l'umorismo è seducente: ecco tre maniere di sedurre».
Lei le ha tutte e tre.
«Ma lei mi dice delle cose che mia moglie non mi ha mai detto!
Non sono cose che dicono le mogli! Parliamo di «quel che si dice» una canzone sull'omosessualità che ha composto nel 1972, quando ancora non esisteva la parola «gay».
«Io ho sempre violentato il pubblico, un certo pubblico. Perché se alla gente non si insegna qualcosa resteranno sempre degli asini. Nella maggior parte dei casi è un fatto genetico, non perché qualcuno gli ha detto che deve essere omosessuale. Si figuri che fra i miei amici, i primi a dire "non canterai mica questa canzone qua?", sono stati proprio gli omosessuali».
liza minnelli
Ma come le è venuta in mente?
«Perché avevo degli amici omosessuali che si innamoravano sempre di un ragazzo che non lo era. Tutti, senza eccezione».
Come aveva reagito il pubblico 40 anni fa? All'epoca la ascoltavo ma non l'avevo ben compreso, oggi mi rendo conto che era rivoluzionaria
«Non c'è dubbio che è meglio compresa oggi, però è stata subito un successo in Francia, e trasmessa in tv prime time . La Germania l'ha accettata, l'Italia, non negli USA, dove non la si poteva cantare in prima serata, in Russia non la si capisce ancora... Mi hanno chiesto di non cantarla».
Ma l'ha cantata?
«Sì, l'ho già cantata».
Vantaggi dell'età?
«Quelli che ci inventiamo a mano a mano che si avanza, anche perché se non accetti gli anni che hai è un disastro. Con umorismo, con tenerezza, con nostalgia, ma bisogna accettarli».
Considerando l'alternativa...
«La parola "alternativa" è proprio quella che bisogna dire».
Salire sul palco a 90 anni, rispetto a quando ne aveva 40... C'è sempre la stessa adrenalina?
«È sempre facile, perché è il mio ambiente preferito. Solo quando ho debuttato mi tremavano le gambe, e hanno continuato a tremarmi fino al giorno in cui mi sono detto "Se il pubblico compra il biglietto significa che mi vuole bene. Dunque non ho nessuna ragione di avere paura". Io sono un uomo molto logico sa? Oggi è la lunghezza delle parole a non essere più la stessa, e devo trovare il modo di dire al pubblico "ho 90 anni"».
liza minnelli a fantastico
Non le è venuta voglia di smettere?
«Si è diretti da abitudini, che sono diventate una seconda natura. E senza queste cose ci si annoia. Morire sì, fermarsi mai, e morire non è colpa mia».
Lei è credente?
«Credo che se c'è un Dio, dico "se" c'è un Dio, è lo stesso per tutti.. Io non sono un uomo religioso, ma ho rispetto delle religioni, perché hanno una funzione educativa»
A chi si rivolge nei momenti di difficoltà ?
«A me stesso. Tutti hanno detto "dio è in te", e allora se dio è dentro di me, mi rivolgo a me. Non è vero?»
Posso accenderle una candelina?...
(ride) «Non lo faccia ... Non voglio essere più alto del mio sedere».
A questa età è ancora importante il giudizio degli altri?
«Penso che sia un imbecille».
Chi?
AZNAVOUR
«Il giornalista che mi ha demolito è un imbecille. Colui che fin dagli inizi, con tutto quel che ho fatto, non ha tenuto conto di niente, è un imbecille. Avrebbe almeno potuto dire: "però scrive bene". Niente! Era un cretino. Lo sapevo fin da quando ho debuttato che avevo a che fare con un cretino. È la ragione per la quale non ho mai chiesto un diritto di replica. Mai! Non gli ho mai dato questo onore. Mi rodeva.. ma me lo sono tenuto per me. L'unica cosa da fare era di guadagnare terreno a poco a poco. Ecco. Viva Bonaparte!».
Ha in programma concerti a Tel Aviv, Berlino, Francoforte, Roma, in Corea, è veramente solo per piacere o con tanti figli e nipoti ha ancora bisogno di macinare denaro?
«Il denaro non è mai stato il mio motore. Non so nemmeno cosa ho in banca, me ne frego, se ne occupava mia moglie, ma anche lei se ne fregava, e ora è mio figlio che se ne occupa, perché mi sono fatto raggirare in tutti i modi. Ho prestato dei soldi senza avere delle carte... Scrivere, giocare con la lingua, è un piacere personale per me, che ho smesso di andare a scuola a 10 anni».