Estratto dell’articolo di Elena Dusi per “La Repubblica”
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Il fisico da siluro e la pinna che taglia la superficie del mare non ingannino. Hugin ha intenti pacifici. Nuota qualche minuto a fior d'acqua di fronte a Capo Milazzo, con le Eolie disposte a corona a nord e le ultime strie innevate dell'Etna verso sud. Accende i sensori e le antenne. Quando è pronto si tuffa giù.
Il fusto arancione lungo 5 metri si perde in pochi secondi nel buio del mare. Riemergerà dopo 20 minuti, riportando dati e immagini della scarpata sottomarina che scende fino a 300 metri al largo di Capo Milazzo con una definizione di pochi centimetri, ineguagliabile.
«Hugin è un veicolo autonomo sottomarino. Arriva a 3mila metri di profondità, dove gli strumenti tradizionali faticano a essere precisi» spiega Lorenzo Facchin, primo tecnologo dell'Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale che ha la sede principale a Trieste).
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Facchin, un giovane geologo veterano delle campagne dell'Ogs in Antartide, con sette colleghi ha appena testato in mare Hugin, acquistato dall'Istituto di Trieste con 4 milioni del ministero dell'Università e della Ricerca. L'addestramento con l'azienda norvegese Kongsberg, che l'ha costruito, è appena terminato. I quattro ingegneri scandinavi che hanno fatto da istruttori sono pronti a tornare a Oslo. Ora i nostri scienziati possono iniziare a illuminare i segreti dei fondali, partendo dalla base dell'Ogs a Panarea Eccsel-NatLab Italy.
«Conosciamo la superficie della Luna meglio dei fondali dei mari», spiega Cosimo Solidoro, direttore della sezione di oceanografia dell'Ogs. «È un mondo che non possiamo esplorare con gli occhi, è freddo, ostile e ci fa paura. Sappiamo solo cosa c'è in superficie o vicino alle coste. Si stima che l'80% dei fondali sia sconosciuto. Non sappiamo cioè che forma abbia, quali rocce lo compongano, quali animali lo abitino».
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È lunga la lista dei misteri da svelare con questo moderno Nautilus, capace di ricostruire la forma del fondo del mare con due sonar simili a quelli dei pipistrelli, valutare la presenza di forme di vita vegetali grazie a un sensore di fluorescenza che riconosce la clorofilla, misurare i gas disciolti nell'acqua, ad esempio la famigerata anidride carbonica che rende il mare più acido, oltre ai composti dell'azoto e all'ossigeno.
Presto dalla Norvegia arriverà una telecamera capace di illuminare le tenebre del mare profondo. «Hugin avrà per noi il valore del telescopio di Galileo», dice Franco Coren, geologo, responsabile delle infrastrutture dell'Ogs. «Ci permetterà di aprire gli occhi su un mondo sconosciuto, di toccarlo da vicino. Il suo costo, rispetto alle spedizioni di esplorazione su nave, sarà conveniente».
Vulcani, faglie attive che generano terremoti (lo Stretto di Messina, una delle zone più sismiche d'Europa, è a due passi), vita sommersa. E se capita anche relitti dimenticati.
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«L'esplorazione dei fondali ha un interesse scientifico, ma anche economico», spiega Solidoro. [...]
Con un vulcano a sud (l'Etna) e le isole di Vulcano e Stromboli a nord, non sorprende che al largo di Milazzo ci siano sommovimenti nei fondali. «Attorno a Panarea conosciamo numerose fumarole da cui fuoriesce anidride carbonica» spiega Valentina Esposito, biologa di Eccsel-NatLab.
«Le monitoriamo da anni. Per noi è un po' come viaggiare nel futuro, perché parte dell'anidride carbonica emessa nell'atmosfera oggi viene assorbita dal mare, che è destinato a diventare più acido nei prossimi anni. Le conseguenze per la vita sottomarina sono diverse. Costruire gusci, per gli organismi che si difendono in questo modo, diventa ad esempio più difficile».
LA CENTRALE DELLA MARINA CHE VIGILA SUI FONDALI MARINI
I biologi di Panarea conoscono per ora i fondali grazie a pinne e bombole. Possono raggiungere poche decine di metri di profondità. «Con Hugin amplieremo molto l'area delle nostre osservazioni. Ci aspettiamo di scoprire nuove fumarole», aggiunge Esposito.
A nord della Sicilia, in mezzo al Tirreno, sorge poi il più grande (e potenzialmente pericoloso) vulcano sommerso d'Europa: il Marsili, lungo 70 chilometri e largo 30. Un'eruzione o la frana di uno dei fianchi potrebbe causare tsunami fra Campania, Sicilia e Calabria. «Abbiamo provato a monitorarlo usando sonar trainati da navi», racconta Facchin. «Ma non siamo riusciti ad avvicinarci molto al cono. Con Hugin arriveremo a pochi metri e potremo mappare questo gigante». [...]