1. AUTOSTRADE OFFRE AL GOVERNO 3,4 MILIARDI E TARIFFE PIÙ BASSE
Andrea Bassi per ''Il Messaggero''
PAOLA DE MICHELI GIUSEPPE CONTE
Per chiudere la battaglia sulla concessione della rete dopo il crollo del Ponte Morandi, Autostrade e la sua società controllante hanno deciso di cedere a quasi tutte le richieste avanzate dal governo. Una resa quasi inevitabile, dopo la sentenza con la quale la Consulta ha dichiarato legittima l' esclusione della società dalla ricostruzione del Polcevera dando un' arma negoziale potente nelle mani del governo. Per firmare l' armistizio, il gruppo controllato dalla famiglia Benetton mette sul piatto un assegno di 3,4 miliardi di euro.
Sono 500 milioni in più della prima proposta presentata il 5 marzo, e 400 in più di quella consegnata a Palazzo Chigi il 10 giugno scorso. Quello che voleva il governo. Un miliardo e mezzo sarà usato per tagliare le tariffe (l' ipotesi è una riduzione del 5%, ma potrebbe essere di più se i 400 milioni aggiuntivi fossero tutti dedicati a questa voce), 700 milioni serviranno ad accelerare le manutenzioni stradali e 800 milioni andranno come compensazioni ai genovesi.
Una cifra che comprende anche i soldi della ricostruzione del ponte. Ci sono, si diceva, altri 400 milioni la cui spesa sarà decisa, se l' accordo verrà siglato, direttamente dal governo. Anche sulle tariffe Autostrade fa un passo decisivo accettando il nuovo meccanismo di calcolo dell' Autorità dei trasporti. Non era per nulla scontato. Si tratta di un sistema che tutte le concessionarie hanno bollato come farraginoso e sul quale pendono diversi ricorsi.
roberto tomasi autostrade per l'italia
Ma cosa prevede questo nuovo sistema tariffario? In primo luogo che gli investimenti potranno essere ripagati dai pedaggi solo dopo che le opere saranno state realizzate. In secondo luogo il rendimento del capitale investito dalla società concessionaria, e dunque dai suoi soci, sarà remunerato ad un tasso del 7,09% e non dell' 11% come oggi. Inoltre tutti i proventi derivanti dalle aree di servizio andranno strutturalmente a ridurre i pedaggi autostradali. L' unica cosa che Autostrade chiede al governo è che la «curva tariffaria» renda sostenibile il piano di investimenti da 14,5 miliardi della società. È un punto fondamentale.
Anche per definire l' altra questione in gioco: la discesa di Atlantia nel capitale di Autostrade dall' attuale 88% sotto il 50% per far entrare investitori pubblici, a cominciare dalla Cassa depositi e Prestiti. Il tema non è affrontato nella lettera inviata a Palazzo Chigi, ma la trattativa va avanti su un tavolo parallelo.
LA SECONDA PARTITA
La questione tariffe è centrale non solo per garantire i 14,5 miliardi di investimenti di Autostrade, ma anche per permettere l' ingresso di altri soci. Per la Cdp, così come per le Casse previdenziali o per Poste Vita (altri possibili nuovi azionisti), prima di poter mettere soldi raccolti dai piccoli risparmiatori o a garanzia delle future pensioni dei lavoratori nelle autostrade, è necessario sapere non solo se questo investimento è sostenibile, ma anche se è profittevole. Dunque il governo dovrà riuscire nel difficile equilibrio di poter comunicare una riduzione delle tariffe, garantendo però un guadagno ai vecchi e nuovi soci. Come farà? I pedaggi potrebbero essere ridotti nei primi anni della nuova concessione per poi riprendere ad aumentare. Oppure la concessione potrebbe essere allungata oltre il 2038.
salini conte de micheli ponte genova
Sarà tema delle prossime trattative se il governo rinuncerà alla revoca. Se questi nodi saranno sciolti, la Cdp e gli altri soci potranno entrare attraverso un aumento di capitale di Autostrade.
Nella lettera inviata al governo, la stessa Autostrade si è detta disponibile a chiedere ad Atlantia un aumento di capitale che porterebbe precludere all' ingresso dei nuovi soci. L' altro importante nodo da sciogliere nella trattativa tra governo e autostrade riguarda l' articolo 35 del decreto milleproroghe. Quello che riduce da 23 a 7 miliardi l' indennizzo alla società in caso di revoca. Revoca che, dice il decreto, può avvenire in caso di «grave inadempimento».
Proprio per questa dizione molto generica, le banche hanno chiuso tutti i rubinetti ad Autostrade che, ormai, non è più in grado di finanziarsi. E anche qui, la società si è resa disponibile ad accettare l' impostazione suggerita dal governo. Il «grave inadempimento» sarà considerata ogni gravissima interruzione non recuperabile di un nodo fondamentale della rete e sarà valutato da una Commissione. Basterà? La palla ora è nelle mani del governo, che entro martedì deciderà se le condizioni della resa sono sufficienti a firmare l' armistizio e fermare la revoca.
2. PALAZZO CHIGI ORIENTATO AL SÌ, MA I 5 STELLE FRENANO
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Federico Capurso e Ilario Lombardo per ''La Stampa''
Una cappa di prudenza, che silenzia ogni parola, è calata da ieri mattina su palazzo Chigi e sul ministero delle Infrastrutture. Bocche cucite, in attesa di valutare l' ultima offerta avanzata da Autostrade per evitare la revoca delle concessioni. Ma nei corridoi del ministero dell' Economia, tra chi è concentrato da mesi sul dossier, ammettono che «tecnicamente pareggia le richieste fatte dal governo nell' incontro di venerdì». E per questi accenni di ottimismo, che rimbalzano nei palazzi romani, si agita il Movimento 5 stelle. Spaccato, ancora una volta, tra chi è pronto ad accettare l' offerta e chi, invece, vede la mancata revoca come l' ennesima promessa fatta e non mantenuta, dopo la Tav, il Tap, l' Ilva, gli F35.
Tra i banchi delle opposizioni, dove si ragiona sull' opportunità di presentare una mozione in Senato, per mettere in difficoltà la maggioranza.
Gli uomini vicini a Luigi Di Maio, con il viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri in prima fila, sono tra quelli che più sorridono all' idea di togliere ad Atlantia il controllo di Aspi, ma vorrebbero di più. Chiedevano un abbassamento delle tariffe più alto del 5%, oltre alla cessione della quota di maggioranza allo Stato, e resta in piedi un altro ostacolo.
giancarlo cancelleri
La famiglia Benetton chiede infatti di modificare l' articolo 35 del decreto Milleproroghe, che fissa a 7 miliardi il risarcimento che lo Stato dovrebbe pagare in caso di revoca, superando la precedente convenzione che prevedeva un indennizzo di 23 miliardi.
Autostrade, però, ha 9 miliardi di debiti in pancia e, se arrivasse la revoca, nonostante il risarcimento, andrebbe in default.
L' effetto di questo articolo si ripercuote sul valore della società (quindi sul prezzo che pagherebbe lo Stato per acquisire le quote di maggioranza), e lascia l' azienda in una condizione di asfissia finanziaria, perché le banche si rifiutano di erogare prestiti.
Anche chi nel M5s apre alla possibilità di un accordo, però, sull' articolo 35 tiene stretta la corda: «Non si tocca - dice a La Stampa Cancelleri -. Perché dovremmo toglierlo? Riguarda tanti altri dossier in tutta Italia, quindi quell' articolo rimane dov' è». Ragione per cui, anche ad accordo chiuso, Autostrade potrebbe appellarsi al tribunale di Strasburgo. E proseguire il braccio di ferro con il governo.
Sarà complicato, poi, riuscire a convincere quel pezzo del Movimento che ha scavato da mesi una trincea intorno alla revoca e non vede altra opzione al di fuori di essa. Un plotone d' esecuzione interno guidato da Alessandro Di Battista, che anche in questi giorni è tornato a tuonare: «Conta solo la revoca, non c' è nessuna alternativa». E al quale si è affiancato, in un' intervista a Repubblica, il presidente della Camera Roberto Fico: «Chi sbaglia va via».
alessandro di battista
È della stessa idea anche l' ex ministra per il Sud Barbara Lezzi - «Davanti a 43 morti, possiamo accettare solo una revoca» -, così come molti altri suoi colleghi in Senato. Anche Mauro Coltorti (M5S), presidente della commissione Trasporti di palazzo Madama, avverte: «Siamo orientati a non accettare la proposta di Aspi, il gruppo si è sempre espresso in questo senso. Io continuo a essere allibito dal comportamento dei Benetton, ma valuteremo l' accordo nei prossimi giorni e io sono uno che rispetta le decisioni della maggioranza».
Ecco perché, di fronte a una spaccatura nella spaccatura, tra Pd e M5s e all' interno dello stesso gruppo grillino, gli uomini di Fratelli d' Italia e Lega ragionano sulla possibilità di presentare una mozione in Senato, dove la maggioranza balla sul filo di pochi voti. «Ci stiamo pensando», dice il capogruppo della Lega Massimiliano romeo, «ma la maggioranza dovrebbe volerla calendarizzare in tempi rapidi e, dunque, l' ipotesi di una mozione, come fu per la Tav, dipende anche da questo».