Teresa Ciabatti per "7" – Corriere della Sera
NON E' LA RAI
«All’inizio c’erano le quattro stagioni, io ero autunno. Ma durò poco, quasi subito diventammo tutte estate, e fu estate fino alla fine». A parlare è Angela Di Cosimo, negli Anni 90 tredicenne, nonché una delle ragazze più invidiate e amate d’Italia. Insieme a Miriana, Ambra, Eleonora, Antonella, Ilaria, Pamela, Marzia, Alessia, Roberta, Mary, Emanuela, e altre, per l’esattezza ottanta. Ottanta ragazze tra i dodici e i ventidue anni che dal 9 settembre 1991 su Canale 5 ballano davanti alle telecamere. Torniamo dunque laggiù, allo studio 1 del Centro Palatino, alle palme finte, alla piscina - Non è la Rai , programma di Gianni Boncompagni e Irene Ghergo.
«Quando partiva Please don’t go ci tuffavamo, tuffo libero. Io mi buttavo dallo scivolo» racconta Angela («a seguito delle proteste su costumi e abbigliamento succinto, fu vietato usare la piscina» svela una ragazza che vuole rimanere anonima).
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Molte sono giovanissime - per alcuni troppo (note le proteste delle femministe e del Telefono Azzurro: bambine sessualizzate riprese in pose ammiccanti, contestano). Una delle più piccole è Eleonora Cecere, al tempo dodicenne. Papà elettrauto, mamma portiera, Eleonora vive a Pontestorto - Castelnuovo di Porto (Roma) dove passa l’infanzia: «Ci piaceva tagliare i lombrichi in pezzi che rimettevamo insieme per creare il lombrico gigante... Sapevamo che non poteva resuscitare... Eppure ogni volta aspettavamo per vedere se casomai iniziava a muoversi».
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Infanzia simile anche per le altre ragazze, in maggioranza provenienti dalla periferia di Roma o della provincia, vedi Ilaria Galassi, papà impiegato di banca, mamma casalinga - Tor Bella Monaca. «Da bambina giocavo a truccarmi, camminare sui tacchi di mamma, fingere di fumare con le penne». Sognare già a sette, otto anni di apparire in tv, e quindi nel momento in cui succede, all’età di tredici anni, l’esplosione: «Urlavo a mia madre di non disturbarmi che dovevo ballare.
Mi chiudevo in cameretta a cantare in playback, provavo le mosse, gli sguardi. In realtà non era cambiato niente, scuola, compiti. Era più come mi sentivo, cosa vedevo guardandomi allo specchio». Viceversa Angela - papà impiegato dell’Enel, mamma casalinga - Torrevecchia, non sogna la Tv che fino a lì è Bim Bum Bam- «cartone animato preferito Georgie ».
ilaria galassi
All’inizio nessuna capisce bene le conseguenze dell’apparire ogni giorno in televisione - per gli stessi autori il programma è un contenitore di intrattenimento con giochi e quiz rivolto alle casalinghe. Condotto da Enrica Bonaccorti, le ragazze - sempre in principio - sono uno sfondo, nel migliore dei casi protagoniste dei giochi quali ruba bandiera. Tra le regole: niente trucco. Chi riesce a mettere il rimmel viene immediatamente individuata dalla Ghergo che la spedisce a lavarsi. «Ci volevano acqua e sapone. Dovevamo essere le ragazze della porta accanto, dicevano». Questo per i primi mesi, insieme alle quattro stagioni. Dopo tutto cambia. S’ingigantisce, va fuori controllo: ressa di ragazzi all’ingresso del Palatino, molti dei quali dormono lì pur di vedere le loro beniamine. Centinaia, migliaia di lettere. E regali: pupazzi, gioielli, persino soldi.
ilaria galassi 3
«Spesso ci regalavano anellini. Poi chiamavano le mamme per chiedere se potevamo restituirli, in genere erano delle nonne» ricorda Eleonora. «Un ragazzo mi regala un orso bianco alto quanto me - Angela - solo che non me lo fanno tenere al Palatino, devo portarmelo a casa. Lo carico in motorino, tra le gambe, l’orso davanti, io dietro. Al Circo Massimo prendo in pieno le rotaie del tram. Ecco, grazie all’orso mi salvo: aveva una lunga striscia di asfalto sul muso, senza di lui mi sarei rovinata. La sera, siccome non entrava in lavatrice, lo abbiamo lavato con una pezzetta». «Mio padre ha tenuto tutto - Ilaria -, in cantina esistono ancora pupazzi, lettere, lui non ha buttato niente».
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I telefoni di casa squillano. «Dalle sei di sera a mezzanotte ininterrottamente, tipo centralino». I padri cambiano numero. Passa una settimana, una settimana di pace, e il telefono riprende a squillare: hanno trovato il numero nuovo. «Io parlavo con chiunque - Ilaria -, poiché i miei non mi facevano uscire, quelli erano gli unici contatti con l’esterno. I fan chiedevano di incontrarmi, e io li invitavo a casa. Ragazzi e ragazze che facevano due giorni di viaggio solo per vedermi.
Alle ragazze regalavo i miei vestiti, tanto a noi arrivavano a pacchi, avevamo gli sponsor». A proposito di vestiti: «Una mattina al mercato di Tor San Lorenzo vedo un banchetto con i vestiti Phard, sopra un grande cartello: I VESTITI DELLE RAGAZZE DI NON È LA RAI, lì mi sono sentita importante», racconta Eleonora. «Col primo stipendio - di nuovo Eleonora - sono andata da Bacillario a via del Corso a farmi fare un chiodo su misura». E ancora: «Per strada mi riconoscevano, tutti volevano essere abbracciati da me».
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«C’era un gioco - ricorda Angela - in cui dovevamo tuffarci nella piscina piena di schiuma, toglierci i costumi e scambiarceli, mentre la gente da casa chiamava per indovinare chi avesse il costume con la scritta Bilboa. Una volta dovevo averlo io, ma nella fretta di passarmelo Pamela lo perde... sorridendo, la testa fuori, mi metto a cercarlo coi piedi, niente. Ho fatto il gioco nuda, meno male che con la schiuma non si vedeva niente» («non è assolutamente vero che ci fosse una telecamera sott’acqua visibile solo in regia, come alcuni dicevano» ragazza anonima).
Purtroppo quella felicità totale, quel senso di giovinezza eterna, presto s’incrina. «Arriva una bambolina - racconta Eleonora - un’altra, e un’altra. L’ultima con uno spillo in testa e un cappio al collo, insieme a un biglietto che diceva “questa sei tu”. Erano bamboline voodoo». Sempre Eleonora: «Un giorno ricevo un cd, eravamo al Palatino, io, Ilaria, Angela, Pamela scendiamo in sala prove per ascoltarlo. Lo mettiamo e parte la voce di uomo che dice: “Eleonora, ti farò molto male”».
Anche Angela riceve regali che la spaventano: «Una valigetta ventiquattrore con dentro santini e peli pubici». Minacce di morte, foto sconce, lettere volgari (vorrei farti questo, quello...). E loro tredici, quattordici, quindici anni, loro piccole, bambine. «Solo a casa mi sentivo al sicuro - dice Eleonora -. Sul letto mamma metteva i pupazzi, quelli che mi regalavano i fan. Uno in particolare: l’asinello di Winnie The Pooh, quello con cui adesso dormono le mie figlie. La notte stringevo l’asinello, e passava la paura».
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Ma gli eventi inquietanti si moltiplicano: le ragazze vengono seguite in motorino. Strattonate per foto e autografi. «Un pomeriggio citofona una tizia che mi chiede di scendere. Io scendo, e lei dice che vuole menarmi, motivo: il fidanzato l’ha lasciata per colpa mia, si è innamorato di me dalla televisione. La verità è che tutti sapevano l’indirizzo di casa nostra, chiunque poteva venire e farci del male».
Impossibile camminare per strada: Eleonora e Angela, passeggiando su via del Corso, vengono riconosciute e accerchiate. Qualcuno grida: «Brutte», «fate schifo» - frattanto la folla aumenta, si stringe intorno - «chi vi credete di essere» - finché loro - per mano, piccole, piccolissime - non riescono a fuggire e a infilarsi in un negozio. Ilaria cita un episodio specifico: un uomo che all’ingresso del Palatino ferma la macchina del padre. «Sono io il vero padre di Ilaria» urla. Sostiene che la mamma della ragazza gli abbia scritto una lettera per rivelargli la verità. E adesso lui è qui per riprendersi la figlia. Avanza per cercare di afferrare Ilaria, senonché il padre esce dalla macchina, lo spintona, per fortuna sopraggiunge la sicurezza. «Dopo abbiamo saputo che era un malato psichiatrico fuggito dall’ospedale», dice Ilaria.
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Nel frattempo il merchandising : album, quaderni, diari. I ragazzi fuori dallo studio si scambiano le figurine: tu mi dai Ambra, io ti do Miriana. Le scritte d’amore sulle mura del Palatino e sotto casa. Angela non dimentica le proteste del condominio, e il padre che cerca di pulire con acqua e sapone le scritte «Angela for ever», «Angela sei la mia vita». Qualcuno, come il fratello di Eleonora, s’ingegna: prende accordi coi fan per vendere le foto della sorella.
Quindi le serate, già dalla seconda edizione le ragazze sono ingaggiate per fare serate in giro per l’Italia. «Prendevamo l’aereo il pomeriggio, a fine diretta, e ripartivamo la mattina seguente». La maggior parte di loro non ha mai preso un aereo. Come dimenticare il primo volo, occhi chiusi, mano nella mano. Poi volare diventa abitudine. Durante una di queste trasferte, in Calabria, svegliate dai genitori, le ragazze sono costrette a scappare.
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«Papà mi disse solo che si era creata una brutta situazione - Ilaria - erano stati minacciati con le pistole, eravamo in pericolo». E loro, tredicenni, quattordicenni, quindicenni, loro piccole, disorientate, nottetempo fuggono senza paura però, quasi che quell’emergenza sia parte del film che stanno vivendo, del meraviglioso film che si augurano duri tantissimo.
Perché sì, nessuna immagina che potrebbe finire. Gli ascolti alti, la calca di ragazzi fuori dal Palatino. Le lettere, i regali. Invece: dopo quattro anni, il 30 giugno 1995, finisce. Ambra annuncia «oggi canto piangendo», e in playback canta T’appartengo , mentre le altre, strette l’una all’altra, singhiozzano - tredici, quattordici, quindici anni, piccole, piccolissime. È vero che piangere non è una novità. «Eravamo adolescenti - dice Angela - gli amori, le delusioni. Sulle canzoni struggenti, partiva il pianto. Le ragazze normali piangevano nelle loro camerette? Noi in studio. I motivi erano gli stessi» («a molte, prima della diretta, mettevano il collirio per lacrimare» ragazza anonima).
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Sia quel che sia, quell’ultima puntata è indimenticabile (sotto il video in rete, tutt’oggi i commenti: «Avevo 6 anni..., ero in ospedale a combattere con una brutta malattia. Mamma riuscì a procurarsi una piccola televisione per lasciarmi vedere Nonè la Rai . Quello era il momento più lieto di quei brutti giorni, specialmente quando Ambra cantava questa canzone. La gioia era così forte che quando la ascolto mi emoziono ancora ». «Gli anni che vorrei rivivere indimenticabili che ricordi». « Hai ragione Daniel, ogni tanto le riguardo... Ricordo molto bene quella giornata davanti alla TV a piangere»).
Sullo schermo la scritta The end .
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Ebbene sì, la fine è arrivata davvero. E ora? Cosa succede ora? Si domandano in molte. Qualcuna tenta di proseguire la carriera televisiva, poche riescono. Eleonora forma un gruppo musicale su modello delle Spice Girls: Le dolce manie, «sfortunatamente dura poco per questioni di gelosie interne». In seguito si dedica al teatro. Decine di provini, «ogni volta va male, il regista o chi per lui dice sprezzante: tu sei quella di Non è la Rai .
Allora mi faccio mora e alliscio i capelli. Poi dico basta: se mi vogliono, mi prendono per quello che sono. E ridivento bionda». Stessi problemi per le altre, Angela è una delle poche a capire subito che non sarà la televisione il suo futuro. Commessa in un negozio di abbigliamento dove chi la riconosce chiede: come sei finita qui?
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Passano gli anni. Da diciotto Angela è parrucchiera nel negozio della sorella a Torrevecchia. Diverso il caso di Ilaria che avrebbe potuto continuare a lavorare in televisione. Lei, quella ragazzina che provava le coreografie in cameretta e che urlava ai genitori di non disturbarla. Lei, la dodicenne che guardandosi nello specchio vedeva una star. Ebbene proprio lei, ingaggiata nel ruolo di velina bionda di Striscia la notizia , è costretta a rinunciare: aneurisma cerebrale, coma.
Al risveglio dall’operazione durata dieci ore, Ilaria ha perso la memoria, non sa camminare, né parlare. Tre anni di riabilitazione per riprendere la vita normale. Di quel periodo rammenta la vicinanza della famiglia. «Io pensavo che la mucca fosse il cavallo, allora papà mi spiegava: questo è il cavallo, e questa la mucca, sono diversi, vedi?».
Alla domanda: «Uscita dal coma ricordavi di essere Ilaria Galassi di Non è la Rai ?», risponde no.
Quindici, venti, trent’anni. Passano trent’anni.
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Oggi le ragazzine di un tempo sono mamme, alcune si dedicano ai figli, altre lavorano. Eleonora, tornata a vivere a Castelnuovo di Porto, mette in scena spettacoli col marito regista, e gira i teatri del Lazio: «Albano, Palestrina, Latina, Montalto di Castro, Tarquinia, Tolfa. D’estate le piazze: Scandriglia, Trevi nel Lazio, Frascati, Civitella San Paolo». Quando causa Covid il teatro si ferma, lei non si perde d’animo: lavora in un’agenzia di sicurezza, vigilanza non armata, negli hub dei vaccini Covid. Non rinuncia comunque al teatro: «Con mio marito abbiamo messo in scena Eleonora Cecere- words for peace , un’ora e mezzo di canto e di ballo. Debutto a Monterotondo, sold out ».
Ilaria invece, mamma di due bambine, lavora presso una signora anziana. «Se qualcuno per strada mi riconosce e chiede cosa faccio ora, rispondo la verità: mi prendo cura di una signora, loro sgranano gli occhi: fai la badante? Chiedono. Sì, faccio la badante». È un lavoro che le piace, oltre a essersi molto affezionata alla signora. «Ha novant’anni, io la lavo, la porto in bagno, la trucco, la pettino. Le ripeto: se viene qualcuno deve trovarti bella».
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Eccole dunque le ragazze di allora, le più invidiate, le più desiderate, eccole cresciute. Cosa rimane della loro adolescenza scintillante? Tanti pupazzi e qualche scritta, come quella sotto casa di Angela: «Angela, non rispondi mai». «I ragazzi che oggi ci seguono sono tantissimi, non mollano perché credono ancora in noi» dice Eleonora, tornando forse laggiù, ai giardinetti di Pontestorto, con la speranza che i pezzi di lombrico si uniscano a formare il lombrico gigante che di colpo si anima, riprende vita.
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