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    I COLOSSI USA DI MORGAN STANLEY E GOLDMAN SACHS PREVEDONO BOCCIATURA PER IL REFERENDUM BY RENZI: "I NO AL 65%" - COSI' PIU' DIFFICILE IL SALVATAGGIO DI MONTEPASCHI, TARGATO JP MORGAN - "NON HA UN PIANO INDUSTRIALE", DICONO GLI INVESTITORI (TRADUZIONE: LA BANCA NON HA FUTURO) - PASSERA STA ALLA FINESTRA


     
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    Giovanni Pons per “La Repubblica”

    lloyd blankfein goldman sachs lloyd blankfein goldman sachs

     

    Le nubi che si stanno addensando sull’autunno- inverno delle banche italiane sono plumbee. In soli due giorni due merchant bank di standing mondiale come Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno prodotto ricerche per fornire la loro previsione sul referendum costituzionale che avrà luogo in Italia tra fine novembre e i primi di dicembre. Come mai?

     

    In effetti l’esito del referendum e il conseguente destino del governo di Matteo Renzi possono avere una notevole influenza sul sentiment degli investitori internazionali verso l’Italia. Se poi si aggiunge che al voto del referendum è legata anche la ricapitalizzazione da 5 miliardi del Monte dei Paschi, in cui si stanno impegnando JP Morgan e Mediobanca, si capisce perchè le principali banche d’affari Usa abbiano preso carta e penna per mettere in guardia i loro clienti.

     

    James Gorman ceo Morgan Stanley James Gorman ceo Morgan Stanley

    «I nostri economisti vedono una probabilità del 65% di rigetto del referendum costituzionale», scrivono gli analisti di Morgan Stanley specializzati sul settore bancario, «se sarà così vi sarà un periodo di incertezza, con ricadute sulla fiducia e sulla crescita del Pil». E la conseguenza sulle banche e su Mps sarà inevitabile. «Più importante, noi pensiamo che una vittoria del “No” andrà a influenzare le banche italiane, creando difficoltà al piano di ristrutturazione di Mps e un rischio di contagio per tutto il settore bancario europeo».

     

    Insomma, ciò che i più acuti osservatori temevano ora si sta verificando. E il cambio in corsa del numero uno del Monte annunciata ieri è la prima conseguenza di una situazione che si sta progressivamente complicando. Quali sono le possibili soluzioni?

     

    Il governo, che attraverso il ministero dell’Economia è anche il primo azionista di Mps con il 4%, per non dover intervenire attraverso una procedura di risoluzione si è affidato mani e piedi alla soluzione prospettata da JP Morgan e Mediobanca. E cioè vendita di 27 miliardi di sofferenze lorde al fondo Atlante e successiva ricapitalizzazione da 5 miliardi da effettuarsi sul mercato. Ma questo piano è entrato ben presto in difficoltà per una serie di motivi ben precisi.

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    L’ammontare dell’aumento è troppo elevato, il prezzo a cui verranno offerte le azioni Mps sarà al di sopra della media a cui quotano le banche italiane, l’ad aveva già chiesto al mercato 8 miliardi dicendo che erano gli ultimi, non c’è un piano industriale a supporto dell’operazione che per l’appunto risente del rischio referendum. La prossima sostituzione dell’ad risolve uno di questi problemi ma gli altri rimangono sul tavolo inclusa una accesa rivalità tra banche d’affari che impedisce di trovare altre vie d’uscita.

     

    Finora non è stata infatti presa in considerazione l’opzione Passera-Ubs, il cui piano di risanamento non è stato esaminato da Siena. Nella sua versione più aggiornata il piano dell’ex ad di Intesa Sanpaolo prevede 2,5 miliardi di aumento di capitale per Mps che sarebbe già coperto da investitori istituzionali americani.

    passera moglie passera moglie

     

    Dunque non si passerebbe dalle forche caudine del mercato e si sterilizzerebbe l’effetto referendum. La bad bank con 30-32 miliardi di sofferenze lorde verrebbe gestita con più calma e le azioni della “good” e della “bad” verrebbero distribuite agli azionisti. Un miliardo arriverebbe dalla conversione volontaria di bond e gli utili dei prossimi due anni sarebbero destinati a riserva. Senza pagare commissioni esagerate per il prestito ponte. Si vedrà nei prossimi giorni se il cda del Monte vorrà esaminare questa soluzione.

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