Franco Bechis per Libero Quotidiano
VISCO MATTARELLA1
L' allarme è serio, perché scattato in un luogo dove dovrebbero saperla assai più lunga di altri: l' Italia rischia di tornare fra quest' anno e il prossimo in balìa dello spread e con i suoi titoli di Stato ballerini. Colpa della incertezza politica nazionale con la conseguente difficoltà di prevedere nel prossimo futuro governi stabili, e di qualche nube politica che si addensa pure su altri cieli europei.
Meglio perciò rivedere i propri investimenti a medio e lungo termine, per accorciarne la vita ed essere pronti a disimpegnarli appena si scorgano possibili temporali all' orizzonte. A prevedere il ritorno di una possibile bufera sui mercati e sui titoli di Stato italiani sono altissimi dirigenti della Banca d' Italia. Non i membri del direttorio, o quelli abituati a fornire le loro autorevoli opinioni in audizioni e convegni pubblici, abituati al passo felpato e alla prudenza istituzionale. A farlo sono i dirigenti che guidano la Csr, la Cassa di sovvenzioni e risparmio fra il personale della Banca d' Italia.
BTP
È una sorta di banca popolare interna alla banca centrale italiana, che gestisce i risparmi e i conti correnti dei dipendenti e dei pensionati di via Nazionale, con sportelli interni a tutte le filiali italiane. A guidarla e a lavorarci dentro solo personale distaccato dalla Banca d' Italia, che anno dopo anno si è trovato in mano uno dei principali istituti di credito italiani (ha un attivo intorno ai 4,8 miliardi di euro), per quanto quasi sconosciuto all' esterno di quelle mura.
È una banca in utile, anche se il 2016 non ha dato le stesse soddisfazioni dell' anno precedente (19,7 milioni di utile netto contro i 28 del 2015) e si comporta come qualsiasi atra banca tradizionale: investe i risparmi, prende le sue commissioni (più basse di quelle sul mercato), corrisponde interessi un po' più generosi della media e concede prestiti e mutui. Nella relazione che accompagna il bilancio 2016 spiega che «il portafoglio titoli di proprietà della Cassa si ragguaglia, al valore di bilancio, a 3,753 miliardi di euro».
ignazio visco piercarlo padoan
Non ci sono titoli strutturati, né derivati di alcun tipo. Il 69,86% del portafoglio è costituito da titoli di Stato italiani, lo 0,26% da titoli corporate, l' 1,65% da titoli di Stato della zona euro diversi dall' Italia, il 3,56% da titoli sovranazionali e il restante 24,67% da quote di Etf, quote di fondi e quote di partecipazione al capitale della Banca d' Italia in cui la cassa è entrata proprio nell' ultimo anno con un investimento di 123,7 milioni di euro. La maggiore parte dei titoli (56,7%) è a tasso fisso, mentre quelli a tasso variabile sono il 15,8%.
BANCA ITALIA
È proprio pensando a questo tipo di portafoglio tranquillo che i dirigenti della banca interna a via Nazionale hanno iniziato a preoccuparsi guardando le previsioni sui mercati finanziari e in particolare su quello italiano. Già nell' ultimo anno avevano iniziato ad accorciare la vita di quei titoli, passando dalla media dei 4,91 anni di duration di fine 2015 ai 4,8 anni di fine 2016.
Ma le nubi che si sono addensate all' orizzonte già nei primi mesi del 2017 hanno consigliato loro di dare un ulteriore sensibile taglio a quella durata, in modo da garantirsi la flessibilità necessaria ad affrontare le tempeste. «In considerazione dei fattori di incertezza sul futuro andamento dei tassi», scrivono i manager della cassa interna, «sono state adottate misure di ricomposizione del portafoglio, all' inizio del nuovo anno, volte a ridimensionare sensibilmente la duration dell' intero portafoglio, che, all' inizio di marzo 2017, si è attestata intorno al livello di 4 anni».
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In un altro passaggio della relazione del bilancio si spiega che questa «significativa riduzione» della durata di titoli disponibili per la vendita è stata decisa «in chiave di protezione dal rischio di una possibile accentuata ascesa dei tassi».
Un taglio della vita media dunque di quasi un anno in poche settimane che evidentemente ha ampliato sensibilmente il portafoglio di titoli di Stato a breve durata, che possano essere disinvestiti con facilità di fronte a un cambiamento radicale delle prospettive dei mercati. E se i dirigenti della Banca d' Italia si comportano così con i propri risparmi, c' è da credere loro.
Anche nello stesso bilancio il collegio sindacale non sembra sperticarsi in lodi verso la prudenza degli amministratori della Csr, segnalando invece come dal 2012 al 2016 «al notevole incremento dell' attivo ponderato al rischio (+57,56%) non ha corrisposto un correlato accantonamento di risorse ai fondi patrimoniali (+2,22%). Ciò ha comportato una sensibile flessione del total capital ratio», che è passato dal 77,70% del 2012 al 30,97% di fine 2016.
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Anche il collegio sindacale preoccupato dal cambiamento della situazione sui mercati, chiede ai banchieri interni di via Nazionale di cambiare le politiche fin qui seguite su «tassi attivi e passivi molto favorevoli ai soci, che potrebbero non consentire alla Cassa il conseguimento di utili di esercizio di entità tale da potere effettuare adeguati accantonamenti patrimoniali».