Nicola Mirenzi per huffingtonpost.it
barbara alberti
Appena mi apre la porta di casa le ricordo che, per coincidenza, oggi è anche il giorno del suo compleanno: “Guardi che non c’è proprio niente da festeggiare. Le sembra il caso di brindare al fatto che non manca più molto alla mia morte?”. Non ho neanche il tempo di maledirmi per l’imprudenza che mi ha già trascinato giù in strada: “Mi accompagni a comprare una colomba”.
barbara alberti
Mentre andiamo a prenderla, Barbara Alberti sguinzaglia il suo cane bianco, un Golden Retriver di quaranta chili, nel Parco Nemorense, a Roma. “Hai già fatto il vaccino?” chiede a una signora che incontriamo. “Sì” risponde la signora. “Io, invece, devo restare viva altri dieci giorni: mi hanno prenotato il 20 aprile”. Ne è dispiaciuta. Però, appena la signora se ne va, trova subito un motivo d’allegria: “È una consolazione incontrare chi deve vaccinarsi prima di te. Ti fa provare ancora il brivido di essere più giovane di qualcun altro”.
barbara alberti
Barbara Alberti dice sì all’appuntamento solo dopo avermi fatto giurare che prima di arrivare andrò in farmacia a fare il tampone. Eppure, quando mi vede, anziché il certificato di negatività che ho in mano, mi chiede di abbassare la mascherina: “Voglio vedere in faccia con chi sto parlando”. Dice che, da ragazza, era convinta sarebbe arrivata all’età che ha oggi, settantotto anni, ben più stoica: “Invece, mi sono scoperta attaccata alla vita come un sorcio al legno”. Fin qui ha scritto trentasei libri, ventisette sceneggiature, ha tenuto rubriche sui giornali, condotto programmi alla radio, è un ospite adorato dalle trasmissioni televisive, e ha una storia che non riesce a mandare giù.
barbara alberti
“C’è stata una strage di vecchi. Non dico che sia stata una strage intenzionale. Che han fatto fuori i vecchi apposta, studiando un piano diabolico, sul modello nazista: questo no. Però è innegabile che grazie alla pandemia hanno trovato il modo di liberarsi di un bel po’ di anziani che, dal punto di vista di chi stila il bilancio pubblico, costituiscono da tempo una voce impegnativa della sezione ‘spese’. Di chi è la colpa? Di nessuno. O meglio: della disorganizzazione; e di uno stato che dalla parte della disorganizzazione pian piano si è messo. In questo senso, credo si possa parlare di una strage di stato, anche se non è stata una strage programmata, voluta”.
barbara alberti
Ci sono frasi di Barbara Alberti che sono diventate aforismi nazionali (“l’amore è per i coraggiosi. Tutto il resto è coppia”), manie di cui parla a ogni incontro (“pulire, mettere ordine in una stanza, è l’unico miracolo che si è sicuri di riuscire a realizzare ogni volta che lo si vuole”) e spettacolari anticipazioni dei costumi contemporanei (“donne, uomini: i generi sessuali sono degli schemi culturali, quello che ha contato per me è stata la persona che mi son trovata davanti, per questo credo che la fluidità sessuale sia una liberazione reale”).
Si ha l’impressione che il suo privato sia senza segreti finché non si oltrepassa la soglia di casa sua e lei mette le cose in chiaro: “Non la autorizzo a scrivere neanche una parola sulla mia casa”.
Perché?
Perché gli sconosciuti non hanno diritto alla mia intimità. Casa mia la difendo.
Ci è sempre riuscita?
barbara alberti
Una volta sono entrati i ladri e mi son sentita violata. Poi, a mente fredda, ho constatato che non avevano preso niente, e allora mi sono offesa.
Come offesa?
Se non prendi niente, significa che la casa ti ha fatto così schifo che non vedevi l’ora di andartene. E, se permette, questo è offensivo.
Ha risolto con un antifurto?
No. Tengo sempre dei soldi per i ladri in casa. Metta che s’incazzano perché non trovano niente e mi danno una botta in testa. Meglio avere a portata di mano un po’ di banconote. Una volta sono stata via per un po’ di tempo e ho lasciato sul tavolo seicento euro e un biglietto scritto a mano: ’Cari ladri, non troverete niente più di questo. Per favore, accontentatevi”.
Lei si è mai accontentata?
barbara alberti barbara d urso vittorio sgarbi
Direi che ho vissuto felicemente. Ho cercato di essere libera, per quanto difficile sia. Da giovane sono stata anche intransigente. Una scassacazzi micidiale, se ci penso. Insorgo ancora per la stupidità, la malagrazia, la sciatteria, perché in fondo sono una moralista. Però ho sempre riso. Oggi molto più di prima. L’umorismo riscatta dalla morte, dall’assurdità dell’esistenza. È una rivelazione.
Perché una parola così religiosa?
Perché ne ha parlato anche Papa Francesco. Ha detto che ‘l’umorismo è l’attitudine umana più vicina alla grazia di Dio’.
E lei ci crede?
Io non credo. Il Papa sì. Ma su questo siamo perfettamente allineati.
Cioran, invece, diceva che “non c’è Dio che sopravviva al sorriso dello spirito”?
Ha ragione anche lui.
Ma come? È il contrario di quel che ha detto lei.
vittorio sgarbi barbara alberti
Non è vero. Io non sto parlando di ridere di Dio. Quello sì che lo diminuisce. Io parlo di ridere con Dio. L’ha insegnato San Francesco, andando oltre il Nuovo Testamento. Cristo non ride mai nei Vangeli. Le sembra verosimile? Francesco ha insegnato, invece, che la risata è un modo per ridimensionare le pretese dell’uomo, per dare a se stesso il giusto posto nel mondo, per non affogare nel proprio narcisismo.
Dove le ha imparate queste cose?
Da adulta ho scritto di San Francesco e anche di Santa Caterina, ma da bambina ho avuto un’educazione cattolica. Studiavo ad Assisi con le suore. Oggi so che il cattolicesimo mi ha dato il materiale più prezioso che c’è per una scrittrice: la mitologia. I demoni, i santi, la grazia, il peccato, la salvezza, la perdizione: come farei senza?
E prima?
Diciamo che, a lungo, ho sperimentato l’aspetto contundente della religione. Spesso le suore – e anche mia nonna – impugnavano il crocifisso per darmelo addosso. È una lunga tradizione, che risale alle Crociate.
barbara alberti
Al cinema com’è arrivata?
Eravamo ragazzi, io e mio marito Amedeo. Leggevamo incantati I fiori blu di Raymond Queneau, tradotto in italiano da Italo Calvino, e fantasticavamo di fare un film. Avevamo scritto una sceneggiatura e, un giorno, spudoratamente, decidemmo di chiamare la sede di Gallimard, a Parigi, di cui Queneau era direttore.
E che successe?
Ci passarono Queneau e lui ci disse: ‘Vi aspetto a Parigi’. Era proprio un altro tempo, si respirava l’aria della rinascita del mondo. Ci ricevette nel suo studio, piccolo, senza altezzosità. Lesse la sceneggiatura e ci autorizzò a fare il film. Chiamò Calvino, che allora viveva a Parigi, e gli parlò di noi. Ci incoraggiò anche Calvino. E allora partimmo.
Da dove?
dago barbara alberti
Si interessarono alla sceneggiatura sia Federico Fellini, sia Mario Monicelli, tanto che a un certo punto tirarono in ballo Marlon Brando. Eravamo in estasi.
E poi?
Non si fece niente, naturalmente. C’era troppa gente di mezzo e non si misero d’accordo. Noi però entrammo nel mondo del grande cinema italiano e cominciammo a lavorare.
Con chi?
barbara alberti
Con Arrigo Colombo, che aveva prodotto ‘Per un pugno di dollari’: ci pagava per insegnarci il mestiere. Lavoravamo con lui alle sceneggiature, la maggior parte delle quali andavano a finire nel cestino, ma nel frattempo imparavamo come si faceva. Lo stesso facevamo con Italo Zingarelli.
Due master pagati.
La verità è che la vita costava poco. Affittare una casa a Roma, andarsene in giro a cena, non era proibitivo come è oggi per un giovane. Ogni sera alle sette andavano all’Anac, l’Associazione nazionale autori cinematografici. C’erano tutti. Parlavi di un progetto con uno, un altro ti offriva un lavoro. Il cinema esisteva. C’era un pubblico. Ti pagavano. E tu non eri ricattabile.
Oggi non esiste più?
Ci sono degli ottimi registi in Italia, ma il pubblico si è ridotto, le regole sono cambiate. Con Amedeo, abbiamo scritto di recente una sceneggiatura. Sa cosa ci hanno risposto?
No.
Che secondo l’algoritmo mancano degli schemi che il pubblico ha mostrato ripetutamente di gradire.
E allora?
barbara alberti e il marito amedeo pagani
Ma lei s’immagina ‘Otto e mezzo’, ‘Ultimo tango a Parigi’, ‘Blow Up’ sottoposti al giudizio dell’algoritmo. Secondo lei li avrebbero mai fatti?
Chi lo sa.
Siamo passati dall’epoca del possibile dissenso, quando si facevano i film che le certezze dello spettatore le potevano scuotere, all’epoca del consenso obbligatorio, in cui i film devono assecondare per forza i gusti dello spettatore.
barbara alberti
Concretamente che significa?
Che si parte dicendo ‘a quale pubblico si rivolge?’.
È per forza un male?
Ma io te meno se mi chiedi a quale pubblico mi rivolgo.
Lei non scrive per qualcuno che la legga?
Io scrivo per uscire da me stessa, scappare più lontano possibile dal mio io, la fonte di ogni infelicità. Ho capito abbastanza presto di possedere un talento per la scrittura. Questo non significa che non l’ho dovuto coltivare. Ho buttato sette otto libri prima di pubblicare il primo.
Natalia Aspesi ha scritto che lei è “una geniale scrittrice ingiustamente trascurata”.
Natalia è sempre stata generosa con me. Ma non mi sento così. Mi sarebbe sicuramente piaciuto scrivere dei bestseller ma non ci ho mai contato.
E avere più apprezzamenti della critica?
barbara alberti e il marito amedeo pagani
Di quelli non so che farmene. Se qualcuno mi deve giudicare pretendo sia Francesco De Sanctis. Non accetto niente di meno.
Ma De Sanctis è morto da più di cent’anni.
Peggio per i critici che sono ancora vivi. Vorrà dire che devo dirmelo da sola che sono una grande autrice.
barbara alberti
Crede che il suo personaggio pubblico abbia danneggiato la scrittrice?
È vero che da quando ho cominciato ad andare in televisione i miei libri sono stati sempre meno venduti e considerati. Ho trovato qualche giorno fa le recensioni che uscirono per “Delirio”. Furono tantissime. I miei libri facevano chiasso.
Ma perché ha continuato ad andarci, in tv, allora?
Non certo per parlare dei libri. Mi vergogno ogni volta che devo farlo. È un lavoro. A volte, pagato molto bene.
Che uso fa dei soldi?
Un uso dissennato.
Mi spiega perché detesta la coppia?
Perché la coppia non è la forma che assume l’unione di due persone che si amano, la coppia è l’istituto che sancisce la nascita del legame tra due persone che hanno iniziato a mentire l’uno all’altra.
barbara alberti
L’amore che cos’è, invece?
Ma non si può spiegare cos’è. Ogni definizione non può che mancare l’oggetto. Anche se i ciarlatani della classificazione, quelli che vogliono rinchiudere le esperienze umane dentro le loro salde categorie della normalità, non fanno altro che tentare di fissarlo in delle norme.
Cosa ha contro le classificazioni?
barbara alberti e il figlio malcon pagani
Le odio. Perché riducono la vastità dell’animo umano a un concetto astratto, schemi che rimpiccioliscono l’avventura della vita a un souvenir confortevole. Gli spaventati d’ogni genere li riconosci così: dal numero di definizioni che danno. Più ne hanno a disposizione, più significa che sono lontani dalla vita.
Mi faccia un esempio.
La depressione. Ti muore un figlio, sei depressa. Perdi il lavoro, sei depressa. L’uomo che ami ti tradisce, sei depressa. Invece no, non sei depressa.
E cosa sei?
Sei semplicemente cornuta.
Lei lo è stata?
Certo. E ho imparato che le corna fanno male solo la prima volta. Poi non ci fai più caso.
Mi racconti la sua prima volta?
Oddio, la confessione: che impudicizia.
Su.
barbara alberti
E va bene. Mi è successo con un cane.
Mi prende per il culo?
No. È stato tremendo. Si chiamava la Bionda, ho ancora le sue ceneri di là nell’armadio. Di sotto abitava una ragazza, Margherita. Una notte, mi accorgo che la Bionda non c’era più e la vado a cercare. Scendo e mi accorgo che la porta della stanza di Margherita è chiusa, e che la Bionda non c’è. Capisco tutto.
Che capisce?
Al mattino vado da Margherita e le dico: “Guardi che la Bionda è mia moglie. Non la sua”. E lei mi rispose: “Guardi che è stata lei a venire da me, che vuole?”. Aveva ragione. La sera stessa, chiuse la porta della stanza e quando di notte tornai a cercarla trovai la Bionda che miagolava alla sua porta, straziata.
Ma veramente l’ha ferita?
barbara alberti e il marito Amedeo pagani
Ma certo. Perché da un uomo o una donna te lo aspetti. Puoi capire che l’essere umano è complesso, fragile, instabile. Un cane no. A meno che non si consideri l’ipotesi, come faccio ormai io, che i cani si siano così antropomorfizzati che ormai tradiscono esattamente come noi donne e uomini.
È vero che si definisce ‘mistica senza Dio’?
Sì. Sento una forte tensione verso la trascendenza. Anche se non credo che esista nulla sopra di noi. O, comunque, io non ho bisogno di postulare l’esistenza di un creatore divino per sentirla. Credo che una delle ragioni dell’infelicità dell’uomo della nostra epoca risieda nella perdita di questa dimensione spirituale.
Dove la vede questa perdita?
barbara alberti
La pandemia, ce ne fosse stato ancora bisogno, l’ha svelata ancora più chiaramente. Noi siamo stati ridotti a corpi. Non facciamo che parlare giorno e notte dei corpi contagiati, dei corpi che muoiono, dei corpi che guariscono.
E di cosa dovremmo parlare?
Ho trovato poetico Sgarbi il giorno in cui ha arringato i commercianti davanti al Parlamento. Da tempo, le parole di Sgarbi per me non hanno più nessun significato politico, né pratico: sono solo la forma con cui si esprime la sua arte. Dire alle persone respirate, ascoltate il suono del vento che vi attraversa, significa invitare a distaccarsi da sé, è un invito alla trasfigurazione.
Ma lei non era quella che aveva paura del Covid?
Ne ho una paura fottuta.
E allora?
barbara alberti al gfvip
Lei pensa che diventare vecchi significhi perdere la fame di vita? Non è così. La tragedia della vecchiaia è che la fame rimane la stessa di quando si è ragazzi: è il corpo, questa maledetta macchina di carne e di sangue, che non regge più.
E la intristisce?
No. Al contrario. Più si avvicina il giorno fatale e più avverto un’incrollabile voglia di scavare tra me e il giorno della mia morte la diga di un’altra risata, e un’altra ancora, e ancora un’altra, con la speranza che la lugubre signora venga a prendermi quando sarò seriamente impegnata a non prendermi in considerazione.
barbara alberti foto di bacco
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