Barbara Costa per Dagospia
GIORNALISTE ITALIANE CONTRO LE MOLESTIE
“Un colpo al cerchio e un colpetto da chi conta”, “una massa di ridicole”, “pseudo suorine ripulite radical chic”, “fate almeno i nomi, ipocrite!”, “tutte verginelle violate, femministe da chat”. Sono solo alcuni, i più gentili, dei commenti che l’appello filo-#Metoo “È ora di cambiare” di 124 giornaliste italiane ha riscosso sul web. Ed è logico, i lettori non li freghi, non potete prenderli in giro fino a questo punto.
Un altro scrive un eloquente “nun ve se fila nessuno!” e ha ragione, perché questo appello sa di presa per il culo e coloro a cui è rivolto, ovvero i lettori, di essere presi per il culo non ne possono più. I lettori controbattono come possono, del vacuo infotainment tv ne hanno le palle piene, e i giornali non li comprano più apposta: sono cadaveri esposti nelle edicole, non vendono e la causa non è solo il web.
metoo wall street
Care giornaliste, siete derise per il vostro appello perché troppe di voi, insieme ad altrettanti colleghi maschi, hanno perso credibilità: da troppo tempo avete disonorato questa professione dicendo balle colossali e scrivendo pagine illeggibili, dove non c’è un’idea - dico una! - che valga la pena. Chi non vi legge, chi non vi ascolta non è né ignorante né cialtrone: sono lettori mai avuti o persi perché maltrattati, lettori che invece andrebbero venerati, considerati col tutto il riguardo e il rispetto possibili, perché sono l’unico padrone che un giornalista dovrebbe avere.
#metoo
Col lettore un giornalista dovrebbe farci l’amore in ogni pezzo, dargli la scossa, dovrebbe garantirgli un orgasmo, dovrebbe lasciarlo soddisfatto e al tempo stesso fargli venir voglia di volerne ancora e ancora. Col lettore un giornalista dovrebbe crearvi un legame stabile perché sincero, senza lusinghe ma alla pari: con le notizie deve stimolarlo, conquistarsi la sua attenzione, poi scoparselo a dovere, alla fine ringraziarlo per esserci stato. Ogni lettore/ascoltatore è l’amante supremo di un giornalista.
I lettori quanto siete lontane da loro l’hanno capito da tempo, i lettori non sono stupidi come credete voi, voi che l’insulto massimo gliel’avete inserito nel vostro manifesto, quando dite di combattere per tutte le donne, mettendovi non si sa a che titolo sullo stesso piano di chi – anche nel giornalismo – il lavoro se lo suda davvero per stipendi miserabili, e di chi è costretta a chinare il capo di fronte alle ingiustizie perché non ha voce, di chi non può permettersi di perdere uno straccio di impiego senza il quale non saprebbe di che vivere.
CAMPAGNA DI DENUNCIA DELLE MOLESTIE METOO
L’elettorato astensionista, il primo partito d’Italia, è anche formato da queste persone qui, da chi della vostra informazione leziosa, inginocchiata a 90 gradi, noiosa, non ne può più e del vostro manifesto, delle vostre rivendicazioni non sa che farsene, le detesta perché ipocrite, le reputa un’offesa alla dignità.
Volete fare la rivoluzione, volete un mondo migliore ma solo per voi stesse, per il vostro status di privilegiate, e questo i lettori lo sanno, infatti vi bollano per figlie di, parenti di, mogli e amanti di. Volete che i maschi stiano dalla vostra parte ma quando mai, se proprio volete le loro poltrone, ve le dovete conquistare a suon di bestemmie, colpi bassi, sconfitte e forza di rialzarvi.
CAMPAGNA DI DENUNCIA DELLE MOLESTIE METOO
“Finirete per scornarvi tra voi”, scrive un altro utente che la sa lunga, e sarà proprio così. Ma secondo voi giornaliste come Anna Politkovskaja e Maria Grazia Cutuli avrebbero avuto bisogno del vostro appello per fare il loro lavoro? “Andate a lavorare, bambine dell’asilo!”, si legge su un altro tweet, e magari leggete qualche pezzo di Maria Grazia Cutuli, che non la ricorda mai nessuno, perché dura fatica riconoscere la serietà vera, cosa significa battersi e morire per la verità, in nome del giornalismo con la G maiuscola.
MARIA GRAZIA CUTULI stor