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    “LOLO FERRARI CON LE SUE TETTE HA FATTO LA STORIA DEL COSTUME FINENDO NEI LIBRI D’ARTE” – BARBARA COSTA: “AVEVA UN SENO DA 180 CENTIMETRI CHE ESPONEVA OVUNQUE VI FOSSERO TELECAMERE PRONTE A INQUADRARLO, FOSSE UN RED CARPET, UN PARTY CAFONAL, UN SET PORNO. QUEI SENI ERANO GONFIATI DA 22 INNESTI CHIRURGICI IN 5 ANNI. UNA MATTINA IL MARITO, UN MAGNACCIA USCITO DI GALERA CHE L’AVEVA INTRODOTTA ALLA PROSTITUZIONE, SE LA TROVÒ MORTA NEL LETTO. LA PRIMA AUTOPSIA RIVELÒ OVERDOSE DI ANTIDEPRESSIVI, MA LA SECONDA…”


     
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    Barbara Costa per Dagospia

     

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    Le tette uccidono. E poi ti santificano. Passi alla Storia. E per le tette, fai, la Storia, del costume, e sei materia d’arte. E finisci, nei libri d’arte. Chi di voi riesce ad immaginare un seno dal diametro di 180 cm? Lo so, è assurdo, ma tant’era. E un seno simile, è bello? È sexy, attira, seduce? O fa ribrezzo, orrore, al massimo accende fantasie morbose, al minimo, ilarità becere? Lolo Ferrari era una influencer attiva 30 anni prima che questo termine fissasse una professione.

     

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    Lolo Ferrari – francese, italiana per metà – era una ragazza che per lavoro promuoveva sé stessa. Il fenomeno da baraccone che, più o meno di sua sponte, era diventata. Esponeva quel suo astronomico seno ovunque vi fossero telecamere pronte a inquadrarlo, fosse un red carpet, un party cafonal, un talk show, un set porno. Ma quei seni (adesso celebrati nella loro scintilla di maestosità tragica, in un capitolo di "Spark. Arte mai vista. O quasi", di Alfredo Accatino) erano grottescamente gonfiati da 22 innesti chirurgici effettuati in 5 anni uno dopo l’altro senza etica medica, criterio, o bisogno: solo per reazione a una dismorfofobia ignorata che ha portato la padrona di cotante protesi… a morirci.

     

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    Lolo Ferrari era felice solo quando entrava in sala operatoria per un aumento tettonico: “Amo essere operata”, rivelò al "Guardian", “mi sento benissimo in clinica. Amo l’anestesia generale, cadere in quel buco nero sapendo che mi stanno cambiando mentre dormo”. Lolo si è fermata al 22esimo trapianto mammario scontenta: lei avrebbe voluto continuare, ad aumentare. Ma non aveva più pelle a disposizione. Quella del suo petto era tirata e pompata al limite, e oltre. I suoi 180 cm erano il risultato di 3 litri di siero apposito, per 3 chili di peso a tetta.

     

    Un davanzale gigantesco, nel suo ultimo abnorme volume, progettato da un tecnico aerospaziale. 180 cm di tette che però, nel sesso, non servivano a nulla: perché Lolo non sentiva nessunissimo piacere se gliele toccavi: così "ridotte", erano desensibilizzate, capezzoli compresi. Senonché preda di ulcere.

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    Lolo Ferrari era condannata a indossare reggiseni creati apposta per lei, h24, e a convivere con un peso senoso che le deformava la schiena, le impediva di correre ma pure di camminare bene. Lei di frequente cadeva rovinosamente a terra. Respirava male, e addormentarsi era per lei ogni notte una sfida alla morte: non poteva certo stendersi a pancia sotto ma sempre di fianco, e guai a girarsi e a stare troppo tempo a pancia (e seni) su: troppe ore le potevano causare un pericoloso schiacciamento del torace.

     

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    Lolo Ferrari si era sottoposta ad altri delicati interventi al viso (bocca, naso, occhi, fronte), col puro intento di uccidersi. Uccidere l’immagine di lei come era prima della chirurgia estetica, ovvero una ragazza di classe agiata e di buoni studi ma che un’educazione infertale da una madre che si odiava e odiava una figlia in quanto femmina, aveva ammalato di dismorfofobia e depressione.

     

    Che Lolo Ferrari sia la capostipite di quelle influencer che sul web esibiscono come da folli chirurghi siano state rese eccessivamente altro dai canoni naturali, lo mettiamo in dubbio? Ma Lolo Ferrari è esempio di personalità a tal punto fragile e manipolabile che non si può additarle la responsabilità totale della sua autodistruzione. A 17 anni Lolo conosce il primo e unico uomo della sua vita, Eric, un magnaccia appena uscito di galera, più grande di lei di 15 anni, che la sposa, e la introduce alla prostituzione.

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    È il marito-manager che la gestiva, e che la incoraggiava a ogni ulteriore, allucinante, prova operatoria. E che una mattina, se l’è ritrovata morta, nel letto. Noi non sappiamo le vere cause della morte di Lolo Ferrari. La prima autopsia rivelò overdose di antidepressivi. Una seconda parlò di soffocamento, accusa per cui il marito si è fatto 13 mesi di carcere, da sospetto omicida, e accusa da cui è stato prosciolto.

     

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    È probabile che Lolo Ferrari sia morta mentre dormiva imbottita di farmaci, schiacciata dai suoi stessi seni, in posizione sbagliata, gravanti su un corpo minuto e minato da anni di alcool. Ed è come scrive Accatino nel libro che ne omaggia il corpo sublimato a arte: Lolo Ferrari è sepolta a Grasse ma la sua tomba non ha “né nome né data, per scoraggiare feticisti mastofili e necrofili. Non chiedete al custode, non ve lo dirà”.

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