Barbara Costa per Dagospia
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“Io non sono una donna! Quante donne conosci che, come me, su tacco 15 camminano in modo così spedito e disinvolto? Quante ne conosci che indossano parrucche alte 1 metro e più? E quante ne vedi con abiti belli come i miei?”. Evviva, ce l’abbiamo fatta, ci abbiamo messo 13 anni ma finalmente eccoci, eccoli, eccole, in chiaro, ogni domenica sera su Real Time, le Drag Queen italiane o meglio una rappresentanza, le selezionate che fanno il cast di "Drag Race Italia", format italiano di un reality culto nel mondo occidentale.
Ecco l’arte drag in prima serata ed era ora! Se volete spettacolo che spettacolo sia, e quale spettacolo più spettacolo di persone consacrate anima e corpo al genio dell’artificio? Quella drag è una realtà di cui qui in Italia poco e spesso male si sa, ma che si ha estremo bisogno di sapere, perché se vuoi vivere in una società un pochino migliore, meno buia e più allegra, e aperta, è alle drag che devi guardare, prendere, chiedere, imparare.
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Tutto quello portato eccellentemente sullo schermo puntata dopo puntata da "Drag Race Italia" è specchio, è parte di un universo speciale, spumeggiante, eccessivo, colorato, esagerato, che vede e fa proprio nell’esaltazione di una immagine il suo spirito e il suo essere il più autentico. Se è doveroso pregiare nel drag quel tipo particolarissimo di show che da decenni porta in scena, toccando anche il mainstream (ma solo americano), il drag è uno show ma con una forma tutta sua, e che prevede il parossismo di figure en travesti di persone di sesso maschile che danno vita a personaggi che vivono nel momento in cui si esibiscono, e sono personaggi che esistono, o personaggi fantasy, o personaggi appositamente creati, ma sempre personaggi che accendono e ti regalano vita. E però: è sfibrante fissare a un artista drag una sessualità "altra".
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Una o un drag (vi sono infatti anche drag di sesso femminile, che impersonano il maschile, e che sono i "drag king") è un artista che si esibisce assumendo fattezze del sesso opposto portandole a livelli eccedenti e parodistici secondo sua personale (dis)misura. Al contempo è una persona che, smessi vesti e lustrini, e trucco e parrucco, "torna" ad essere la persona reale che è. Un/a drag non è un gay, un trans, un travestito. Una persona che fa la drag non è gay o meglio, può esserlo, ma può essere benissimo etero, bisex, pansex, asex, e qualsiasi sessualità senta di essere.
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E infatti, ci sono drag uomini che nella vita sono etero, e mariti e padri di famiglia. Come ci sono drag uomini (e donne) che sono omosex, e son liberi o sposati o fidanzati o divorziati, a seconda delle scelte e dei casi della vita. E ci sono drag che sono trans. Ma non ci sono drag dalla sessualità drag, perché il drag "fa" la drag, ovvero si traveste per fare spettacolo, vive davanti ai tuoi occhi, su un palco, e poi torna in abiti "civili", che possono anche essere quelli del sesso opposto, se è una persona che ha e in ciò trova la sua natura, ma non nell’acutizzazione estetica e di posa e artifici drag, che sposa nell’eccesso di una parodia la sua realizzazione.
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E "Drag Race" tali eccessi li sublima e concreta. È nella storia personale di ogni drag in gara: tutte loro hanno trovato nel drag disegno e strumento esistenziale. È il drag che le giustifica e le onora. Quella drag è un’arte con un suo gergo e modi di fare che a un profano sembrano gratuiti e striduli, quando in verità sono armi di lotta e di difesa: lo scontro, la ricerca della provocazione, l’alzare la voce, sono i fondamenti del drag, perché il drag marca il territorio colpendo a parole, a gesti, un’alzata di sopracciglio, ogni detrattore, ogni convenzione. La sua è autodeterminazione continua. La lingua di una drag è un rasoio, lei è ironica ma ti insulta, è lo fa perché lei solo così sopravvive: una drag si lascia scivolare addosso ingiurie altrui e quando tocca a lei, non insulta se non ad arte. Una tal lingua tagliente sostanzia la sua cultura.
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Se il mondo drag è composto da queen, king, e pure da "faux queen", le drag false, e cioè donne che, per spettacolo, fingono di essere uomini che fanno le drag queen (e che si esibiscono spesso coi drag king in drag show lesbo), non ci sarebbe stata nessuna consapevolezza, nessun discorso e approdo di massa drag, senza la titanessa RuPaul: lei, o lui, chiamatelo “come vi pare, non mi importa, l’importante è che mi chiamate!”, RuPaul, drag queen la più influente al mondo, lui che "Drag Race" se lo è inventato e fatto figliare e dato in pasto a un pubblico rivelatosi ingordo di drag.
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Di quella che se non fosse per RuPaul sarebbe rimasta una controcultura di nicchia. In campo drag dalla fine degli anni '80, RuPaul è drag cantante, drag attore, drag conduttore tv, drag testimonial e venditore, drag scrittore. RuPaul, da 20 anni fuori da alcool e droghe, sposato dal 2017 con Georges LeBar, con cui convive da 25 anni, è col drag ricchissimo, con un patrimonio di (si dice) 60 milioni di dollari, un ranch sconfinato in Wyoming, e un villone a Beverly Hills, pagato (si dice) 13,7 milioni di dollari.
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