Estratto dell’articolo di Maria Elena Barnabi per “Gente”
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Dopo gli stupri di gruppo di Palermo e di Caivano, si è creato un inaspettato asse oscurantista anti-porno: la ministra Eugenia Roccella, il parroco di Caivano don Maurizio Patriciello e il porno attore Rocco Siffredi sono tutti d’accordo nel dire che bisogna vietare i video hard ai ragazzi, come se non lo fossero già.
Il motivo? La pornografia fa male ai ragazzi perché troppo violenta e perché promuove una cultura che non rispetta le donne, tanto che potrebbe essere alla base degli stupri di gruppo. Don Patriciello ha richiesto lo stop alla Meloni, la ministra Roccella ha annunciato che è allo studio una legge ad hoc e Rocco Siffredi, che negli Anni 90 insieme al regista John Stagliano ha inventato il porno violento dei “gonzo movies”, ha scritto a Roccella, proponendosi come educatore nelle scuole.
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Come madre di un maschio – ora ha 12 anni – è da quando è nato che mi chiedo come affrontare la questione del porno: quando lo vedrà? Cosa penserà? Gli faranno impressione tutte quelle vulve e quei peni enormi, deformi, grandissimi... Sono fissata? Forse: scrivo di sessualità da più di 20 anni e alla questione ho dedicato buona parte della mia carriera. […]
Insomma, interrogarci sull’effetto del porno sui nostri ragazzi non solo è lecito, ma doveroso. Anche perché in Italia la scuola insegna come disegnare un pentagono, ma non a fare l’amore: siamo l’unico Paese dell’Europa occidentale a non avere un programma di educazione sessuale nelle scuole. In questo vuoto cosmico, a un certo punto nella vita dei nostri figli si inserisce il porno: le ricerche dicono che l’età media dei bambini è 11 anni, ma a volte avviene anche prima.
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«Secondo i dati a livello internazionale, guarda il porno il 60-70 per cento di preadolescenti e adolescenti maschi e il 35-40 per cento delle femmine», spiega la dottoressa Roberta Rossi, psicoterapeuta e sessuologa dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma. «A nulla valgono i filtri che mettiamo sul telefonino e sul computer: il porno viaggia sulle chat, sui telefonini degli amici e poi i ragazzi i filtri li sanno aggirare. È una realtà che dobbiamo affrontare».
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«Gli aspetti negativi della pornografia sono sia quantitativi sia qualitativi», dice lo psicoterapeuta Alberto Pellai, autore di vendutissimi libri sugli adolescenti. «Una volta era una cosa proibita per occasioni speciali. Ora i ragazzi di 10-11 anni ne possono fruire nel luogo più sicuro, cioè la loro cameretta e in quantità illimitate. E poiché nel cervello dei preadolescenti si sviluppa prima la parte che ha bisogno costantemente di eccitazione e di iperstimoli, a discapito della razionalità che si forma dopo, questo può instaurare in alcuni casi quasi una dipendenza». […]
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A volte mi chiedo se rispetto ai nostri figli siamo un po’ troppo pessimisti: saranno mica tutti così cretini da non riuscire a distinguere la realtà dalla finzione... Del resto, giocano ai videogame “spara spara” da quando sono bambini, e non è che vadano tutti in giro ad ammazzare le persone per strada (a parte i casi di cronaca).
«Non tutti gli adolescenti cadono nella “trappola” della finzione: si tratta di una fase, dalla quale poi escono serenamente», riprende Rossi. E poi si è visto che gli aspetti negativi attecchiscono di più sulle personalità fragili.
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Come accorgersene? «Se il ragazzo modifica sensibilmente le sue abitudini di vita, sta sempre chiuso nella sua cameretta, non vuole uscire, diventa introverso e risponde in modo strafottente, allora qualcosa sta accadendo. Farlo parlare, chiedere l’incontro con uno specialista, proibire il cellulare sono cose da considerare».
Affrontare la questione della pornografia è sempre utile, sia come prevenzione sia quando ci rendiamo conto che nostro figlio ne fa uso. «Dare il buon esempio è la prima regola», riprende lo psicoterapeuta Alberto Pellai.
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«Se il padre ha video porno sul cellulare e li condivide con gli amici, come possiamo pretendere che il figlio non faccia altrettanto? La coppia di genitori inoltre è il primo esempio di interazione tra maschile e femminile con la quale cresce il figlio. I rapporti sono rispettosi?». Alla base di tutto però c’è il dialogo.
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[…] «Ai ragazzi bisogna spiegare cosa è la pornografia, dire che è una rappresentazione scenica fatta con attori, e che è finta come finto è un film, o una favola. E che il sesso è altro, è avere a che fare con una persona, è una scoperta, un percorso. Bisogna tornare sul concetto più volte, come per qualsiasi aspetto educativo». Può essere utile vedere assieme film o serie tv che possono stimolare una discussione.
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Qualche titolo? Il classico Il laureato, oppure una serie mirata come Sex Education, ma anche i telefilm generazionali come Mare fuori o Skam. Servono anche i manuali di educazione sessuale: ne esistono di adatti a seconda delle età. E se i ragazzi sono tra i pochi che amano leggere, perché non fargli “distrattamente” trovare qualche romanzo erotico su cui si sono formate le vecchie generazioni, come Porci con le ali?
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«L’importante è non demonizzare il porno», conclude Roberta Rossi. «La rivoluzione tecnologica che stanno vivendo i ragazzi è importantissima, non va negata. Dobbiamo farci spiegare da loro cosa stanno vivendo, i loro dubbi e le difficoltà. E poi aiutiamoli a trovare la loro strada».
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