FEMMINICIDIO PERUGIA
Laura Montanari per “la Repubblica”
A un’amica, dopo mille insistenze, aveva confidato che lui la picchiava. Occhiali scuri per nascondere le botte, cellulare staccato per ore, a volte anche per giorni. «Non cercatemi» raccomandava e alzava un muro di silenzio. Per paura, per amore del figlio di sei anni, per la fatica che si fa a capire che l’amore non c’è più.
Raffaella Presta aveva 40 anni ed è morta ieri uccisa da un colpo di fucile sparato dal marito. Raffaella era un avvocato conosciuto a Perugia, lavorava nel penale ed era esperta nel diritto di famiglia: «Sapeva perfettamente quali strumenti legali poteva usare per difendersi da quell’uomo» racconta un collega. Ma non li ha usati.
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È stata centrata in pieno da una fucilata ieri pomeriggio nella villa rossa in fondo al vialetto, vicino alla stazione, quartiere Bellocchio. Mentre nella giornata del 25 novembre le donne erano in piazza a manifestare contro la violenza e i femminicidi, lei moriva al buio tra una stanza e un corridoio della sua casa.
Un colpo di fucile al ventre. Francesco Rosi, 43 anni, agente di commercio, ha telefonato il 112: «Ho fatto qualcosa di grave a mia moglie». Si fatica sempre a chiamare le cose col loro nome.
Dal centralino dei carabinieri hanno insistito e lui ha ceduto: «Ho sparato». In altri piani della stessa casa c’erano la sorella di Rosi che è avvocato, il padre, ex medico ora in pensione. C’erano anche due bambini, uno è il figlio della coppia, l’altro un amico. È arrivata l’ambulanza con il medico, ma era già troppo tardi. Rosi è stato portato in procura e non ha risposto alle domande del pm, «si è avvalso della facoltà di non rispondere » ha spiegato Luca Maori, il suo avvocato.
FEMMINICIDIO 4
«È sotto shock, non si rende conto di quello che è successo, ha anche detto che non pensava che sua moglie fosse morta». È stato arrestato in flagranza con l’accusa di omicidio e si trova ora in carcere. Indagano i carabinieri. «Raffaella era una persona stupenda, stimata, preparata e forte - racconta una collega - ci conoscevamo dal 2007». Da prima dell’estate aveva lasciato lo studio legale in cui lavorava.
«L’abbiamo vista cambiare, arrivava tardi, si assentava, diventava irrintracciabile. Non diceva niente, ma noi avevamo capito che c’era qualcosa che non andava». Ci sono volute molte domande perché cedesse e raccontasse delle botte. «Raffae’ denuncialo». Lei niente, sperava di potercela fare. «Una volta so che le ha rotto anche il timpano».
Secondo un’altra amica Francesco Rosi era ossessionato dalla gelosia. «Per questo l’ha costretta a lasciare il lavoro». Vedeva ombre ovunque. L’ultima lite, ieri, tra la stanza e il corridoio, «per futili motivi» dicono i carabinieri. Rosi ha imbracciato il fucile da caccia di suo padre e ha fatto fuoco.
«Come volete chiamarlo se non femminicidio? - ha scritto su Facebook la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini - Questa è una vera emergenza sociale e culturale. Dobbiamo fermare questa strage di donne uccise solo perché donne da uomini che dovrebbero garantire relazioni civili, affettive ed umane ».
FEMMINICIDIO 3
«Dolore e sgomento» sono le parole usate dal sindaco di Perugia, Andrea Romizi: «La violenza tra le mura domestiche, spesso per mano di persone vicine alla vittima, è ormai un’emergenza che pare inarrestabile spiega -.
Sia personalmente che come istituzioni non possiamo assistere impotenti ai continui e crescenti episodi di femminicidio. Siamo tutti chiamati - conclude Romizi - a un rinnovato impegno, mettendo in campo ogni possibile iniziativa per fermare questa strage».