1. IL PARTITO DEL RINVIO ORA GONGOLA
Carlo Bertini e Ugo Magri per la Stampa
la foto che commuove il web renzi post elezioni
Le voci filtrate dalla Consulta narrano di uno scontro epico, combattuto a colpi di precedenti giuridici, in cui mai nessun giudice costituzionale si è azzardato a tirare in ballo ragionamenti politici. Eppure non ce n' è uno, tra i quasi mille onorevoli riuniti ieri alla Camera in seduta comune, che considerasse la sentenza diversamente da un Valium. Il cui effetto è distendere i nervi e rallentare la corsa verso le urne.
Soprattutto i peones (attenti alla data del 15 settembre quando matureranno la pensione) sono convinti di avere sventato il rischio che un sì della Corte sull' articolo 18 terrorizzasse a tal punto l' establishment, da spingerlo alle urne pur di posticipare di un anno il nuovo show-down referendario. La battuta più in voga nel Transatlantico, non a caso, è: «La Consulta ha approvato l' articolo 2018», cioè l' anno in cui a questo punto si andrà a votare.
lorenzo guerini
Ai piani altissimi delle istituzioni c' è chi considera la decisione della Corte un sano elemento di riflessione per tutti, ex premier compreso. Il quale viene descritto in quegli ambienti come intento a preparare le elezioni, certo, ma non ancora del tutto determinato a staccare la spina della legislatura. Potrebbe farlo, ma anche no, soppesandone i pro e i contro. In pubblico il Pd nega che il finale sia già scritto.
Anzi, il traguardo ufficiale resta lo stesso: votare a giugno come termine massimo. Con qualunque legge elettorale, meglio se corretta per favorire la governabilità. «Le elezioni nulla c' entrano con una sentenza che conferma la bontà del jobs act», taglia corto il numero due del partito, Guerini. Anzi, Gentiloni e lo stesso Renzi risultano soddisfattissimi che sia stato confermato l' impianto di una riforma come quella sul lavoro.
guglielmo epifani
Con una motivazione che smonta la tesi secondo cui Renzi, machiavellicamente, avrebbe tifato per un via libera al referendum: «Vi immaginate cosa sarebbe successo se, dopo avere interrotto la legislatura e magari avere vinto le elezioni, Matteo si fosse ritrovato a fare i conti con un altro referendum, per giunta sui licenziamenti?». Solo un masochista poteva desiderarlo.
Sia come sia, ora il governo ha un «mission» in più: sminare i due quesiti rimasti in piedi. Secondo uno che se ne intende, come l' ex leader Cgil Epifani, evitare il referendum sarà facile sugli appalti e molto complicato sui voucher. Dalle parti di Gentiloni contano di farcela e dal loro punto di vista si capisce perché: guai se si arrivasse alle elezioni politiche con la sinistra lacerata sul tema lavoro.
La minoranza Pd già minaccia una campagna per «due sì», Emiliano e Speranza lo vanno sbandierando, Bersani vorrebbe rivoltare il job act come un calzino. Voucher e lavoro nero sono dunque già il cuore della battaglia congressuale anti-renziana dentro il Pd.
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Enigma Consulta - Tra due settimane la Corte sarà di nuovo protagonista, ma sull' Italicum. E il risultato è incerto. Se avesse deciso a ottobre, è sicuro che l' avrebbe bocciato: così garantiscono autorevoli membri. Ma da allora gli equilibri interni sono mutati, e nessuno mette più la mano sul fuoco. Ogni previsione potrebbe essere ribaltata, perfino sul ballottaggio.
2. NIENTE SPALLATA AL JOBS ACT
Roberto Giovannini per la Stampa
Susanna Camusso si aspettava da giorni brutte notizie dalla Corte Costituzionale. E così, ieri, nella conferenza stampa convocata per commentare la decisione della Consulta, la leader della Cgil si è presentata accanto a due manifesti - evidentemente da tempo preparati - con lo slogan «Libera il lavoro - Con 2 sì tutta un' altra Italia». E ha detto che «la notizia di oggi è che inizia una campagna elettorale dei due sì ai referendum».
SUSANNA CAMUSSO SHOPPING NATALE
Insomma, anche se c' è tanta delusione - e rabbia - in Corso d' Italia si fa buon viso a cattivo gioco. Anche se non potranno usare il tema dei licenziamenti come innesco per dinamitare il Jobs Act, Camusso e i suoi compagni di sindacato confidano di poter utilizzare allo stesso scopo il tema dei voucher.
«Forse neutralizzando il quesito sui licenziamenti si sperava di neutralizzare il punto politico più rilevante - spiega Agostino Megale, già segretario confederale, ed ora leader del sindacato dei bancari - ma così non è».
Il ragionamento parte da una considerazione di fondo: se c' è (e c' è) un' onda forte di dissenso contro Renzi e il renzismo, il tema che la alimenta è proprio quello del lavoro e del reddito. «Se ci si riflette - continua il sindacalista - i voucher simboleggiano proprio l' assenza di impiego, e la sostituzione del poco lavoro che c' è con una inaccettabile precarietà».
felpa fiom camusso landini
Vedremo. Intanto, però, c' è stata la bocciatura del quesito sui licenziamenti. Una decisione che ha fatto infuriare anche i pochi dirigenti e categorie sindacali - come gli edili e i trasporti - che a suo tempo si astennero in Direttivo, non condividendo sostanzialmente la scelta di Susanna Camusso (presa con l' appoggio del leader Fiom Maurizio Landini) di andare al referendum. Anche chi pensava e pensa che il referendum fosse un mezzo passo falso, oggi seguendo lo stile Cgil «si stringe a difesa della baracca».
fausto bertinotti
Nessuno oggi se la sente di criticare quella scelta. A maggior ragione in un momento in cui la confederazione si sente sotto attacco. Insospettisce poi il fatto che un quesito referendario costruito esattamente sulla falsariga di quello presentato da Rifondazione - e approvato a gonfie vele dalla Consulta nel 2003, anche se poi mancò il quorum - sia stato bocciato dai giudici costituzionali. Perché quello di Bertinotti fu considerato ammissibile, e questo - identico nel meccanismo - invece no? Perché il metodo dei precedenti, a cui sempre la Consulta si è ispirata, in questo caso non è stato usato?
VOUCHER JOBS ACT
Nessuno in Cgil parla apertamente di una «decisione politica» della Corte Costituzionale; ma il senso è quello. «Nel 2003 - afferma Megale - il governo Berlusconi non attivò l' Avvocatura dello Stato per chiedere la non ammissibilità, oggi il governo Gentiloni sì. Prima differenza. E poi, è chiaro che stavolta hanno prevalso considerazioni di contesto politico. A maggior ragione dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre».
In ogni caso, la Cgil non intende aprire un fronte di battaglia con la Consulta. Camusso in conferenza stampa ha parlato dell' eventualità «di ricorrere alla Corte Europea in merito ai licenziamenti», ma non è cosa che riguardi il giudizio della Consulta sul referendum: da tempo il sindacato ritiene che alcune norme del Jobs Act si scontrino con alcuni principi delle normative europee.
VOUCHER JOBS ACT1
Una mossa mirata anche per premere sul governo, che - si sa - ha intenzione di ritoccare in qualche modo la normativa sui voucher con l' evidente obiettivo di vanificare il referendum abrogativo cigiellino. Se sui voucher «le cose sono quelle che sentiamo raccontare, piccole modifiche, non c' è alcuna coerenza con il quesito referendario», dice Camusso, che invece afferma che i voucher sono «uno strumento malato, che bisogna avere il coraggio di azzerare». Ma la sindacalista di Corso d' Italia sa molto bene che sarà poi la stessa Corte Costituzionale a decidere se l' eventuale modifica legislativa varata da governo e maggioranza sarà sufficiente per cancellare il referendum. Sarebbe un secondo «scherzetto» da parte della Consulta.