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    TANTO RUMORE D’ORIENTE PER NULLA - BEE È FUORI GIOCO, I CINESI ANCORA VAGHI: BERLUSCONI, CHE NON HA TROPPA VOGLIA DI CEDERE IL MILAN, SI TIENE IL CLUB E PENSA AL RILANCIO - SUL MERCATO PRIMA IL NUOVO TECNICO, POI CACCIA AL CENTRAVANTI (IBRA?)


     
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    Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”

     

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    Non c’è forse bisogno di attendere la prima settimana di giugno per capire quello che accadrà al Milan: lo scenario che si era cominciato a delineare nei giorni scorsi esce rafforzato dalle parole di Silvio Berlusconi e dal passare del tempo. Ovvero: per adesso al Milan non succede proprio niente.

     

    Tutto il trambusto degli ultimi mesi, gli incontri, gli accordi spacciati per già conclusi, le trattative in finta esclusiva hanno prodotto come risultato che il club resta in mano a Berlusconi (con la figlia Barbara e l’ad Adriano Galliani). 
     

    Mr Bee Taechaubol è stato messo in attesa fino a data da destinarsi (da Bangkok però sperano ancora), forse perché, al di là di alcune scelte di comunicazione poco apprezzate, ha offerto troppo poco (si dice che sì, Bee era pronto a pagare il 51% del Milan 500 milioni, ma che poi fosse previsto un acquisto di un altro 19% a un prezzo simbolico e quindi 500 milioni sarebbe diventato il valore del 70%); quanto ai cinesi, ci sono eccome, ma non è il primo ministro a trattare direttamente con Berlusconi.

     

    Il governo, al massimo, sceglie qualche informale emissario. È vero però che, dopo che il primo ministro ha espresso il desiderio che la Cina diventasse una superpotenza nel calcio, i grandi gruppi del Paese stanno facendo a gara per realizzare le direttive governative.

     

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    Al cospetto di Berlusconi si sono succeduti almeno tre interlocutori diversi: Richard Lee (che è tornato ad Arcore lo scorso weekend); gli uomini (e la donna) di Apec Foundation e infine altri uomini legati a Fu Yixiang (Camera di Commercio), incontrati la scorsa settimana: i progetti presentati sono grandiosi, coinvolgono lo sviluppo del brand, per ora però non si è arrivati a proposte concrete. L’approdo cinese prima o poi resta quello più probabile, nell’ambito di tante altre acquisizioni concluse in Italia (e in Europa), ma servirà tempo. 
     

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    Se poi si aggiunge che Berlusconi, da una parte tiene in piedi discorsi di vendita perché è ben consapevole che al Milan servano nuovi investimenti (e così gli ricordano da Fininvest), ma dall’altra non ha nemmeno tutta questa voglia di concludere, ecco che si capisce la fase di stallo. Sul mercato, però, qualcosa il presidente dovrà fare, anche da solo. Chi gli è vicino ha registrato da un po’ di tempo un pesante malumore — molto più di quanto espresso pubblicamente — verso Pippo Inzaghi, cui Berlusconi addebita diverse colpe.

     

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    Vincenzo Montella è una possibilità solo se rescinderà dalla Fiorentina senza clausola (dovrebbe rinunciare a due anni di contratto per mettersi sul mercato, servirebbe una promessa), Maurizio Sarri piace a Galliani ma il presidente per ora è tiepido, così come su Unai Emery (che conosce poco). Inoltre, fedele alla linea che primum attaccare, Berlusconi vorrebbe un nuovo centravanti (Destro ha convinto poco).

     

    Quanto al progetto del Milan degli italiani non va inteso come un imperativo categorico, però è una tendenza che sarà incentivata, infatti, come ha detto a Saronno, Berlusconi avrebbe preferito veder lanciato, in una stagione senza più obiettivi, qualche giovane della Primavera (un esempio: Calabria). E poi si sa, in Cina il made in Italy ha sempre un certo successo. 
     

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