MAURIZIO BELPIETRO
Maurizio Belpietro per “Libero quotidiano”
Boom. Ieri l’Inps ha dato i numeri, e che numeri. Secondo l’istituto previdenziale, a cui Renzi ha da poco regalato un presidente progressista e di sinistra, il professor Tito Boeri, nel primo trimestre del 2015 sarebbero stati registrati 319 mila nuovi contratti di lavoro. Un balzo del 138 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Roba da non credere.
E infatti in molti non ci credono, anche perché appena dieci giorni fa l’Istat aveva diffuso una rilevazione in cui si segnalava un calo degli occupati e non un aumento. Secondo l’ente statistico nel solo mese di marzo a perdere il lavoro erano stati in 59 mila e facendo i conti sugli ultimi dodici mesi addirittura si arrivava a quota meno 138 mila, con una riduzione del 4,4 per cento. Come si concili il dato diffuso dall’Osservatorio sulla precarietà dell’Inps con quello sull’occupazione dell’Istat è un mistero.
TITO BOERI
L’arcano della doppia contabilità del mercato del lavoro è così imbarazzante che ha indotto i vertici dell’istituto previdenziale a una spiegazione. In pratica la difformità consisterebbe nel metodo di rilevazione. L’ente presieduto da Boeri contabilizzerebbe i contratti e dunque, secondo l’ufficio propaganda dello stesso ente, il calcolo dei neoassunti avrebbe valore scientifico. Mentre l’istituto statistico farebbe valutazioni a campione, come nei sondaggi, e dunque i numeri dei due centri studi non collimerebbero
Irpef Irap Inps
Spiegazione curiosa, che imporrebbe immediatamente un’altra domanda, ossia perché debba esistere un istituto di statistica che non fa statistica bensì rilevazioni di tendenze, ma forse conviene lasciar perdere e concentrarsi sui numeri, perché più della propaganda sono in grado di spiegare che cosa sia davvero accaduto tra gennaio e marzo nelle nostre aziende. Come è noto, dall’inizio dell’anno è entrato in vigore lo sgravio sui contributi che, per ogni assunto, regala alle imprese 8.500 euro.
Un bel risparmio per l’imprenditore ma purtroppo anche un bel salasso per le casse dello Stato, che ovviamente dovrà ripianare lo sconto utilizzando la fiscalità generale, oppure, come è stato ipotizzato, il successivo aumento dei contributi, magari a carico di chi non ha assunto, che così impara a comportarsi come si deve. Che la decontribuzione costi è un fatto, ma indipendentemente dai bilanci dello Stato (le somme le tireremo fra un po’) sul mercato del lavoro fa sentire effetti benefici, perché più del Jobs Act ha smosso le acque stagnanti dell’economia. Funziona dunque?
INPS ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE jpeg
Forse sì, forse no. Già, perché se è vero che all’Inps risultano centinaia di migliaia di nuovi contratti registrati a inizio anno, è pur vero che forse questi contratti non significano nuovi posti di lavoro, ma solo una trasformazione di quelli vecchi ma precari.
L’Inps in pratica non scremerebbe dalle nuove assunzioni chi aveva un contratto di lavoro autonomo o irregolare e dunque registrerebbe tutti come neoassunti, senza cioè fare la tara fra entrate e uscite. Per l’Istat invece se uno prima lavorava, anche se non inquadrato a tempo indeterminato, non si tratta di un’assunzione nuova, ma semplicemente - grazie a un regime contributivo favorevole - della trasformazione di una vecchia.
istat
A conferma il Sole 24 Ore scrive che nei primi tre mesi dell’anno sono aumentate le trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine e quelle di contratti di apprendistato. Tolte le trasformazioni, il dato occupazionale nei primi tre mesi resterebbe per l’Inps sempre positivo, ma quasi dimezzandosi rispetto alle prime trionfali cifre. Tutto ciò - mistero compreso - non ha impedito al governo di dare fiato alle trombette. Il presidente del Consiglio non si è infatti lasciato sfuggire l’occasione per commentare ed enfatizzare i risultati, manco fosse una partita di calcio.
la firma di renzi sul jobs act
«I dati ufficiali dell’Inps ci dicono che la strada da percorrere è ancora lunga, ma la macchina finalmente è ripartita», ha commentato via Facebook. Per Renzi si tratta dell’effetto Jobs Act anche se più che il piano per il lavoro sembra aver contribuito la possibilità di risparmiare i contributi.
Tuttavia, indipendentemente della grancassa suonata un po’ troppo in fretta da Palazzo Chigi - successe la stessa cosa un mese fa, con le prime avvisaglie dell’effetto decontribuzione - ciò che conta è la durata del trend. Si tratta di capire se la ripresa c’è davvero e se si porta dietro anche nuova occupazione o, come temono in molti, il Pil sale ma i posti di lavoro restano dov’erano.
Perché a parole siamo sulla strada giusta, ma ce lo avevano assicurato anche i precedenti presidenti del Consiglio e abbiamo visto dove ci hanno portato. Anzi. Per una valutazione dell’operato dei governi Tassa che ti passa (Monti, Letta, Renzi) rinviamo al commento del professore Paolo Savona che pubblichiamo a pagina 4. La parola più interessante dell’ex allievo di Guido Carli è truffa. Buona lettura.
contro il jobs act