Maurizio Belpietro per “la Verità”
ROMANO PRODI ANGELO ROVATI
Un po' di anni fa, quando a Palazzo Chigi c'era Romano Prodi, un suo stretto collaboratore, tale Angelo Rovati, scrisse un piano per scorporare la rete telefonica e toglierla all'azienda che la possedeva, ossia Telecom, con la scusa del debito eccessivo di quest' ultima.
ANGELO ROVATI
Quando la proposta finì sui giornali scoppiò un putiferio, perché il governo si intrometteva negli affari di un'azienda privata quotata in Borsa, progettando un'operazione che somigliava molto a un esproprio. In coro, tutti i giornali si chiesero che titolo avesse Rovati, e di conseguenza Romano Prodi, per occuparsi di un business da cui lo Stato aveva scelto deliberatamente di uscire, privatizzando Telecom.
maurizio belpietro sulla terrazza dell atlante star hotel (1)
Ma soprattutto, l'intera stampa si interrogò sul senso di un intervento pubblico che avrebbe reso l'ex monopolista telefonico un semplice gestore di servizi, senza più la proprietà della rete. La discussione si concluse con le dimissioni di Rovati e l'accantonamento del piano, che finì in un cassetto e lì dimenticato.
Da allora è trascorso più di un decennio e a Palazzo Chigi non c'è Romano Prodi, ma Giuseppe Conte, il quale si sta muovendo in maniera ancora più maldestra e arrogante dell'ex premier dell'Ulivo.Le cronache di questi giorni riferiscono infatti di una telefonata del premier a Luigi Gubitosi, che di Tim (l'azienda nel frattempo ha cambiato nome) è l'amministratore delegato.
luigi gubitosi foto di bacco
Il colloquio, secondo indiscrezioni, sarebbe avvenuto a ridosso di un consiglio di amministrazione o, addirittura, mentre il cda era in corso. E che cosa aveva di così urgente l'avvocato di Volturara Appula da comunicare al manager di una società quotata? A quanto pare, il capo del governo voleva bloccare un'operazione sulla rete che Tim sta portando a compimento.
patuanelli conte
Ovvero, l'ingresso nel piano di un fondo americano, Kkr, per sviluppare, tramite una consociata, la rete secondaria per la cablatura delle città. Il presidente del Consiglio avrebbe in pratica comunicato a Gubitosi che l'esecutivo è contrario ad aprire agli investitori stranieri, avendo un forte interesse alla costituzione di un'infrastruttura nazionale, con il coinvolgimento di altri investitori italiani.
MAURIZIO BELPIETRO
Naturalmente il governo può coltivare tutte le aspirazioni che vuole, ma si dà il caso che Tim sia una società privata, che si muove nel contesto di un mercato libero, e in questo momento sta progettando un investimento senza chiedere un euro allo Stato. Dunque, perché Conte si intromette in un'operazione di mercato che punta a realizzare un'opera utile per il Paese, con il coinvolgimento di un fondo estero con radici in un Paese amico e comunque con una quota di minoranza?
Alla domanda al momento non c'è risposta, ma in compenso a quello che pare un intervento a gamba tesa, come detto maldestro e arrogante, se ne sono aggiunti altri. Prima il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, poi il viceministro, Stefano Buffagni, entrambi grillini, hanno sostenuto che la rete è di interesse nazionale e non può rimanere nelle mani di Tim, che dunque dovrebbe rassegnarsi a vendere o per lo meno a cedere la maggioranza a un partner pubblico, immaginiamo la solita Cassa depositi e prestiti, magari sostenuta da Enel.
XI JINPING GIUSEPPE CONTE
Risultato: in Borsa il titolo è stato messo sotto pressione e molto probabilmente lo sarà anche nei prossimi giorni, dato che anche il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri (Pd), potrebbe decidere di allinearsi alla linea grillina. Perché il governo debba intervenire in maniera rozza su una società privata quotata non è chiaro. È vero che l'esecutivo conserva il golden power su aziende di interesse nazionale e cioè il potere di opporsi all'acquisizione di imprese strategiche da parte di gruppi extracomunitari, ma in questo caso non c'è in ballo nulla di tutto ciò.
LUIGI GUBITOSI FRANCO BASSANINI
La proprietà della nuova società rimarrebbe di Tim, perché il nuovo investitore avrebbe una quota di minoranza. Dunque, niente danneggerebbe gli interessi pubblici. In compenso, l'intervento autoritario del presidente del Consiglio e dei ministri nuocerebbe e non poco a una società quotata e ai suoi azionisti, lasciando presagire un esproprio della rete, con toni vagamente ricattatori.
le carcasse delle auto sotto il ponte morandi
Le società trattate in Borsa sono soggette a regole precise e a norme comunitarie in materia di governance, Opa e insider trading. Certo non è consentito a nessuno, neppure a ministri e sottosegretari, un intervento che possa alterare le quotazioni delle azioni. La manipolazione del mercato con dichiarazioni e interventi è un reato, così come lo è la diffusione di notizie che possono influire, negativamente o positivamente, sull'andamento di una società, «fornendo indicazioni false o fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario».
ANGELO ROVATI ROMANO PRODI
In pratica, con le loro ripetute ingerenze, ministri e sottosegretari stanno alterando l'andamento in Borsa di un'azienda quotata, minacciando interventi normativi e addirittura lo scorporo di un asset strategico per conferirlo in un'altra società a controllo pubblico.Già abbiamo assistito con stupore all'operazione Autostrade, un pasticcio che a oggi non è affatto risolto, a differenza di quanto annunciato dal governo.
Anche in quel caso, noi che pure non siamo mai stati teneri con i Benetton, abbiamo denunciato i pericoli di un'operazione che rischia di fare il gioco della stessa famiglia di Ponzano Veneto e di violare le regole di mercato. Ma nel caso Tim è anche peggio, perché espropriare una società senza che neppure ci sia stata alcuna inadempienza da parte dell'azienda espone il Paese a pericoli enormi.
LUIGI DI MAIO THOMAS MIAO
Non solo quello di dimostrarsi uno Stato dove le regole del diritto e della proprietà privata sono lasche e soggette agli umori politici del momento, ma in cui gli interessi dei gruppi di potere nazionali e internazionali sono più forti della legge. Intervenire sulla rete in un momento in cui i grillini al governo spalancano le porte delle infrastrutture telematiche alla Cina (domani è previsto un incontro fra il ministro degli Esteri di Pechino e Luigi Di Maio) non lascia per niente tranquilli.Come detto, Angelo Rovati per molto meno si dimise. Conte e compagni invece continuano a fare danni.