Alessandro Barbera per ''la Stampa''
luciano benetton
Se fossimo su un ring, si potrebbe sostenere che da ieri il pugile Benetton vacilla e il governo può sferrare il colpo finale. La sentenza della Corte costituzionale sull'esclusione di Autostrade dalla ricostruzione del ponte di Genova dà allo Stato il margine per ottenere ciò che finora non aveva ottenuto. Se la soluzione passasse dai numeri, la distanza fra le parti sarebbe colmabile. Ieri i capo di gabinetto dei tre palazzi coinvolti (Palazzo Chigi, Tesoro e Infrastrutture) hanno trattato a lungo con gli amministratori delegati di Atlantia (controllante di Autostrade) e della stessa Autostrade.
Il governo chiede una riduzione immediata delle tariffe fino al 10%, Autostrade partiva dal 5% ma è disposta a trattare. Il governo chiede 3, 4 miliardi di compensazioni, Autostrade fino a ieri era ferma a 3 ma è disposta a trattare. Il governo propone una modifica della norma che regola l'eventuale revoca della concessione, Autostrade è disposta a discuterne. E poi c'è il nodo più delicato: la perdita del controllo di Autostrade da parte della famiglia Benetton. Oggi Atlantia ne possiede l'88%: i Cinque Stelle chiedono di scendere sotto al 50%. Anche su questo la famiglia Benetton è disposta a trattare. Il governo fa sapere di aver dato tempo fino a lunedì, quando dovrebbe esserci un nuovo incontro. Se non fosse l'ennesimo, potremmo definirlo un ultimatum. Il governo è nel momento magico.
roberto tomasi 2
Di qui a un mese sarà inaugurato il nuovo ponte, i Benetton e gli altri soci del gruppo sono indeboliti. Dopo la modifica con l'ultimo decreto Milleproroghe del valore della concessione (da 23 a 7 miliardi) il rating delle obbligazioni di Autostrade è junk (spazzatura): se non è ancora fallita, lo si deve ad un prestito della capogruppo. Il problema non sono gli azionisti di Autostrade, ma quelli del governo. La maggioranza arriva al taglio del nastro dilaniata: Pd contro Cinque Stelle e viceversa, il premier Conte contro i suoi ministri e viceversa. Non solo: fra gli stessi Cinque Stelle c'è chi - vedi Alessandro Di Battista - soffia sul fuoco della richiesta di revoca della concessione. Le amministrative sono alle porte (a settembre, anche in Liguria) e non c'è argomento migliore per recuperare il consenso perduto. Conte finora ha preso tempo, l'unica arma a sua disposizione.
carlo bertazzo
Racconta una fonte che nei giorni scorsi la ministra dei Trasporti Paola De Micheli si è spinta ad ipotizzare coi vertici della società l'uscita totale di Atlantia da Autostrade. Una richiesta finita nel nulla, ma che spiega il clima. Per i duri e puri dei Cinque Stelle la soluzione passa solo di lì. Fra zero e 88% in realtà c'è il compromesso che porrebbe fine all'estenuante trattativa. La soluzione la stanno discutendo i consulenti delle due parti, ed è simile a quella che evitò il fallimento di Salini-Impregilo. Cassa depositi e prestiti è disposta a partecipare a un aumento di capitale dedicato che farebbe scendere i Benetton (o meglio, Atlantia, dentro cui ci sono diversi investitori internazionali) sotto il 50% di Autostrade.
A quel punto i Cinque Stelle avrebbero a disposizione l'argomento politico decisivo: le Autostrade sono tornate nelle mani dello Stato. O meglio, in quelle dei risparmiatori postali che avevano già contribuito a salvare dal fallimento proprio la società di costruzioni che ha rimesso in piedi il ponte di Genova. «È una questione di prezzi», dice una fonte impegnata nella trattativa. Il prezzo delle azioni dei Benetton, quello politico dei Cinque Stelle. Twitter @alexbarbera
giuseppe conte paola de micheli ponte genova