Paolo Rodari per "La Repubblica"
CARDINALE TARCISIO BERTONESono bastati pochi minuti a braccio per Papa Francesco per chiarire una volta per tutte chi nella Chiesa italiana è chiamato a condurre i rapporti con la politica: non più la segreteria di Stato vaticana del cardinale Tarcisio Bertone che nel 2007, appena Angelo Bagnasco venne eletto capo della Conferenza episcopale italiana dopo Ruini, scrisse una lettera che rimane un unicum rivendicando per sé l'esercizio di questi rapporti, ma la stessa Cei nel nome del suo presidente.
IL PAPA BERGOGLIO IN PULLMAN CON I CARDINALICon uno strappo al testo ufficiale, il Papa ieri sera iniziando la meditazione tenuta nella basilica vaticana insieme ai vescovi italiani riuniti a Roma per l'assemblea generale (tecnicamente si è tratta di una professione di fede) a sorpresa ha ribaltato le carte in tavola e ha ridato a Bagnasco ciò che prima della lettera di Bertone non gli apparteneva più: «Il dialogo con le istituzioni sociali, culturali e anche politiche è compito vostro, e non è facile, è una cosa vostra, andate avanti», ha detto significativamente Francesco guardando negli occhi i vescovi lì riuniti.
Cardinal Camillo Ruini - Copyright Pizzi CARDINALE ANGELO BAGNASCOBagnasco, prima dell'assemblea generale, ha incontrato il Papa. È forse in questo incontro che egli ha voluto ricordare a Bergoglio l'inefficacia di una linea politica portata avanti dalla segreteria di Stato troppo succube dei potenti di turno (prima Berlusconi, poi Monti)? Difficile rispondere. Di certo resta il fatto che oggi le parole del Papa offrono ai vescovi e a Bagnasco la possibilità di una svolta, un colpo di reni che fino a oggi non potevano darsi.
Per il resto, le parole del Papa sono state un richiamo agli stessi vescovi affinché non si facciano prendere dalla «prospettiva della carriera», dalla «lusinga del denaro», che non «impigriscano» e non diventino come «funzionari, chierici di Stato preoccupati più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del popolo di Dio». Un richiamo che dice molto: Francesco vive il suo stesso ministero papale come servizio e incontro della gente. Lo dimostra anche la scelta di chiamarsi come san Francesco, nella festa del quale (4 ottobre) egli ha annunciato ieri che si recherà ad Assisi.