Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
BERLUSCONI E STEFANO PARISI
Silvio Berlusconi si riprende Forza Italia. Tre mesi esatti dopo l’intervento al cuore, riappare al cospetto dell’intero stato maggiore del partito e in gran spolvero. L’ufficio di presidenza con una ventina di dirigenti viene riunito a pranzo nel salone buono di Arcore, certo, lontano da Roma, ma il capo lascia a tutti i suoi l’impressione di voler riconquistare il timone dopo la forzata vacatio.
Abbronzato, dimagrito, abito blu elettrico su camicia in tinta di lino, «non ve l’aspettavate, vero?». E il Cavaliere in effetti appare in palla e sorprende i suoi. A una settimana dagli 80 anni, sarà questo il vero dato “politico” della giornata. Che per il resto segna un’inattesa apertura sulla legge elettorale. «Non parlatene troppo, è un argomento che non interessa la gente, in ogni caso siamo disponibili a rivederla ma dopo il referendum - è la premessa del padrone di casa - Giudico però interessante, comunque da approfondire la proposta dei Cinque stelle sul proporzionale e le preferenze».
SALVINI MELONI BERLUSCONI
Una prospettiva, il sottinteso, che aprirebbe probabili scenari da governissimo ben accetti ad Arcore. Intanto, la linea è quella del «no al referendum », sebbene l’ex premier anche su questo abbia scherzato un po’: «Mi raccomando, non lasciate che si batta il solito Brunetta».
Poi, «volevo parlarvi di Salvini e Parisi che ho incontrato in questi giorni», accenna Berlusconi aprendo il capitolo del presunto “rottamatore” forzista. I capigruppo Brunetta e Romani (come pure Gasparri) vedono rosso e tornano alla carica di Mr Chili: «Ci tratta da vecchia casta e poi è troppo morbido su Renzi, quasi un infiltrato», è la stroncatura firmata Brunetta. In difesa dell’ex manager interviene Gianfranco Micciché, in realtà capofila di una corrente assai ampia (da Gelmini a Carfagna, da Bernini a Giro): «È falso che con Parisi si annulli la dignità di Fi, quando io organizzerò a metà ottobre a Palermo la sua convention, sono sicuro che verrà più gente proprio grazie alla sua presenza, è una risorsa, meglio lui di chi ha portato il partito all’11 per cento», ha attaccato. Scintille.
Paolo Romani Renato Brunetta Matteo Salvini Giovanni Toti foto Lapresse
Il governatore Giovanni Toti, antagonista dichiarato di Parisi, lascia anzitempo «per impegni». Berlusconi come sempre lascia beccare i suoi polli. Poi media. Apre al contributo della società civile («Lui ha il compito di portare gente nuova nel partito»), tranquillizza («Non rottameremo nessuno»), gela in apparenza l’ex candidato sindaco: «Certo non mi ha fatto piacere che Stefano alla kermesse di Milano non abbia mai citato quanto di buono abbiamo fatto in questi anni». Spiega che «deve dimostrare ancora la sua fedeltà» e comunque ha commissionato su di lui dei sondaggi e insomma, il giudizio è sospeso.
Gianfranco Micciche Grande Sud
Intanto però deve procedere, con tanto di apertura alla società civile nel documento finale. E questo è il dato che conta per i suoi. Quanto a Salvini, «con la crisi del renzismo e il fallimento di Grillo a Roma, il centrodestra resta l’unica alternativa credibile e può esserlo solo se unito», è un altro passaggio del testo. Un colpo al cerchio e uno alla botte, come sempre. Di certo c’è che Berlusconi aprirà e chiuderà la conferenza programmatica di Fi che si terrà a novembre, per sancire il vero ritorno in pubblico.
Ma di Italicum torna a parlare anche il premier Renzi a Otto e mezzo. Restringe la data del referendum che sarà fissata lunedì in Consiglio dei ministri (tra il 27 novembre, più probabile, e il 4 dicembre). E nel botta e risposta con Marco Travaglio si dice pronto a cambiare la legge elettorale, «se il Parlamento è disponibile: mi colpisce che qualcuno voglia il proporzionale puro che sa di prima Repubblica e inciuci».