FRANCESCO VERDERAMI per il Corriere della Sera
silvio berlusconi
Non avendo un'indole decoubertiana, Berlusconi correrà per il Colle solo se riterrà di poter vincere, perché «non farò mai il candidato di bandiera». In questo concetto è racchiusa la strategia del Cavaliere, che fino al penultimo minuto lavorerà per verificare quanti consensi potrà racimolare, andando a cercare i voti tra quei «290 grandi elettori usciti dai gruppi parlamentari e che in tanti mi sono amici». Siccome la sua ambizione non conosce confini, ha chiamato a raccolta gli amici di una vita per un'ulteriore opera di proselitismo, incaricandoli di arrivare fin dove di persona non può andare: oltre la cortina che separa i due schieramenti, tra i nemici di un tempo.
La missione è già iniziata, e anche Gianni Letta - che pure sta un passo di lato - si è sentito in dovere di dire «c'è Berlusconi» a quanti gli hanno chiesto udienza. Ecco perché a sinistra hanno mutato atteggiamento. Prima erano solo sberleffi: «Con lui al Colle ci sarebbero le corazziere». Ora sono manovre di disturbo. E infatti, per incrinare il fronte avverso, Di Maio si è proposto come consigliere del Cavaliere: «Se lo sentissi gli direi che Meloni e Salvini lo stanno fregando».
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 6
Ma nell'intervista alla Stampa , non ha escluso che il sogno di Berlusconi possa realizzarsi: «È poco probabile». Che è tutta un'altra cosa. Se questo è il gioco, è chiaro che «un sopracciglio inarcato nel centrodestra - come dice un dirigente di Forza Italia - si trasforma in una stilettata al cuore del dottore». Che ha chiesto agli alleati lealtà con una mozione degli affetti: «Giorgia ha fatto il mio ministro che era giovanissima. E Matteo so io come l'ho tirato su».
Perciò, sull'elezione del capo dello Stato, Berlusconi non vuole oggi sentir parlare di ipotesi subordinate che indeboliscono l'ipotesi principale: la sua. È bastata quindi una frase di Salvini su Draghi - pubblicata nel libro di Vespa - per fargli salire la pressione, sebbene il leader leghista gli abbia spiegato che l'intervista era stata fatta prima dell'intesa.
berlusconi scende in campo
Ma a mandargli di traverso la giornata di ieri è stato Giorgetti, secondo il quale «se al Quirinale non restasse Mattarella, ci andrebbe Draghi». Ed è così che il Cavaliere ha visto traballare il suo castello e ha scorto i segni del «tradimento». Per questo la Gelmini ha fatto subito sapere a suoi che «faremmo persino la foto del nostro voto se Berlusconi si candidasse, perché Forza Italia resta casa nostra e noi non passeremo per chi lo imbroglia». La sortita del ministro leghista «non rende un buon servigio né a Draghi né al centrodestra, ed è scorretta - come ha spiegato La Russa - nei riguardi di un alleato con il quale abbiamo preso un impegno». In fondo ha ragione Rotondi quando rileva che «finora Salvini e Meloni sono stati correttissimi con Berlusconi». Giorgetti piuttosto ha aperto una porta che era semichiusa.
Mattarella Quirinale Osho Berlusconi
E lo spiraglio era stato opera dei leader della Lega e di FdI, consapevoli che - votando Draghi al Colle - avrebbero maggiori garanzie in Europa, qualora arrivassero a Palazzo Chigi. Ma Draghi è il piano B, è la subordinata del centrodestra, dove il patto era (e resta) legato al «rispetto della richiesta» del Cavaliere, in attesa che sciolga la riserva. Cosa che avverrà al penultimo minuto prima dell'inizio della corsa. Non dovesse avere margini per vincere, eviterebbe di partecipare.
E forte della centralità politica che ritiene di aver riconquistato, vorrebbe intestarsi l'endorsement del candidato al Colle. È vero, che «sul Quirinale si decide sempre all'ultimo minuto», come avverte Renzi. Ma oggi tutte le attenzioni si concentrano sul premier. Una fonte autorevole del Pd racconta di come persino Prodi stia «maturando la convinzione che non ci sia alternativa» a Draghi. D'altronde il centrosinistra non ha più i voti per far da solo, e ieri Conte ha dovuto ammetterlo con un arzigogolo: «Serve un confronto ampio anche con il centrodestra».
LA FOTO DI GRUPPO LEGA FORZA ITALIA A CASA DI BERLUSCONI
Tramonta così l'ipotesi di un candidato di blocco e sul foglietto dell'ex premier restano i nomi su cui aveva puntato. Compreso quello di Rosi Bindi, che a settembre dal palco della Cgil a Cattolica, aveva detto: «Non sento da Draghi parlare di mafia. Abbia il coraggio di pronunciare quella parola».
GIANCARLO GIORGETTI NEGLI STATI UNITI
salvini meloni berlusconi
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 2