Estratto dell'articolo di Roberto Gressi per il “Corriere della Sera”
fausto bertinotti foto di bacco
Fausto Bertinotti, nato a Milano nel 1940, quartiere Precotto. Padre Enrico, macchinista ferroviere, socialista di cultura anarchica, anticlericale. Madre Rosa, casalinga, cattolica. Un fratello, Ferruccio, anche lui ferroviere. La moglie Gabriella, Lella, sposata quando lei aveva diciotto anni. Un figlio, Duccio, in onore di Galimberti, assassinato dai fascisti nel ‘44.
[…] Più che quella di presidente ama la definizione di segretario, figlia degli anni alla guida della Cgil del Piemonte, perché dà più il segno del collettivo.
Segretario, che ricordi ha della sua infanzia?
«Tanti e potenti. La guerra, le sirene, i bombardamenti. Mio padre che ci porta al riparo giocando e cercando di farmi ridere. Mia madre garanzia della nostra sicurezza»
Un diploma da perito elettronico, preso in ritardo.
lella e fausto bertinotti foto di bacco
«Scuole a Milano e Novara. Studi tecnici, per poter lavorare presto. Non li amavo, non ero adatto. Tanto tempo in biblioteca e poco in classe».
Poi l’amore con Gabriella, compagna di una vita.
«Fu subito Lella, per supplire alla mia erre blesa, poi Lella per tutti. Ci unì la politica, la musica impegnata, la rivista Cinema nuovo di Guido Aristarco. Bergman, Eisenstein, sì il regista della corazzata Potëmkin, Lang, il neorealismo».
fausto bertinotti a fine anni settanta
Il matrimonio. In chiesa, per volere della madre di lei.
«Era minorenne, serviva il sì dei genitori. Celebrò il mio insegnante di religione. Colto, raffinatissimo, con lui discussioni infinite. Un sacerdote molto importante nella mia formazione».
[…]
Un figlio di nome Duccio, come Galimberti. Che padre è stato?
«Quel nome, un piccolo gesto per “riparare al torto”, come recita la canzone. Non sono stato un padre assente, semmai, e magari è un difetto, più un amico o un fratello maggiore. Trovo difficile esercitare l’autorità, di questo sono colpevole».
fausto bertinotti e silvio berlusconi
Anche suo fratello Ferruccio ferroviere, per lei invece la politica. Come mai?
«La politica la respiravo in casa, una famiglia di intellettuali di strada. Mio padre lo vedo chino ascoltare Radio Londra, ospitare di nascosto un partigiano, sono sulle sue spalle ad ascoltare Pietro Nenni, con il suo basco, in una piazza del Duomo gremita, alla vigilia della sconfitta del Fronte popolare, nel ‘48».
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No a Dini, la rottura con Prodi, no a D’Alema.
«Quella con Prodi fu una rottura drammatica. Fu in quegli anni che si decise la rotta dell’Europa. C’era da scegliere tra Maastricht e una svolta sociale e solidale. Vinse la globalizzazione, sulle ali di un centrosinistra che governava gran parte del continente. La sinistra diventò liberale e non più socialista. Fu il segno di una conversione, di una mutazione genetica».
fausto bertinotti presidente della camera
Lombardi e Ingrao nella sua formazione, Kissinger e Agnelli in quella di Mario D’Urso. Come nacque la vostra amicizia?
«Una contagiosa simpatia personale, e poi la desistenza. L’Ulivo ci sosteneva in alcuni collegi, noi non ci presentavamo in altri. Ma su Mario D’Urso candidato ci fu la ribellione dei compagni campani. Mario mi chiamò: che succede? Noi rispettiamo i patti, dissi. Fu eletto, vincemmo le elezioni. La vicenda dell’eredità che mi ha lasciato? Non me ne occupo, c’è il tribunale, mi atterrò a quello che decide».
Un giudizio su Meloni.
«L’ho definita afascista. Il suo è il primo governo di destra della Repubblica, in altri casi era subalterna. Si propone un’operazione ideologica ambiziosa: cambiare la cultura, abbattere l’antifascismo come religione civile del Paese. Una grande offensiva ideologica e regressiva a cui si aggiungono uno schema liberale e scelte di governo corporative».
E la sinistra? E il Pd di Elly Schlein?
fausto e lella bertinotti foto di bacco
«La sinistra non c’è più. È scomparsa, senza anima e senza corpo. O meglio, esiste una sinistra sociale diffusa, priva di rappresentanza istituzionale e politica. […] Anche Schlein è espressione di quella cultura che in America si rispecchia nei liberal. Non esce dal recinto. C’è la guerra, il dramma delle disuguaglianze, l’emergenza ecologica. Ripeto: ci sono liberal e riformisti, la sinistra non c’è. Serve un nuovo anticapitalismo, ce n’è di più nella Laudato si’ che in quel che resta della sinistra».
Abolire la proprietà privata è ancora un obiettivo?
«È un bisogno dell’umanità, un destino dell’uomo, come la pace».
romano prodi fausto bertinotti
Berlusconi. Con lui ha condiviso solo il Milan.
«Ho scelto il silenzio alla sua morte. Un imprenditore che ha sostituito la politica. Protagonista di una grande operazione di controriforma. Una volta gli dissi che se avesse fatto solo il presidente del Milan sarebbe stato perfetto».
Si litiga sulla riforma della giustizia.
«Sono un garantista. Penso con Foucault che una società che pensi solo a sorvegliare e a punire sia orribile. Sono contro le intercettazioni usate per demonizzare. Giusto abolire l’abuso d’ufficio».
fausto bertinotti oliviero diliberto
E l’Ucraina? Con Biden o con Putin?
«Non scelgo l’albero a cui impiccarmi. Putin ha scatenato la guerra, Biden gli ha tenuto bordone. La guerra non andava fatta e ora va fermata, l’unico modo è la trattativa. E l’Europa sta tradendo la sua vocazione pacifista».
lella e fausto bertinotti foto di bacco fausto bertinotti e luca casarini fausto bertinotti nella sua casa romana sotto i tre quadri di andy warhol fausto bertinotti fausto bertinotti con la moglie lella pietro ingrao con fausto bertinotti in cachemere fausto bertinotti con george clooney e michail gorbaciov due dei tre ritratti di mao di andy warhol a casa bertinotti achille occhetto leoluca orlando fausto bertinotti fausto bertinotti durante una manifestazione della cgil a bari fausto bertinotti vittorio sgarbi foto di bacco lella e fausto bertinotti foto di bacco pippo baudo fausto bertinotti foto di bacco edoardo vianello fausto bertinotti foto di bacco