Cristiana Lauro per Dagospia
CRISTIANA LAURO RUTH MORANDINI
Ho una grande stima per diversi produttori di vino artigiani e quelli delle Langhe spesso lo sono. Inoltre ho una passione innata per un noto vitigno di nome Barbera che in Italia non si produce solo da quelle parti, ma in diverse aree e regioni, ed è davvero interessantissimo per le sue differenze e per quanto sia generoso nell’appagare il sorso quando vinificato bene e proveniente da un frutto di qualità e maturo al punto giusto. Che poi la sua maturazione di solito avviene un po’ prima rispetto ad altre tipologie di uva coltivate in zona.
Una delle caratteristiche interessanti della Barbera è la sua spiccata acidità. La parola acidità non deve spaventare i profani, ma nemmeno eccitare gli entusiasmi dei sostenitori oltranzisti delle dottrine acidistiche che hanno spesso trascurato il senso dell’armonia e dell’equilibrio che dobbiamo cercare nel sorso di vino.
CRISTIANA LAURO
L’acidità conferisce a questo vitigno una buona resistenza in annate molto calde (come fu la 2017 ad esempio). Ricordiamo che le estati torride, con scarsa escursione termica fra il giorno e la notte, non sono molto amiche dell’uva. O, almeno, non di quella con cui si produce il vino.
In assaggio comparativo questa volta le Barbera d’Alba doc 2018 di Giuseppe Rinaldi, Cascina Fontana e Bartolo Mascarello. Outsider, per via del millesimo 2015, Cappellano che, a quanto mi risulti, non è ancora uscito con annate successive. Ma Cappellano, notoriamente, fa un po’ come gli pare (basti dare un’occhiata alle bizzarre retroetichette dei suoi vini) e, di solito, non delude, sebbene stavolta abbia ceduto il passo a un millesimo decisamente più felice: il 2018, appunto.
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Non li ho scelti per la Doc e la zona da cui provengono, ma, principalmente, in quanto prodotti da veri artigiani.
La Barbera è un ottimo vino, tuttavia non dimentichiamo che i vigneti migliori a Barolo, a Barbaresco e nel Roero sono riservati al Nebbiolo. Ma avremo modo di parlare più avanti anche di Barbera provenienti da altre zone.
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L’annata conta e la Barbera 2018 del trio a me è piaciuta parecchio, mentre la 2015 di Cappellano l’ho trovata un po’ squilibrata nella componente alcolica che la rende eccessiva e sgraziata.
Ricordiamo che il vino deve avere armonia fra le componenti: acidità, grado alcolico e residuo secco ovvero il frutto. Se in assaggio percepite la dominanza di uno di questi tre elementi (che sono parametri fondamentali) quel vino suonerà male. Come un accordo in musica. L’armonia conta!
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La maturità può sistemare un po’ le cose. Ma se un vino parte male, non sarà l’invecchiamento a renderlo speciale. Un po’ come le persone.
Ma si dice il Barbera o la Barbera? Come ricordava il maestro Luigi Veronelli, bisognerebbe chiamare il vitigno al maschile e il vino al femminile. Quindi il vitigno è il Barbera, ma il vino prodotto è la Barbera, come la chiamano i piemontesi.
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