Maria Laura Rodotà per il “Corriere della Sera”
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Per capire il gran parlare su Beyoncé, o almeno per smettere di confonderla con Rihanna e Kim Kardashian che sarebbe sbagliatissimo, basta cercare su Youtube lo sketch The Day Beyoncé Turned Black . È andato in onda nel Saturday Night Live quando gli americani, e il pubblico globale, si sono accorti che la popstar è nera. E orgogliosa, e arrabbiata con i poliziotti razzisti nella sua Formation, interpretata epicamente al Super Bowl.
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Anche gli stroncatori e quelli che dicevano «per carità non sono razzista però lei ha esagerato», erano, in maggioranza, freschi di stupore per la nerezza di Beyoncé. Nel gennaio 2016 hanno dovuto prenderne atto; e la cantante pop a volte soul a volte funk ha smesso di venire trattata come un bene di largo consumo, un sottofondo da lounge bar e ascensore, un nome da sito pettegolo. È diventata una condottiera culturale, in senso pop ma neanche tanto.
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Con l' uscita, sabato, dell' album Lemonade , che parla di identità, di corpi di donne nere, di infedeltà (in Lemonade si parla di tradimenti, pare del marito anche indebitato Jay Z, che però forse ha collaborato; le illazioni sulla canzone sono un filone a sé). Con le polemiche su Formation , che doveva essere la performance dell' intervallo della finale di football americano, l' evento più american-consumista che esista, e che è diventato un omaggio alle Black Panthers e all' identità nera. E alle donne afroamericane, come tutto Lemonade.
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L' album è stato definito «uno straordinario dramma sociale con una un musica decente» o quasi ( The Verge ); il tour partito l' altro ieri da Miami è stato promosso in quanto «provocatorio, vittorioso, glorioso», e l' ha detto il Guardian.
Sempre a Miami, dopo che un' associazione di poliziotti ha invitato a boicottare i suoi concerti causa esibizione al Super Bowl, tra la sua merce ufficiale sono comparse le magliette «Boycott Beyoncé». Le guerre culturali si combattono con autoironia e senso degli affari, a volte. E si vince qualche battaglia.
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Adesso, critici in estasi anche promozionale paragonano Beyoncé a Toni Morrison e a Terrence Malick. Lei si fa comunque ben aiutare: da bravi registi per i video, e verranno ricordate le gallerie di facce di afroamericane famose e non; dalla giovane poeta londinese-africana Warsan Shire con cui ha scritto i testi.
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Un verso di Lemonade è stato citato da Hillary Clinton: «I got hot sauce in my bag», porto la salsa piccante in borsa. Hillary lo fa; l' omaggio a Beyoncé è evidente; team Clinton non aveva capito che la hot sauce della canzone è una mazza da baseball con cui spacca parabrezza e vetrine; o forse sì. Ma va così, ci si è appena accorti che è nera.
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«È nera o è donna?» si chiedono nello sketch del Snl. «Ho paura che sia tutte e due le cose!». Segue urlo terrorizzato degli attori, il che spiega perché Beyoncé sia diventata culturalmente esplosiva, e come una popstar riesca a far pensare;
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anche (in Lemonade viene citato Malcolm X che parla delle afroamericane come delle donne «meno rispettate»; sul New York Times , Nikole Hanna-Jones nota come Beyoncé rappresenti «le donne nere come la spina dorsale della comunità, e il gruppo trattato peggio» che ora attacca; altri dicono che Beyoncé e la sua candidata Hillary hanno molto in comune, anche dei mariti adulteri; eccetera, eccetera).
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