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    BIBBIANO HORROR STORY – TRA LE MOLTE STORIE ORRIBILI DELL’INCHIESTA “ANGELI E DEMONI” SUGLI ABUSI SU MINORI IN PROVINCIA DI REGGIO EMILIA C’È QUELLA DI KATIA, TOLTA AI GENITORI E AFFIDATA A UNA COPPIA DI LESBICHE. MA LE “DUE MAMME” LA MALTRATTAVANO E LA VESSAVANO, CERCANDO DI INDURLA A CREDERE DI ESSERE STATA ABUSATA E MOLESTATA DAI GENITORI NATURALI


     
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    Francesco Borgonovo per “la Verità”

     

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    La piccola Katia adesso è più al sicuro. La sua storia è forse la più straziante fra tutte quelle - orribili - che compongono l' inchiesta «Angeli e demoni» riguardante gli abusi su minori a Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia. Una storia che, probabilmente, le lascerà addosso segni indelebili. Questa bambina è stata tolta ai genitori nel 2016 e affidata successivamente a una coppia di donne, Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, che si sono unite civilmente nel giugno del 2018.

     

    Le «due mamme» avrebbero dovuto prendersi cura della piccina e invece, a quanto risulta dalle carte dell' inchiesta, la vessavano e maltrattavano. Un trattamento che, come ha scritto la Gazzetta di Reggio, «ha portato il giudice Luca Ramponi a togliere subito l' affidamento alla coppia, prescrivendo il divieto di avvicinamento a più un chilometro dalla bimba oltre al divieto di comunicare con lei».

     

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    Questa vicenda contribuisce a fare luce sull' aspetto ideologico del sistema bibbianese, legato al mondo Lgbt. Leggendo quanto è accaduto alla povera Katia, non si può non pensare a ciò che scriveva un sacerdote modenese, don Ettore Rovatti. Egli ebbe a che fare con un caso per certi versi simile a quello reggiano, avvenuto anni fa nel Modenese e raccontato da Pablo Trincia nel libro-inchiesta Veleno (Einaudi).

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    Di fronte agli assistenti sociali che ingiustamente toglievano i figli a famiglie magari difficili ma non colpevoli di abusi, don Ettore disse: «C' è una mentalità dietro a tutto questo armamentario giuridico. Cioè, la famiglia ha torto sempre. Lo Stato ha sempre ragione. Questa gente vuole distruggere la famiglia, così come il comunismo voleva distruggere la proprietà privata». Ecco, queste parole ci risuonano in testa mentre cerchiamo di ricostruire la storia di Katia.

     

    La bimba, dicevamo, è stata tolta ai genitori naturali e affidata a una coppia di lesbiche. Le quali poi, assieme alla psicologa Nadia Bolognini, avrebbero tentato di inculcare «nella minore la convinzione di essere stata abbandonata e maltrattata presso la famiglia di origine». L' avrebbero insomma indotta a credere di essere stata abusata e molestata dai genitori naturali. A quanto pare, però, era tutto falso.

     

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    Come scrive il giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia, «tra tutti i bimbi monitorati dalle indagini e dati in affido dai servizi sociali della Val d' Enza, Katia è apparsa quella con meno problematiche e totalmente estranea [...] a situazioni di abuso sessuale».

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    A maltrattarla realmente, pare, erano invece le «due mamme».

     

    La piccina viene affidata a loro grazie a una delle protagoniste principali dell' inchiesta, ovvero Federica Anghinolfi, 57 anni, dirigente del Servizio di assistenza sociale dell' Unione Comuni Val d' Enza. Secondo il giudice, sarebbero «la sua stessa condizione e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la causa dell' abuso da dimostrarsi a ogni costo».

     

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    Già: la Anghinolfi è a tutti gli effetti un' attivista Lgbt. Nel 2014, la nostra fu intervistata dal Corriere della Sera per magnificare l' affido arcobaleno. In quell' occasione spiegò: «Non è per forza il genere che definisce la figura paterna, ma il ruolo: è il genitore "normativo", quello che dà le regole.

     

    Mentre la figura materna è calda, "accuditiva"». In un' altra intervista, risalente al 2016, sosteneva che «in questo Paese è ancora troppo forte l' idea della famiglia patriarcale padrona dei figli». Di affido gay la Anghinolfi ha parlato nel maggio 2018 durante un convegno intitolato «Affidarsi. Uno sguardo accogliente verso l' affido Lgbt», organizzato dall' Arcigay mantovana e sponsorizzato da Comune e Provincia di Mantova (sul caso, la Lega nord ha presentato un' interrogazione al Comune lombardo).

    ANDREA CARLETTI SINDACO DI BIBBIANO ANDREA CARLETTI SINDACO DI BIBBIANO

     

    Sapete chi altro partecipò all' incontro mantovano? La signora Fadia Bassmaji, presentata come «promotrice progetto Affidarsi e affidataria». La Bassmaji e la Anghinolfi vengono definite dal giudice «persone assai attive nella difesa dei diritti Lgbt». Ma non condividevano solo la militanza ideologica. Nelle carte dell' inchiesta si legge che Fadia e Federica «risultavano avere avuto in passato tra loro una relazione sentimentale».

     

    Riepilogando: la Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali, dà in affidamento una bimba alla Bassmaji, sua ex compagna che si è unita civilmente a un' altra donna, Daniela Bedogni. Non solo: «La sorella della Bedogni», spiega il giudice, «è risultata anche lei una "intima amica" della Anghinolfi».

     

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    Ed è proprio attorno alla figura della Bedogni che emergono i particolari più inquietanti. Costei, sostiene ancora il Gip reggiano, «si dimostra instabile e del tutto convinta del proprio ruolo essenziale [...] di natura "salvifica" a favore della minore», cioè della piccola Katia. In alcune intercettazioni ambientali, la Bedogni si esprime con «urla deliranti in cui manifestava il proprio odio contro Dio con ininterrotte bestemmie di ogni tipo alternate d' improvviso a canti eucaristici».

     

    In altre occasioni dà luogo a «interi colloqui con persone immaginarie», a «deliri improvvisi in cui [...] immagina situazioni inesistenti» e poi, ancora, «sproloqui di ogni tipo, sempre intervallati da bestemmie e canti eucaristici». Il giudice dettaglia: «In totale evidenza di squilibrio mentale, mentre si trova da sola in auto, urla ininterrotte bestemmie, instaura veri e propri discorsi con soggetti immaginari di cui imita le voci».

     

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    È a costei che è stata affidata Katia. E infatti i problemi non hanno tardato a manifestarsi. In un' occasione, per esempio, la bimba viene letteralmente «sbattuta fuori dall' auto» della Bedogni «sotto la pioggia battente», mentre la madre affidataria le grida: «Porca puttana vai da sola a piedi... Porca puttana scendi! Scendi! Non ti voglio più! Io non ti voglio più scendi! Scendi!».

     

    È per via di episodi di questo tipo che Katia è stata tolta alle «due mamme». Ma lei non è la sola bimba affidata a una coppia lesbica grazie alla Anghinolfi. Un' altra ragazzina viene affidata a Cinzia Prudente, amica di vecchia data dell' assistente sociale. Anche con la Prudente la Anghinolfi ha avuto una storia sentimentale. Di più: le due donne, nel 2011, hanno acquistato una casa insieme, di cui pagano ancora il mutuo metà per una, anche se nell' abitazione vive la Prudente assieme a sua moglie Paola.

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    Secondo il giudice, sapendo che la Prudente era in difficoltà economiche, la Anghinolfi le avrebbe fatto ottenere un assegno da 200 euro mensili per il mantenimento della ragazzina in affido, anche se il suo unico impegno consisteva «nel passare un paio d' ore con la ragazza circa un paio di volte al mese per prendere un caffè insieme e fare una chiacchierata».

     

    Vantaggi economici avrebbero ottenuto anche la Bedogni e compagna, che percepivano un «contributo forfettario mensile doppio» rispetto alla cifra (620 euro) corrisposta agli altri affidatari. Qui, però, la sensazione è che più dei soldi, più di tutto, conti l' ideologia: la fissazione di voler dare in affido i bambini a coppie arcobaleno. Anche se poi li maltrattavano.

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