Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
BIDEN E BIN SALMAN
Dopo lo schiaffo ricevuto dall'Opec, allineata alla Russia col taglio della produzione di petrolio, il presidente americano Joe Biden valuta un cambio di strategia per punirla e costringerla alla marcia indietro.
Le iniziative sul tavolo sono principalmente tre: approvare in Congresso leggi che penalizzano il cartello; accordarsi col Venezuela per far tornare il suo petrolio sul mercato; accelerare il rinnovo dell'intesa nucleare con l'Iran, che è l'ipotesi più remota, ma raggiungerebbe il doppio risultato di far aumentare l'offerta e sferrare un colpo geostrategico all'Arabia Saudita, considerata la principale responsabile del tradimento.
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A luglio il presidente era andato a Jeddah per ricostruire il rapporto col principe Mohammad bin Salman, accusato dall'intelligence Usa dell'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Era la linea conciliatoria, che puntava a chiudere un occhio sul passato, pur di avere l'aiuto di Riad per contenere l'inflazione e limitare i profitti dell'energia con cui Putin finanzia la guerra in Ucraina.
Non ha funzionato, perché l'Opec ha deciso un taglio di due milioni di barili che sta già facendo risalire il prezzo della benzina nei distributori americani. I sauditi hanno giustificato la decisione dicendo che dipende dall'imminente calo della domanda dovuto alla probabile recessione globale, ma la Casa Bianca la boccia come la scelta di schierarsi con Putin e far perdere ai democratici le elezioni Midterm. Perciò il presidente ha preso atto del fatto che la linea conciliatoria è fallita, e ora intende passare a quella dura.
joe biden arriva a gedda
La prima ipotesi è dare via libera al Congresso per approvare la Nopec, legge bipartisan sostenuta anche da Biden quando era senatore che consentirebbe al dipartimento della Giustizia di fare causa ai paesi dell'Opec in base allo Sherman Act perché truccano i prezzi, sequestrando i loro beni per pagare i danni.
Un'opzione nucleare, a cui gli arabi potrebbero rispondere interrompendo le forniture per 1,5 milioni di barili al giorno spedite negli Usa in estate per rimediare al bando delle esportazioni russe. In alternativa il senatore Markey vuole presentare l'Opec Accountability Act, per fare causa davanti all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) se il taglio della produzione non sarà cancellato. Il deputato Malinowski invece propone di ritirare le truppe Usa e i sistemi di difesa da Arabia ed Emirati, perché se si schierano con la Russia in Ucraina non possono ricevere aiuti militari americani.
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Secondo il Wall Street Journal Washington sta negoziando un accordo col Venezuela, che riprenderebbe le esportazioni di petrolio in cambio del dialogo con l'opposizione per tenere elezioni nel 2024. Caracas esporta ora 450.000 barili al giorno, ma potrebbe raddoppiarli in breve tempo. La Chevron sarebbe coinvolta, ma anche Eni avrebbe interessi significativi. L'accordo con l'Iran è l'ipotesi più difficile, ma sarebbe anche quella che farebbe più male ai sauditi.
Intanto, per tamponare l'emergenza prezzi sul fronte interno la Casa Bianca sta valutando di rilasciare parte delle riserve e di bloccare le esportazioni di greggio Usa.
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