1 - L'ASSALTO DI BIDEN A TRUMP «NEGLI USA NIENTE DITTATORI» LA REPLICA: PAROLE DA FALLITO
Anna Guaita per "il Messaggero"
joe biden anniversario dell'assalto a capitol hill
«Angry Biden», il Biden in versione «arrabbiata», ha dominato tv e social ieri, con evidente soddisfazione della base democratica. Nel suo discorso in commemorazione del primo anniversario dell'attacco al Campidoglio da parte di rivoltosi pro-Trump, il presidente ha messo da parte i toni del compromesso e del dialogo, e ha tirato fuori le unghie.
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Pur senza mai fare il nome di Trump, per i 25 minuti del suo intervento è stato chiarissimo chi fosse la persona contro cui puntava il dito accusatore: «Ha creato una ragnatela di bugie e ha fatto quel che nessun presidente ha mai fatto, rifiutando di accettare il risultato delle elezioni e il pacifico passaggio dei poteri. Voleva sovvertire la Costituzione».
kamala harris joe biden anniversario dell'assalto a capitol hill
E ancora: «Prego perché tutto questo non accada mai più. Gli Stati Uniti non sono terra di re, dittatori o autocrati. E oggi siamo di fronte a un momento storico decisivo».
LE ELEZIONI
Biden ha attaccato il predecessore come un narcisista che nel diffondere la bugia delle elezioni rubate pensa più «al suo ego che al suo Paese», mentre «numerose riconte, ricorsi a tribunali con giudici anche eletti da lui stesso e appelli alla Corte Suprema» hanno confermato invece che si è trattato delle elezioni «più democratiche e vigilate della storia americana».
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Biden ha anche spiegato come chi ripeta quella bugia «per paura della sua rabbia» stia ora di nuovo capovolgendo la realtà sostenendo che i rivoltosi fossero «patrioti»: «Erano tutt' altro che patrioti ha esclamato - Sono venuti qui pieni di furia, non al servizio dell'America, ma al servizio di un solo uomo, per negare la volontà degli elettori».
E cosa ha fatto Trump? «L'ex presidente se ne stava davanti alla tv a guardare le loro azioni violente senza far nulla per fermarle!». Quest' ultimo particolare è diventato di pubblica conoscenza grazie ai collaboratori dell'ex vicepresidente Mike Pence, membri dell'amministrazione Trump che hanno deciso di collaborare con la commissione di inchiesta della Camera.
protesta a capitol hill
E' interessante notare che questo gruppo di testimoni ha avuto l'ok dallo stesso Pence di raccontare quello che hanno visto il 6 gennaio di un anno fa. Pence era stato sottoposto a forti pressioni da Trump, che gli chiedeva di non ratificare il risultato delle elezioni, ma il vicepresidente gli rispose che non poteva violare il dettato costituzionale, e così diventò inviso a Trump che lo additò alla furia dei rivoltosi.
Ieri c'è stata la conferma che un altro gruppo di ex collaboratori di Trump si sta staccando in modo deciso dall'ex presidente e vuole convincerlo a smettere di ripetere la bugia delle elezioni rubate, che «continua a dividere il Paese», secondo quanto ha detto l'ex portavoce di Trump, Stephanie Grisham parlando alla Cnn.
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LA DICHIARAZIONE
Non sembra però che lui abbia voglia di ascoltare simili suggerimenti. Minuti dopo il discorso di Biden, Trump ha rilasciato un'acida dichiarazione in cui ha sostenuto che il suo successore lo stava attaccando «per dividere l'America ancor di più».
Trump ha bollato Biden come un presidente fallito che sta «distruggendo la nazione» e lo ha accusato di una serie di politiche che ha citato volutamente stravolgendone la realtà, per esempio ha parlato di «politiche folli di confini aperti», ben sapendo che l'idea che i confini siano aperti è una delle bugie da lui stesso ideate contro Biden.
polizia capitol hill
Lo ha accusato di «politiche energetiche disastrose», che in realtà sono le politiche ambientaliste di finanziamento e supporto delle energie alternative, di «elezioni corrotte», cioè la solita bugia infondata e ripetuta ad nauseam, e «devastanti chiusure delle scuole», che è l'esatto opposto della realtà, visto che le scuole sono aperte e semmai sono gli insegnanti che stanno facendo sciopero per chiuderle almeno temporaneamente davanti allo tsunami dell'Omicron. In altre parole, Trump non si è smentito: ha risposto all'attacco di Biden con un attacco, ma non ha offerto nulla di nuovo.
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SODDISFATTA LA BASE
Ma anche la base di Biden ha reagito ieri con grande soddisfazione e l'«angry Biden» è stato ampiamente applaudito, molti anzi hanno detto che avrebbero voluto sentire il presidente così agguerrito già un anno fa. «Perché non ha fatto appello all'armonia come ha sempre fatto?», hanno chiesto polemici i giornalisti a Biden. E lui: «Perché per avere l'armonia bisogna vedere e curare la ferita, e questa è una ferita molto grave e profonda».
2 - L'EX LEADER: «MESSINSCENA» MA LE INCHIESTE LO INSEGUONO
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Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
La reazione di Donald Trump arriva pochi minuti dopo la conclusione del discorso di Joe Biden a Capitol Hill. Prima una breve nota: «È solo una messinscena per distrarre gli americani dal suo fallimento». Poi, una mail inviata ai fedelissimi, intestata al comitato per la raccolta fondi «Save America»: «Biden sta sgobbando per cercare di deviare l'attenzione dal lavoro incompetente che sta facendo e che ha già fatto. Basti pensare all'orribile ritiro (o resa) dall'Afghanistan, al confine, al Covid, all'inflazione, alla perdita dell'autosufficienza energetica e molto altro.
kamala harris joe biden anniversario dell'assalto a capitol hill
Questo è quello che capita quando si ha un'elezione truccata». Come era prevedibile, dunque, l'anniversario del 6 gennaio ci consegna uno scontro politico totale, come se mancassero poche settimane e non tre anni alle elezioni presidenziali. Trump, del resto, non ha mai smesso di essere in campagna elettorale, nemmeno quando era alla Casa Bianca.
Questa volta si era fatto convincere ad adottare una strategia per lui innaturale: defilarsi, lasciare l'intera scena agli avversari. Martedì 4 aveva cancellato la conferenza stampa programmata per la sera del 6 gennaio. Non sappiamo se sia pentito di questa decisione, dando appuntamento ai suoi supporter per il 15 gennaio a Florence, in Arizona.
joe biden anniversario dell'assalto a capitol hill
Nel comizio si rifarà con gli interessi, intesi come attacchi al rivale democratico, ai «traditori, repubblicani solo di nome», a cominciare dalla deputata Liz Cheney che ieri ha partecipato alla cerimonia di Capitol Hill accompagnata dal padre Dick, l'ex vice presidente. Ma le parole di Biden potrebbero cambiare lo scenario e mettere in difficoltà l'esiliato di Mar-a-Lago. Il presidente degli Stati Uniti lo ha chiamato in causa per le responsabilità politiche legate al 6 gennaio. Ma non solo.
A un certo punto Biden ha detto, riferendosi a Trump: «Dopo aver spinto la folla ad attaccare, se ne stava seduto nella sala da pranzo della Casa Bianca senza fare nulla per ore». Una frase che ci porta alle due ipotesi di reato che la commissione di inchiesta parlamentare potrebbe segnalare al Dipartimento di Giustizia.
supporter trump assalto al congresso
Prima eventualità: Trump ha fomentato i tumulti in cui sono morte cinque persone. Secondo: l'ex presidente non ha fatto nulla per difendere le istituzioni. Mercoledì 5 gennaio il ministro per la Giustizia, Merrick Garland, ha promesso pubblicamente: «perseguiremo tutti i responsabili per l'assalto del 6 gennaio 2021, a tutti i livelli».
A quanto pare, dunque, sta prendendo forma un'offensiva giudiziaria contro Trump, costruita sull'asse tra i democratici del Congresso e il dipartimento per la Giustizia. Con l'avallo, a questo punto ufficiale, di Biden. Per «The Donald» tutto ciò costituirebbe l'insidia maggiore, da aggiungere alle inchieste sulle operazioni finanziarie della «Trump Organization».
MERRICK GARLAND
Lunedì 3 gennaio, Letitia James, procuratrice generale dello Stato di New York, ha convocato di imperio (subpoena) il capo del clan famigliare e i figli Ivanka e Donald jr. La magistrata sospetta che il valore degli asset del gruppo sia stato gonfiato per ottenere più facilmente prestiti bancari. In parallelo, e sugli stessi aspetti, è in corso l'indagine con possibili risvolti penali, condotta dalla procura distrettuale di Manhattan. Il primo gennaio, il capo dell'ufficio, Cyrus Vance ha passato le consegne al successore, Alvin Bragg, già al lavoro sul dossier.
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