This is the real corruption that the Fake News Media refuses to even acknowledge! pic.twitter.com/FCvUtWA33j
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) September 23, 2019
QUANDO IL VICEPRESIDENTE SI VANTAVA DI AVER FATTO LICENZIARE IL PROCURATORE UCRAINO SU DUE PIEDI, MINACCIANDO DI TOGLIERE I FONDI AMERICANI AL PAESE. ESATTAMENTE QUELLO CHE OGGI IMPUTANO A TRUMP
1 – ASSIST A TRUMP, LE REGISTRAZIONI UCRAINE INGUAIANO BIDEN
Yurii Colombo per “il Manifesto”
petro poroshenko con joe biden
Ieri l' ufficio del procuratore generale dell' Ucraina ha aperto un procedimento giudiziario con l' accusa di alto tradimento contro l' ex presidente Petr Poroshenko. La decisione è stata presa dopo che il deputato della Rada Andrey Derkach aveva consegnato una chiavetta con «documenti compromettenti» alla magistratura.
Di che cosa si trattasse lo si è saputo poco dopo quando il portale 112.ua rendeva pubbliche la registrazioni di colloqui telefonici avvenuti tra il 2015 e il 2016 tra l' ex presidente ucraino, Joseph Biden e John Kerry allora rispettivamente vice presidente e segretario di Stato americani.
JOE E HUNTER BIDEN
LE REGISTRAZIONI non aggiungo no nulla di nuovo a quanto si sapeva e cioè del tentativo esplicito da parte Usa di mettere sotto tutela la politica e l' economia del paese come se si trattasse di una qualsiasi colonia. Nella prima conversazione tra Poroshenko e Kerry, Biden viene indirettamente chiamato in causa in relazione alle vicende della compagnia bancarottiera petrolifera ucraina Burisma, di cui il figlio di Biden, Hunter, era consulente. Il segretario di Stato chiede esplicitamente nella conversazione a Poroshenko di licenziare il procuratore Viktor Shokin, che stava indagando su Burisma.
hunter e joe biden
In ballo un miliardo di dollari per la devastata economia ucraina che se «le cose non si aggiustassero» potrebbero non arrivare. In una successiva telefonata del 22 marzo 2016, Biden non usa perifrasi: «Se ci sarà un nuovo governo e un nuovo procuratore generale, sarò pronto a firmare pubblicamente prestiti per 1 miliardo».
UN' ULTERIORE RIPROVA di chi fa e disfa a proprio piacimento ai piani alti del Fondo monetario internazionale. Dimissioni del governo e del procuratore che poi arriveranno puntuali. Ma la «devozione» dell' ex capo di Stato del Tridente ai voleri di Washington è ancora più evidente in una telefonata successiva con Biden. Poroshenko propone un suo uomo, Yurii Lutshenko, come nuovo procuratore, «sempre che a te vada bene» aggiunge con sussiego.
BIDEN ACCETTA di buon grado: «Lutshenko è in contatto con l' ambasciata americana, la quale è pronta ad accettare il procuratore a Kiev come assistente e consigliere». Un quadretto davvero patetico in cui il presidente di uno Stato sovrano eletto dal popolo, si comporta come un maggiordomo di fronte al suo padrone.
La vicenda ha comunque una scarsa valenza interna : il ruolo politico di Poroshenko è oggi davvero marginale se pochi giorni fa Zelensky si è potuto permettere di nominare un suo mortale nemico come Michail Saakashvili a suo braccio destro per le «riforme strutturali». Poroshenko è da tempo un dead man walking seppellito sotto 16 indagini giudiziarie in corso a suo carico.
HUNTER BIDEN
Ieri Zelensky ha liquidato il caso con una battuta: «sono curioso di sentire cosa dirà in tribunale... secondo me ha tanto da dire» ha affermato l' ex -comico. L' incriminazione di Poroshenko è in realtà una carta nella corsa alla Casa bianca. Joe Biden dopo aver accusato Donald Trump di aver fatto pressioni sul leader ucraino Zelensky per ottenere l' incriminazione del figlio, e aver usato questo argomento nel fallito tentativo di impeachment, è ora costretto sulla difensiva.
Anche perché - come sottolinea il giornale di Kiev Strana - proprio durante il rush finale autunnale della campagna elettorale, i giudici potrebbero chiamare a deporre proprio Biden e Kerry. L' assist di Zelensky a Trump alla fine c' è stato e potrebbe aiutare il presidente in carica a recuperare, almeno in parte, i 6 punti che per i sondaggi al momento lo dividono dal candidato democratico.
joe biden con il figlio hunter
INTANTO I GIORNALI americani di area dem sembrano aver trovato chi starebbe tirando le fila del complotto. Secondo il Washington Post il nuovo scandalo è simile a quello del 2016 «quando agenti russi hackerarono e pubblicarono e-mail del candidato democratico Hillary Clinton». Una tesi cara anche a Poroshenko L' ex presidente ha accusato la «quinta colonna del Cremlino di aver avviato un' operazione in grande stile per minare il sostegno bipartisan Usa all' Ucraina».
2 – UN'ALTRA MAIL AGGRAVA L'OBAMAGATE NELLO STUDIO OVALE SI SPIAVA TRUMP
SUSAN RICE BARACK OBAMA
Stefano Graziosi per “la Verità”
L'Obamagate si arricchisce di dettagli. Martedì, il director of National intelligence, Richard Grenell, ha desecretato parte di una mail che il consigliere per la sicurezza nazionale di Obama, Susan Rice, aveva spedito a sé stessa il 20 gennaio 2017. La prima parte di questa mail era già nota e documentava un incontro, avvenuto nello studio ovale il 5 gennaio 2017, sulle presunte collusioni tra il generale Mike Flynn (in procinto di diventare consigliere per la sicurezza nazionale di Trump) e il Cremlino: incontro a cui avevano preso parte - oltre alla stessa Rice - Obama, Joe Biden, il direttore dell' Fbi James Comey e il viceministro della Giustizia Sally Yates.
trascrizione della chiamata trump zelensky james comey
Secondo il pezzo desecretato, Comey dichiarò che Flynn parlasse «frequentemente» con l' ambasciatore russo, Sergej Kislyak, e che temesse quindi potesse fornire a quest' ultimo delle «informazioni sensibili». «Il presidente Obama», prosegue la mail, «ha chiesto se Comey stava dicendo che il National security council non avrebbe dovuto trasmettere informazioni sensibili relative alla Russia a Flynn.
DONALD TRUMP MICHAEL FLYNN
Comey rispose: "È possibile". Ha aggiunto che finora non ha alcuna indicazione che Flynn abbia passato informazioni classificate a Kislyak, ma ha osservato che "il livello di comunicazione è insolito"».
donald trump alla casa bianca con sergei lavrov e sergei kislyak
Gli aspetti controversi non sono pochi. In primis, Comey fece riferimento alla frequenza delle conversazioni tra Flynn e Kislyak (nel dicembre 2016), parlando ambiguamente di «livello di comunicazione insolito». Tuttavia l' allora direttore del Bureau non fece cenno a contenuti problematici e anzi ammise di non avere indicazioni che Flynn stesse passando informazioni riservate ai russi. Si potrebbe pensare che non fosse appropriato per Flynn parlasse con un ambasciatore straniero di politica internazionale. Il generale si stava tuttavia preparando a diventare consigliere per la sicurezza nazionale e avviene sovente che funzionari in procinto di assumere un simile ruolo abbiano contatti preliminari con diplomatici e politici stranieri nella cosiddetta «transizione».
la trascrizione della telefonata tra trump e zelensky su biden 2 ROBERT MUELLER JAMES COMEY
A questo si aggiunga che, il 4 gennaio 2017, l' Fbi stesse chiudendo le indagini su Flynn per assenza di «informazioni dispregiative» sul suo conto. Eppure, lo stesso 4 gennaio, l' inchiesta venne riaperta dai vertici del Bureau. Inoltre, come emerso da documenti recentemente pubblicati, i principali funzionari dell' amministrazione Obama ascoltati dalla Camera tra il 2017 e il 2018 hanno negato di aver posseduto delle «evidenze empiriche» di una collusione tra il comitato di Trump e Mosca.
note con la richiesta di obama contro flynn il new yorker su jeff sessions e sergey kislyak
Insomma, se non c' erano prove, per quale motivo Comey continuò a indagare su Flynn e arrivò a consigliare a Obama - su sua stessa richiesta - di non condividere informazioni con l' amministrazione entrante? Delle due l' una. O si credeva realmente che Flynn fosse una spia russa (ma in questo caso non informare il team entrante avrebbe costituito un attentato alla sicurezza nazionale) oppure si stava cercando un pretesto per colpire il generale e di conseguenza lo stesso Trump. Del resto, non dimentichiamo che, lo scorso aprile, sono stati diffusi documenti dell' Fbi in cui si faceva riferimento alla volontà di far licenziare Flynn.
Infine, non è chiaro per quale motivo la Rice - che pure in un' intervista a Pbs nell' aprile 2017 aveva detto di non sapere nulla di un' eventuale sorveglianza del comitato di Trump - ha avvertito l' urgenza di spedire a sé stessa una mail, che documentava un meeting del 5 gennaio, soltanto il 20 gennaio: due settimane dopo quell' incontro e - soprattutto - lo stesso giorno del giuramento di Trump. C' è chi ipotizza una giustificazione retrospettiva.
obama e susan rice al telefono con la homeland security advisor lisa monaco per aggiornamenti su bruxelles
Ma non è tutto. Perché la mail della Rice conferma ulteriormente che Obama e Biden fossero pienamente a conoscenza che Flynn risultasse sotto controllo. Certo, è un po' strano che un' amministrazione in carica lasciasse sorvegliare i collaboratori di un presidente in pectore del partito opposto: soprattutto in assenza di prove atte a giustificare simili indagini.
Kislyak
È anche in tal senso che non si capisce per quale ragione il capo di gabinetto di Obama, Denis McDonough, chiese di svelare il nome di Flynn nelle intercettazioni di Kislyak: richiesta inoltrata il 5 gennaio (lo stesso giorno del meeting alla Casa Bianca e 7 giorni prima che il Washington Post rivelasse l' esistenza delle conversazioni, scatenando un terremoto politico su Trump). Ricordiamo per inciso che - insieme a McDonough - inoltrarono richiesta anche Biden e - strana coincidenza - l' allora ambasciatore americano in Italia: quel John Phillips che, molto vicino a Matteo Renzi, gli diede il proprio endorsement in occasione del referendum costituzionale del 2016.
MICHAEL FLYNN james comey christopher wray
L' Obamagate sta insomma collegando nuovamente il nostro Paese al caso Russiagate.
Sarà dunque una coincidenza che, secondo indiscrezioni, l' ex premier stia cercando di far ottenere adesso la delega ai servizi segreti a un fedelissimo, come Ettore Rosato? «Una coincidenza oggi, una coincidenza domani Sono troppe coincidenze che coincidono», avrebbe detto Totò.