bini smaghi presidente SocGen
Alessandro Barbera per ‘la Stampa’
Lorenzo Bini Smaghi è in auto fra le colline toscane. La distanza fra le beghe strapaesane di Chianti Banca – è di questi giorni un’ispezione Bankitalia contro i vecchi amministratori – e le stanze ovattate di Societé Generale a Parigi è molta. Il telefono prende male. Ci scherza su: «Questo dimostra l’urgenza di aumentare gli investimenti in infrastrutture». Di fronte alla richiesta di dire la sua sul caso Boschi-Etruria oppone un educato «no comment».
Le ultime previsioni della Commissione europea dicono che il debito non cala, il deficit nemmeno, la crescita è la peggiore d’Europa. Sintesi pessimista?
bini smaghi moglie
«Non sono sorpreso. Sono numeri noti, li ho riportati nel mio ultimo libro: fra il 2014 e il 2016 il prodotto italiano è cresciuto mediamente dello 0,6 per cento l’anno contro l’1,6 della zona euro. In tre anni abbiamo accumulato un gap negativo di 1,3 punti con la Francia, più di tre con la Germania, sei con la Spagna».
bini smaghi renzi
Però Francia e Spagna hanno potuto permettersi deficit alti. O no?
«Vero. Ma il miglioramento dei conti italiani è quasi interamente dovuto al risparmio indotto dai tassi zero. E il debito non scende».
Nelle sue previsioni la Commissione prevede per il 2018 un deficit al 2,3 per cento, ben più dell’1,2 per cento promesso dal governo. Perché? Dobbiamo sperare in maggiore flessibilità?
«Al contrario: temo non credano molto agli ultimi impegni del governo, e si preparano a un monitoraggio stretto dei nostri conti».
La responsabilità è di Renzi e del suo governo?
«Le responsabilità sono sempre collettive, anche se chi governa ne ha più di chiunque altro. Il Jobs Act è stata un ottimo passo avanti, il resto purtroppo si è arenato. Le riforme o sono state scritte male, o sono state annacquate, oppure non sono state fatte del tutto, come quelle della Giustizia e della Pubblica amministrazione. Il codice degli appalti ha avuto molti problemi, la legge sulla concorrenza attende di essere approvata da più di due anni».
Il pacchetto Madia non le piace?
RENZI PADOAN
«Mi pare non risolva molti problemi».
Crede che il governo Gentiloni abbia ancora lo spazio politico per ottenere qualche risultato? O sarebbe meglio andare a votare?
«Andare a votare senza approvare prima una nuova legge elettorale sarebbe una follia. Il resto dell’Europa si è stabilizzato, e dopo le elezioni tedesche ripartirà l’asse con la Francia. Senza un governo forte rischiamo di essere emarginati».
Qual è la cosa su cui il governo Renzi l’ha delusa di più?
«Sono anni che in Italia si parla di come rafforzare il secondo livello di contrattazione aziendale per aumentare la produttività del lavoro, eppure non si è visto quasi nulla. Basta mettere a confronto la curva della produttività per occupato nell’area euro e in Italia negli ultimi anni: la prima sale, la seconda scende».
RENZI MADIA FOTO LAPRESSE
Il governo rivendica l’aumento del numero degli occupati. Non è un buon risultato questo?
«Sì ma a che prezzo? Seicentomila posti di lavoro sono costati circa 15 miliardi di euro. A spanne sono più di ventimila euro per occupato: non una grande trovata».
Il piano di acquisti della Banca centrale europea si sta per esaurire, il salvataggio di Mps e delle due banche venete non è ancora compiuto. L’Italia rischia una nuova tempesta perfetta?
«La Bce ha preso un impegno per 60 miliardi di acquisti al mese fino alla fine di quest’anno. Vedo sempre più gente convinta che Draghi sia pronto ad annunciare novità in giugno, non credo invece accadrà nulla fino alle elezioni tedesche. La storia della Bce ci dice che occorre essere molto prudenti su tempi e modi di una restrizione monetaria. Lo shock sulla crescita potrebbe essere molto forte».
E’ possibile che i tassi sui depositi – oggi negativi – vengano ritoccati all’insù prima che inizi l’uscita dal piano di acquisto di titoli pubblici?
«Non credo. Come dimostra quanto accaduto di recente negli Stati Uniti, qualunque restrizione monetaria avrebbe immediatamente riflessi sul cambio e i tassi a lungo termine».
Perché il salvataggio di Mps e delle due venete va a rilento? La responsabilità è del governo, della Bce, della Commissione europea? O di tutti e tre?
Mario Draghi
«Il problema mi sembra l’imbarazzo di come gestire il rimborso degli obbligazionisti subordinati: se si salvano solo i risparmiatori al dettaglio, si finisce contro i grandi investitori; se si salvano tutti, si rischiano aiuti indebiti alle banche; se non si salva nessuno, la gente scende in piazza».
Lei difende il principio del bail-in?
«Il bail-in è stata la risposta democratica ai salvataggi bancari a spese dei contribuenti. In Italia abbiamo il vizio di cercare comodi capri espiatori, ma se oggi in giro ci sono risparmiatori azzerati la colpa non è dell’Europa, ma di chi ha venduto quei titoli o non ha vigilato a dovere sulle vendite fraudolente».