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    W IL “BESTIASELLER” - BIOGRAFIE FASULLE, MEMORIE INVENTATE, PSEUDONIMI: TUTTI I SEGRETI DEL MARKETING PER VENDERE LIBRI


     
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    Raffaella De Santis per "la Repubblica"

    Steve RawlingsSteve Rawlings

    Cosa non inventa il mercato editoriale pur di vendere i libri: autori famosi che si nascondono dietro pseudonimi, baby scrittori che in realtà hanno età venerande, donne che si fingono uomini e viceversa, ricchi che recitano la parte degli spiantati. Tutto pur di fabbricare un bestseller. La storia dell'editoria è piena di trucchi studiati ad arte per incuriosire i lettori.

    Trilogia delle stanzeTrilogia delle stanze

    Il prossimo 27 agosto uscirà nelle librerie italiane il primo romanzo di un ennesimo trittico erotico, dopo le Cinquanta sfumature, firmate E.L. James, pseudonimo di Erika Leonard: la nuova saga della Trilogia delle stanze (Trovami, Svelami, Scoprimi), in corso di pubblicazione in dodici paesi (in Italia uscirà per Sperling & Kupfer), parla di una escort che si redime e decide di sposare uno dei suoi ricchissimi amanti, salvo poi gettarsi tra le braccia del fratello di lui in un crescendo di giochi tra le lenzuola degli alberghi.

    Dietro al nom de plume dell'autrice, Emma Mars, si nasconderebbe un celebre scrittore francese, un uomo che deve aver fiutato l'affare facendo leva su una firma femminile, più
    adatta al filone porno soft. Perfino il caso eclatante di J.K. Rowling che ha scritto il suo ultimo romanzo, Il richiamo del cuculo, usando lo pseudonimo di Robert Galbraith, potrebbe essere stato architettato per evitare un flop.

    NICOLAI LILINNICOLAI LILIN

    D'altra parte senza il traino del suo vero nome di copertina, The Cuckoo's Calling stentava a decollare, ma non appena è stata rivelata la vera identità dell'autrice le 1.500 copie vendute in tre mesi (nell'ultima settimana solo 37) si sono di colpo moltiplicate del 500%, tanto da far venire il ragionevole sospetto che la soffiata partita dal legale della signora Rowling fosse in realtà un piano di marketing per evitare il disastro e rimediare a una valutazione sbagliata in partenza. Molto probabile infatti che nei panni di una sconosciuta, la scrittrice puntasse a conquistare quella fetta di mercato sedotta dal selfpublishing e dagli autori poco noti più che dalle grandi firme.

    MISHA DEFONSECAMISHA DEFONSECA

    Certo, il nome di copertina è importante e il mercato ha le sue preferenze. Le storie d'amore più o meno hard prediligono firme femminili (anche gli scrittori dei romanzi Harmony si fingevano donne), ma le saghe fantasy e i thriller funzionano meglio se attribuiti a uomini. Di pseudonimi è piena la letteratura (Fernando Pessoa, Svevo, Paul Auster, Mo Yan, solo per citarne alcuni), ma le false identità a fini commerciali sono tutt'altra cosa, soprattutto quando si tratta di autofiction, confessioni di esperienze realmente vissute che presupporrebbero la verità come primo ingrediente.

    Carlo Carabba, editor narrativa Mondadori, spiega: «Bisogna distinguere. Da un lato c'è la scelta di pubblicare con uno pseudonimo - decisione che di solito viene presa dallo scrittore e non dall'editore - dall'altro c'è il trucco editoriale vero e proprio: spacciare per "storia vera" un libro di fantasia. Quest'ultima è una strada pericolosa, che rischia di minare il rapporto di fiducia con il lettore. E poi, come sanno tutti un trucco una volta svelato perde ogni valore».

    E in effetti un memoir che risulti falso è una contraddizione in termini, ma che succede se in libreria finisce nello scaffale dei romanzi? È stata messa in discussione anche la storia autobiografica di Nicolai Lilin, autore di Educazione Siberiana, che certamente non avrebbe avuto sul pubblico lo stesso impatto se presentata come opera di fiction, perché i lettori sono affamati di storie "vere" e gli editori lo sanno.

    MISHA DEFONSECAMISHA DEFONSECA

    Tracciare però un confine netto tra i gradi di realtà nella letteratura non è facile. Per Paolo Repetti, direttore editoriale di Einaudi Stile Libero, ci sono diversi aspetti da considerare: «Un conto sono le operazioni di marketing in cui il concetto di onestà intellettuale può essere ancora utilizzato, un conto sono le operazioni letterarie in cui il concetto di vero e falso si gioca da sempre con ambiguità. Un artificio letterario può travestire un documento falso come vero o viceversa, ma alla fine non si può fare nulla se non attestare la qualità dell'opera. In letteratura è tutto consentito».

    Da qualche anno siamo tempestati di false autobiografie, salvo poi scoprire l'inganno: l'autofiction di Margaret B. Jones, Love and Consequences, pubblicizzata per mesi dalla stampa americana come la confessione eccezionale di una ragazzina cresciuta tra le baby gang e gli spacciatori di droga di Los Angeles, era in realtà opera di Margaret Selzer, nata e cresciuta in un quartiere benestante. La Penguin in quel caso ha ritirato le copie e rimborsato i lettori. Vicenda analoga per James Frey, Un milione di piccoli pezzi (Tea), in cui niente era vero, né la gioventù spesa dall'autore tra bande criminali, né gli otto anni in carcere.

    E alla fine degli anni Novanta fu clamoroso il bluff di Misha Defonseca nel suo Sopravvivere con i lupi (Ponte alle Grazie, tradotto in diciotto lingue), presentato come storia vera di una bambina sopravvissuta alla Shoah e invece inventato di sana pianta. A questo punto non sembra nemmeno più un problema di realtà, ma di reality: è vero tutto ciò che fa audience.

     

     

     

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