1 - DOPO MERKEL, TOCCHERÀ A DRAGHI GUIDARE L'EUROPA
MARIO DRAGHI CON ANGELA MERKEL
“Se qualcuno può guidare l'Europa dopo la Merkel, questo è Mario Draghi", scrive il columnist Andreas Kluth nella sezione delle opinioni di Bloomberg. "I risultati delle elezioni tedesche sono arrivati, e in un certo senso sono chiari.
Non sapremo per settimane o mesi chi sarà il prossimo leader tedesco, poiché i partiti contratteranno su una coalizione. Durante quel periodo, la cancelliera uscente Angela Merkel continuerà a occuparsi degli affari correnti. Ma il suo tempo al potere è finito. L'Unione europea ha perso il suo leader de facto. Chi potrebbe sostituirla?".
mario draghi con emmanuel macron 5
"La persona che ha già alzato la mano è, ovviamente, il presidente francese Emmanuel Macron", continua Kluth. "Ma per essere un leader, gli altri europei dovrebbero accettare di essere guidati da lui. E semplicemente non lo fanno, secondo un sondaggio del Consiglio europeo per le relazioni estere. Solo il 14 per cento sceglierebbe Macron come ipotetico 'presidente' dell'Europa, rispetto al 41 per cento che avrebbe affidato a Merkel quel ruolo".
ursula von der leyen consegna a mario draghi la pagella di bruxelles al recovery plan italiano 1
"Questo – prosegue il columnist di Bloomberg – non lascia che Mario Draghi". "Rispettato da quasi tutto il litigioso schieramento politico d'Italia, ha già salvato la campagna vaccinale del paese e ha affrontato uno dei problemi considerati più urgenti ma anche più difficili: l'inefficienza del sistema giudiziario.
Ciò che conferisce a Draghi così tanta auctoritas è in parte il suo modo tecnocratico e diplomatico, che ricorda quello della Merkel: entrambi hanno chiaramente il loro ego saldamente sotto controllo. Ma è anche la sua carriera precedente.
armin laschet e angela merkel 5
È un economista il cui supervisore al dottorato ha ricevuto un premio Nobel. Come presidente della Banca centrale europea, Draghi probabilmente ha fatto più di chiunque altro per salvare la moneta unica dal collasso quando ha indicato nel 2012 che avrebbe fatto 'tutto il necessario'".
2 - LA CANCELLIERA SENZA EREDI
Francesca Sforza per “La Stampa”
OLAF SCHOLZ ANGELA MERKEL
Dopo di lei, non molto. Angela Merkel se ne va dalla scena politica tedesca lasciando, alle sue spalle, un evidente vuoto di leadership. Che a ben vedere non è soltanto il risultato di una campagna elettorale zoppicante e assai poco centrata da parte della Cdu (soprattutto del candidato Armin Laschet), ma di una leadership - quella di Merkel - che ha sempre faticato a trovare eredi.
angela merkel e olaf scholz,
I suoi esegeti più attenti l'avevano capito sin dal suo discorso di addio alla presidenza del partito, nel gennaio scorso, quando anziché mostrare, da subito, il sostegno a uno dei tre candidati alla cancelleria - o tacere del tutto sull'argomento, cosa che pure sarebbe stata plausibile in quell'occasione - fece gli auguri a «tutta la squadra dei contendenti», come se a diventare Cancelliere della Germania fosse una squadra, e non uno solo.
Il risultato di ieri conferma che i tedeschi avrebbero probabilmente ri-votato Angela Merkel alla Cancelleria, ma che in sua assenza la Cdu non è riuscita a trattenerli all'interno del partito - il crollo di consensi è stato il più grave di sempre - e questo malgrado Merkel, abbia spesso enfatizzato il "Noi" sotto cui intestare dei successi politici che in realtà lei stessa percepiva soprattutto come "suoi": «La Cdu rimane un partito popolare di centro, un partito plurale che supera i conflitti e persegue la coesione della società», aveva detto nel suo discorso di addio alla presidenza del partito.
ursula von der leyen mario draghi di fronte al teatro 5 di cinecitta 5
Su quel "Noi" Angela Merkel ha consumato più di uno strappo con la pancia dei cristiano-democratici tedeschi, sin da quando nel 2015 pronunciò la storica frase «Wir schaffen das» - ce la facciamo - a proposito della capacità di accoglienza dei migranti siriani da parte della Germania.
Un "Noi" non concordato con i suoi, e soprattutto non condiviso dall'elettorato, che si è trovato da un giorno all'altro scaraventato in una prospettiva politica "troppo di sinistra" rispetto a quanto poteva sopportare.
O quando, prima ancora, nel 2011, decise l'uscita della Germania dal nucleare contrariando tutto l'establishment della grande industria e lasciando di stucco gli stessi Verdi, che mai si sarebbero aspettati dalla Cdu una svolta così.
armin laschet e angela merkel 2
Provvedimento su provvedimento, morso a morso, Angela Merkel ha progressivamente rosicchiato lo spazio socialdemocratico, erodendolo, impoverendolo a ogni elezione amministrativa comunale e regionale. Ma è come se da lei i tedeschi potessero tollerarlo - anche se non con entusiasmo, come dimostrano gli ultimi risultati elettorali, mai davvero esaltanti, anche quando erano solidi.
Andata via lei, la sola capace di fare da collante, grazie alla tenacia e al potere di rassicurazione acquisito in decenni di permanenza al potere, i tedeschi della Cdu devono essersi chiesti perché mai continuare a restare in una casa dove tutti quelli che li avevano invitati se ne erano andati, o non avevano più nulla di interessante da dire.
merkel Annegret Kramp-Karrenbauer
L'unica volta che Angela Merkel ha provato davvero a trovarsi un erede ha sbagliato, ed è stata la prima a riconoscerlo rimuovendo immediatamente la sedia sopra cui l'aveva deposto.
È stato il caso di Annegret Kramp-Karrenbauer, la delfina prescelta per guidare la Cdu dopo di lei.
Una che per fare la spiritosa in occasione del Carnevale aveva pensato bene di fare la parodia di una donna delle pulizie, e che nel voto regionale della Turingia non si era resa conto che il suo partito si stava quasi per alleare con gli estremisti di destra dell'AfD.
draghi merkel
Merkel non ci ha pensato un minuto a scaricarla - dopo averla fatta dimettere dalla presidenza Cdu con conseguente rinuncia a futuri sogni di gloria - mandandola a ingrossare la fila di maggiorenti che negli anni erano stati variamente prepensionati, neutralizzati o marginalizzati a tal punto da non rientrare nemmeno nel conto finale.
Che i grandi della politica non siano mai stati bravi a trovarsi degli eredi non è in definitiva una novità, ma nel caso di Merkel la cosa potrebbe costituire una macchia per il suo futuro, di cui ancora non conosciamo le prospettive né gli esiti ma che certo non si esclude ci sia, in una qualche forma.
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La stagione che si apre adesso per la Germania - settimane, forse mesi - è piena di interrogativi: si tratterà di avviare colloqui per una maggioranza che si annuncia complessa, e dunque fragile.
La messa a punto del contratto di coalizione - quel documento che garantisce la governabilità del Paese su tutti i temi dell'azione di governo - esigerà molta pazienza, probabili conflitti, tanti compromessi. E la più brava a condurre questa mano - quella che in tanti hanno definito, per anni, «la più intelligente della stanza» - se n'è appena andata senza lasciare nessuno che sappia come continuare la partita.
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