Antonio Lodetti per “il Giornale”
Mi terrò stretti questi nastri. Un giorno avranno un valore incalcolabile, scriveva Nettie Peña, creativo e autore di un film off alla Ucla University di Los Angeles nei primi anni Sessanta.
DOORS LONDON FOG
E aveva ragione, perché quelle registrazioni - che escono per la prima volta in questi giorni - documentano le prime incisioni in assoluto dei Doors nel minuscolo club London Fog, sul Sunset Strip di L.A., nel 1966. Inedito il contenuto del disco, inedita la foto (qui riprodotta) della band in azione e le quattro foto dei singoli componenti contenute nel cofanetto.
Il disco, che si intitola London Fog 1966, ha sulla copertina del cartonato il biglietto con cui è rimasto etichettato per così tanti anni, che dice: Proprietà dei Doors (Band from Venice), maggio 1966.
Allora non li conosceva ancora nessuno e si spostavano da Venice o dalla Ucla per brevi concerti in minuscoli club come il London Fog. Peña, che aveva gran gusto e vedeva molto lungo in materia di rock, aveva intuito le potenzialità di Morrison, Manzarek, Krieger e Densmore e, d' accordo con loro, aveva deciso di registrarli e fotografarli proprio quella notte.
DOORS LONDON FOG 66
Poche sedie e pochi tavolini (a due passi dal celebre Whisky a Go Go) un palco minuscolo su cui svettava un amplificatore Gibson, i quattro giovanissimi e ispirati e sullo sfondo il cartello Vietato l' ingresso ai minori di 21 anni. Lì, in quel piccolo club, si posero le basi del successo dei Doors che allora avevano un repertorio prevalentemente blues. All' epoca anche in America impazzava la British Invasion e tutti seguivano i Beatles ma anche i Rolling Stones, The Animals e quei gruppi che portavano il blues nella loro anima.
Così i Doors qui partono - legandosi alle radici ma al tempo stesso affrancandosene con le prime propaggini del loro art rock - con Rock Me di Muddy Waters aperta da un flusso di note dell' organo di Manzarek passando, nell' ordine, per Baby Please Don' t Go di Big Joe Williams con il pubblico già ai piedi del gruppo. Jim non era ancora il catartico showman che avrebbe fatto la storia - era anche un po' timido, si dice - ma ci sapeva fare con la voce e negli intervalli ci dava dentro soffiando nell' armonica. Il chitarrista Robby Krieger ha mostrato tutto il suo entusiasmo per il recupero di questa rara incisione sostenendo:
DOORS 4
Questa è la roba dei Doors più vecchia che io abbia mai sentito. È una figata. È ovvio che eravamo agli inizi. Forse suonavamo da sei-otto mesi, al massimo un anno. Non avevamo ancora trovato il nostro sound e facevamo ancora tante cover. Ray cantava in parecchi pezzi e Jim era ancora piuttosto timido e non era ancora uscito dal suo guscio.
Ma è ovvio che siamo noi. Accanto a una versione tutta loro del classico I' m Your Hoochie Coochie Man del prolifico autore e bassista Willie Dixon e alla rilettura di Don' Fight It di Wilson Pickett c' è l' invasione nei territori rock' n'roll con Lucille e i primi due brani dei Doors: You Make Me Real (attribuita a Morrison) e l' abbozzo di Strange Days. Roba da brividi e roba soprattutto inattesa per capire al meglio lo sviluppo della band.
DOORS 1
L' album, una chicca, è stato tirato in 18mila copie ed è inciso dal vivo nel maggio 1966, ai tempi in cui Jim era già influenzato profondamente da Rimbaud e affermava: Dobbiamo diventare artisti famosi e dare il meglio prima dei 30 anni... Non a caso morirà a 27 anni. Ma ci potranno essere ancora sorprese da questi concerti al London Fog. Una sera, mentre Peña era in viaggio, i Doors eseguirono la prima versione - durata 15 minuti - di The End. Peña la sta ancora cercando e non dispera, un giorno, di trovarla e di pubblicare un London Fog 2. L' unico che può farcela è lui...
ROBBY KRIEGER MORRISON DOORS